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Il miracolo del tartufo di Alba

News ed EventiNewsIl miracolo del tartufo di Alba

Storia del fungo sotterraneo, un tempo ritenuto di scarso valore, poi giunto ai fasti internazionali grazie a un geniale contadino

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Sono sempre stata affascinata dalle Langhe. Il mito di quelle colline, trasmessomi dalle letture di Pavese, mi ha accompagnato dall'adolescenza in poi, complici anche le incursioni con la mia famiglia. Ogni volta che ci vado ritrovo suoni e silenzi, luci e profumi che ci sono solo lì. Oggi, tra queste colline patrimonio Unesco c'è ricchezza, ma non è sempre stato così e ben lo descrive un grande scrittore langarolo, Beppe Fenoglio. Bisogna arrivare agli anni ‘50-‘60 quando, grazie al lavoro di un gruppo di albesi visionari, il cibo e il vino del territorio sono diventati un patrimonio straordinario; ma qualcuno prima di loro aveva aperto la strada: Giacomo Morra, classe 1889. È stato il primo vero imprenditore di Alba (Miroglio e Ferrero arriveranno anni dopo): definito dal giornalista Enzo Arnaldi, nel 1936, "il Re del tartufo", manterrà il titolo per tutta la vita registrandolo anche come marchio. Nato da una famiglia povera di contadini, con una mente brillante e acuta, lascia la campagna per lavorare in varie osterie e poi aprire una bottiglieria a Torino: qui osserva che i clienti sono disposti a pagare cifre importanti per il tartufo, mentre nelle Langhe i trifolau lo vendono a poco; negli anni ‘20-'30 i contadini dell'albese gli davano scarso valore. Morra ne intuisce la potenzialità, nel 1928 torna ad Alba e rileva l'Hotel Savona puntando tutto su un sistema di accoglienza all'avanguardia, per tutti e non per pochi, con acqua corrente, telefono e termosifoni, un bar al posto della hall, sale per banchetti, sala da ballo, biliardo; e inventa pure il catering. Sprona i contadini a vendere i tartufi perché "a chi non ha niente porteranno un po' di benessere", gira per Langhe e Roero e seleziona capi di bestiame, pollame e verdure di alta qualità. Negli anni ‘30 ha già la visione di un moderno ristoratore e porta in tavola solo vini e prodotti del territorio. Elabora una raffinata gastronomia, un mix di cucina sabauda e tradizioni langarole dove regna il tartufo bianco. Ha una visione democratica della ristorazione, crede che tutti debbano almeno una volta andare al ristorante e, in diverse occasioni, applica un ricco menu a prezzo fisso. Il Savona diventa punto di riferimento a livello nazionale, lavorare qui è un privilegio, i cuochi compiono miracoli per produrre una cucina di qualità sia per i palati più esigenti, sia quando si tratta di fare duemila coperti al giorno. Dalla campagna arrivano giovani a fare i camerieri, madri di famiglia a lavare i piatti, garzoni agli ordini dei cuochi. E l'avventore, se si presenta alle ore giuste, può vedere il viavai dei fornitori e dei trifolau che portano la loro merce avvolta nella carta di giornale. Ma le intuizioni di Morra non finiscono qui: nel 1929 inventa la Fiera del tartufo, giunta in questi giorni alla sua 93ma edizione. Il successo è così grande che nel 1933 il Times le dedicherà un'intera pagina consacrando Alba a livello internazionale. E sempre Morra nel 1930 fonda la Tartufi Morra inventando il modo di conservare il prezioso fungo che comincia a viaggiare nel mondo ridotto in purea e infilato in tubetti, tritato insieme al paté o conservato sottovuoto. Ed è ancora lui che, a partire dal 1936, decide di regalare ogni anno, in occasione della Fiera, il tartufo più grosso a politici come Truman, Eisenhower, Krusciov e Churchill o attrici come Marilyn Monroe e Rita Hayworth. Alfred Hitchcock lo andrà a trovare al Savona, dove farà tappa anche Sofia Loren in viaggio di nozze. Nel 1936 il Principe Umberto di Savoia attribuisce ad Alba il titolo di Regina del Tartufo, riconoscimento che ha segnato la fortuna della città e del prezioso fungo, grazie a Morra e a tutti quei caparbi langhetti che hanno proseguito e proseguono il suo lavoro.

Laura Maragliano,
novembre 2023

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