Talvolta, nella vita frenetica di oggi, si scorda l’importanza di avere intorno a sé un ambiente consono al rito della tavola. Ci si abitua a cene e pranzi in locali affollati, a conversazioni che si sovrappongono alla stessa tavola, a sottofondi sonori (musicali?) esagerati, a casa come fuori. Ci si assuefà perfino al fatto che talvolta i nostri commensali guardano tv o smartphone mentre mangiano. Tutti ricordiamo un famoso spot degli anni '80, dove una tavolata molto rumorosa improvvisamente tace per potersi gustare una pasta (vinse il Leon d’Oro al Festival della Creatività̀ di Cannes) e dimentichiamo invece che ci sono momenti in cui assaporare il cibo in silenzio rende il momento più intenso, quasi intimo.
Ora et Labora (in silenzio)
I monaci benedettini avevano l’obbligo del silenzio a tavola, regola in apparenza discorde con il rito della convivialità̀ che la loro comunità celebrava, perché il pasto per loro doveva essere un momento di concentrazione religiosa collettiva. Se la cella era preposta alla preghiera individuale, il desco era il luogo della collettività̀, dove i gesti definivano il gruppo: cortesia e amabilità – sempre in rigoroso silenzio – appartenevano alla mensa comune. Concentrazione e riflessione i punti focali su cui poggiava il rito della condivisione del pasto. Un silenzio che nulla aveva in comune con la solitudine, capace di unire la comunità.
Montalbano sono!
Ci sono sostenitori del silenzio a tavola più contemporanei: uno tra tutti, il commissario Montalbano, personaggio di successo dello scrittore Andrea Camilleri: i suoi pranzi sono quasi sempre silenziosi, meglio se in solitudine. Per il famoso commissario, sedersi a tavola è un rito che richiede rispetto e va officiato in silenzio «Gustare un piatto fritto come Dio comanda è uno dei piaceri solitari più raffinati che l'omo possa godere, da non spartirsi con nessuno, manco con la persona alla quale vuoi più bene» (cit. da ‘Gli arancini di Montalbano’). Un momento dedicato, quello del pranzo, che non accetta distrazioni: il pasto va consumato in religioso silenzio. Chi vuole pranzare con lui deve rispettare questa regola.
Un silenzio che valorizza l’ambiente circostante
Un altro rito della tavola che celebra il silenzio è culturalmente e geograficamente lontano da noi: la cerimonia del tè giapponese (foto sopra) si svolge essenzialmente in silenzio. Sono ammessi solo pochi, indispensabili scambi di parole tra il padrone di casa e gli ospiti, legati alle fasi della cerimonia e senza che impattino sullo stato d’animo dei presenti. I momenti di silenzio, oltre a favorire la concentrazione dei partecipanti, vogliono amplificare i suoni esterni – spesso la cerimonia si pratica in mezzo alla natura - e interni, come il bollire dell’acqua che viene considerato un suono evocativo.
I suoni del cibo
In mezzo alla confusione e al rumore rischiamo di non percepirli, di perderli, dimenticando che nel piacere gastronomico anche l’udito vuole la sua parte; nel silenzio prende vita la sommessa colonna sonora della tavola che può essere, a volte, un valore aggiunto, un piccolo piacere extra. Il tintinnio dei bicchieri in un brindisi, in silenzio assume un significato più intimo, mentre la delicatezza delle bollicine di una bevanda frizzante versata nei bicchieri è titillante.
Pensiamo al suono pieno di un sedano croccante, allo sfrigolio di una piastra rovente, allo schiocco di un grissino che si rompe, al promettente sbriciolarsi di una meringa o una cialda, all’allegro crunch di quando mordiamo una mela o al secco snap! di una tavoletta di cioccolato (questo suono netto e inconfondibile certifica e garantisce la corretta cristallizzazione del cioccolato secondo i Maître Chocolatier).
La nuova meditazione
Mangiare in silenzio, in modo consapevole, può essere un vero e proprio momento di riflessione durante il quale entrare in relazione con il cibo più profondamente, come pure con le persone a tavola con noi. Dall’America arriva il trend delle cene mindful o “cene consapevoli” (in pratica, il ritrovarsi a godere di un pasto in silenzio insieme a famiglia o amici, mangiando lentamente, in un contesto sereno), una tecnica di meditazione in compagnia che ha portato tanti a guardare il momento della consumazione del cibo con occhi diversi, riscoprendo il valore di un momento di consapevolezza anche a tavola. Di fatto, è una pratica antistress per addestrarci all’attenzione, oltre che una gradevole esperienza.
Non va però dimenticato che il silenzio a tavola è anche una grande occasione di comunicazione: tacere in alcuni momenti, infatti, può essere un modo di dare spazio alle parole degli altri. Momenti di silenzio alternati a periodi di quieta conversazione restituiscono un ritmo scorrevole e gradevole allo stare insieme a tavola e danno valore alla presenza degli altri che siedono con noi, perché́ il convivio da sempre è sinonimo di civiltà̀ e gioia di vivere.
Francesca Tagliabue
maggio 2023