I prodotti di origine animale si nascondo anche negli alimenti più insospettabili. E nemmeno per i vegani più convinti è sempre facile individuarli. Mettiamo la birra. Personalmente non ho mai visto un amico vegetariano o vegano che rinunci a un boccale per motivi etici.
Eppure dovrebbe farlo perché nella produzione della bevanda potrebbero essere stati utilizzati i sottoprodotti della pesca.
Tranquilli, se foste già pronti a eliminare la birra dai vostri piaceri, per voi c'è un'ottima notizia.
I dirigenti della Guinness, infatti, dopo 256 anni dalla fondazione della famosa fabbrica irlandese, hanno comunicato al Times che d'ora in avanti rinunceranno all'uso di prodotti animali.
In particolare faranno a meno delle vesciche natatorie dei pesci, da secoli utilizzate nel processo di filtraggio di molte birre, tra cui la Guinness, e di cui resterebbero minime tracce nel prodotto finito.
La scelta di questo metodo era stato originariamente dettato dal fatto che la colla di pesce delle vesciche aiutava e velocizzava il processo di sedimentazione del lievito senza influenzare minimamente il gusto finale del prodotto.
"Ebbene", garantiscono alla Guinness, "già a partire dal 2016 adotteremo un nuovo sistema che ci farà ottenere risultati egualmente eccellenti anche se assolutamente vegan-friendly".
Non dovrebbe essere difficile, perché la colla di pesce utilizzata nei filtri non solo non influenza il sapore della birra, ma può essere facilmente sostituita da alternative di origine vegetale come l'agar-agar, la carragenina e la pectina.
Con questa decisione, però, la fabbrica irlandese dà piena soddisfazione alle quasi 2mila persone che nei mesi scorsi avevano firmato una petizione su Change.org in cui si chiedeva alla Guinness di rinunciare alle vesciche di pesce: “Se la Guinness dovesse diventare vegan friendly aumenterebbe la popolarità del suo marchio”, diceva la petizione, “i vegetariani sono in aumento ed è sempre più importante che le aziende lo riconoscano e si adattino a questa crescente richiesta del mercato, soprattutto se possono farlo senza sconvolgere il sapore finale del loro prodotto”.
Tuttavia, ora che il dado è tratto, non mancano le posizioni critiche, anzi i primi commenti dei lettori dei quotidiani inglesi sono quasi tutti contrari alla scelta aziendale. "Possibile", si legge in sintesi in molti commenti, "che si debba rinunciare a una tradizione ultracentenaria per rincorrere le esigenze di un'unica parte dei consumatori?".
Agli amanti della birra la sentenza.
Daniela Falsitta,
4 novembre 2015