Enrico Caruso, grande tenore partenopeo (1873-1921), aveva una notevole passione per la cucina e, da bravo napoletano, per la pasta. Pare fosse un cuoco eccellente lui stesso e che amasse andare al ristorante come pure mettersi ai fornelli di chi lo invitava a cena. Da tutto questo entusiasmo – suo e dei suoi ammiratori – nasce la querelle intorno a quelli che sarebbero stati chiamati Spaghetti alla Caruso o con Salsa Caruso.
Tertium… datur, ovvero "tra i due litiganti"
Fare luce sulla ricetta che ha preso il nome del più grande tenore della storia, è davvero complicato. All’inizio della ricerca si incontrano infatti due ricette distinte, entrambe di nome “Spaghetti (o bucatini) alla Caruso” – una che prevede funghi e fegatini di pollo e una che vuole invece zucchine a rondelle fritte; ne compare inoltre una terza e insospettata, i “Ravioli alla Caruso” con panna, prosciutto cotto e funghi.
Per quanto riguarda le prime due, sorge anche il dubbio se si tratti di uno spaghetto che Caruso stesso amava preparare oppure una ricetta dedicatagli da uno chef ammiratore (come nel caso dei ravioli, di cui però si conosce la storia). Alcuni storici del cibo pensano che sia stato lo stesso Caruso a inventare gli spaghetti con la salsa di funghi e fegatelli mentre altri sostengono che sia stato un cuoco che abbia dedicato il piatto al grande tenore.
La guerra degli chef (fegatini di pollo, zucchine o carciofi)
La prima apparizione ufficiale degli “Spaghetti alla Caruso” si trova in Where to Dine Where to Dine in Thirty-Nine, a Guide to New York Restaurants (“Dove cenare nel Trentanove”, foto sotto) di Diana Ashley, guida ai ristoranti di New York che raccoglie le ricette di 200 famosi chef. Questa ricetta degli spaghetti prevede fegatini di pollo infarinati e rosolati (foto sopra); funghi misti passati nel burro, una cipolla affettata, alloro e purea di pomodoro.
Nello stesso periodo circolerà come Spaghetti alla Caruso anche una versione con solo zucchine fritte, pomodori freschi schiacciati tra le mani e rosolati con aglio e olio, basilico, prezzemolo e poco peperoncino. Niente fegatini. Louis P. De Gouy(1869-1947), allievo di Escoffier e chef del Waldorf-Astoria Hotel (foto sotto, la sala ristorante del Waldorf-Astoria) per 30 anni, inserì ne The Gold Cook Book (1947) la sua ricetta degli “Spaghetti alla Caruso” che dichiara essere l’originale, con le zucchine e senza fegatini.
Nel libro del 1984 Pasta Cookbook si afferma invece che Louis Diat (1885-1957), gran chef del Ritz-Carlton Hotel di New York dal 1910 al 1951 e inventore della Vichyssoise (Crème Vichyssoise glacée), creò questo piatto per il tenore amante della pasta: la ricetta di Diat abolisce le zucchine e le sostituisce con cuori di carciofo sempre affettati, che salta in padella con i funghi e i fegatini, su cui poi sparge parmigiano.
La versione uruguaiana, tutta diversa e con i ravioli
Sorprendentemente, la Salsa alla Caruso viene ritenuta parte importante della tradizione culturale uruguaiana, fino al punto che l'Asociación Uruguaya de Gastronomía (Associazione uruguaiana di gastronomia) l’ha dichiarata piatto nazionale perché considerata l'unica pietanza tipica uruguaiana non condivisa con le cucine dei paesi vicini – anche se oggi la ricetta gode di una certa popolarità in Brasile ed Argentina – e quindi una sorta di patrimonio nazionale. La storia viene raccontata così: i ravioli alla Caruso (Los Capeletis à la Caruso, foto sotto) nacquero a metà del 1954, nel ristorante “Mario y Alberto” di Montevideo.
Il loro ideatore fu un cuoco italiano, Raimondo Monti, medaglia d'oro in gastronomia all'Expo di Parigi del 1936, che si stabilì a Montevideo nel 1939. Mario César Monzeglio, figlio di uno dei titolari del ristorante, racconta di essere stato testimone della creazione de Los Capeletis à la Caruso: “Ero nella cucina del ristorante nel 1954 il giorno in cui Monti stava provando un nuovo sugo per la pasta ripiena (per cui il ristorante era famoso, ndr) usando doppia panna, prosciutto cotto a dadini piccoli, funghi julienne saltati nel burro, formaggio grattugiato, sale e pepe a cui decise di aggiungere un cucchiaio di estratto di carne” ricorda Monzeglio. “L'aggiunta dell'estratto di carne fu il tocco geniale che diede carattere alla salsa Caruso, che venne così chiamata per onorare il noto tenore napoletano, molto amato in Sud America”. Nacque così un piatto simbolo della gastronomia uruguaiana.
Caruso influenza la cultura italoamericana?
Forse non tutti sanno dell’aiuto che Caruso diede a cuochi e pizzaioli connazionali che volevano stabilirsi a New York. Si dice che – nei 17 anni che passò negli Stati Uniti, dal 1903 al 1920 – il tenore si fosse attivato per far ottenere la cittadinanza a una quindicina di cuochi napoletani e che li avesse anche sostenuti finanziariamente nell’aprire ristoranti e pizzerie, in modo tale da assicurarsi un supporto logistico familiare in loco.
Il perugino Giuseppe Prezzolini (1882-1982), professore alla Columbia University di New York dove presiedeva Casa Italia (sede dell’Accademia Italiana di Studi Avanzati in America, foto sopra), sosteneva che Caruso avesse di fatto svolto un ruolo nella divulgazione degli spaghetti in America: nel suo libro del 1955, Spaghetti Dinner, Prezzolini dichiara infatti “Chi contribuì più di tutti nel fare degli spaghetti un alimento base della Casa fu Enrico Caruso…sapeva essere anche un buon cuoco, ed aveva la vanità di mostrarlo ... consentiva alle volte di mostrare ai padroni di ristorante come si doveva cucinare e condire la pasta... All’Hotel York, Caruso andò in cucina per supervisionare personalmente la preparazione degli spaghetti per degli amici. Fece un sugo con pomodori, basilico, prezzemolo, peperoncino e olio d’oliva in cui l’aglio era stato fritto. Sui maccheroni diede una spolverata dorata di parmigiano e li decorò con gli zucchine a rondelle che erano state fritte”.
Ritorna la versione con le zucchine fritte, che oggi è forse la più diffusa e include anche peperoni (rosso e giallo) oltre a zucchine, pomodori, basilico fresco e peperoncino piccante, una ricetta di bucatini che si racconta il tenore stesso suggerì agli chef degli Hotel Vittoria di Sorrento e Vesuvio di Napoli, che frequentava tra un viaggio e l’altro.
Alla fin fine, non si ha una risposta conclusiva di quale sia l'autentica salsa Caruso – per spaghetti, bucatini o ravioli che dir si voglia – ma considerando l’allegro appetito e la pastafilia dell’esuberante tenore napoletano, oseremmo dire che le avrebbe gradite tutte e tre: quella con i fegatini, quella con le zucchine fritte e quella con panna, prosciutto e funghi!
Francesca Tagliabue
gennaio 2023
Foto Casa Italia, Courtesy of New York Historical Society (news.columbia.edu)
Foto ricetta Bucatini alla Caruso, con le zucchine, courtesy of napolitoday.it, dove trovate anche la ricetta