Chiedete a uno straniero di elencare almeno tre parole in italiano: tra queste ci sarà senza dubbio “pasta”. È infatti con questo nome facile da pronunciare e intraducibile che l'Italian food per eccellenza, principe della dieta mediterranea e alla base della piramide alimentare, è conosciuto nei cinque continenti. Va da sé che ne mangiamo più di tutti (oltre 23 kg a testa all'anno) e siamo anche al primo posto nel mondo come produttori. C'è però un nuovo trend di consumi: quello della pasta 100% italiana, cioè prodotta con frumento coltivato nel nostro paese, che l'anno scorso, secondo il report Ismea, ha visto un aumento degli acquisti a doppia cifra. Il dato la dice lunga: se la pasta è emblema della nostra cucina, deve essere fatta con una materia prima anch'essa autenticamente made in Italy. Una buona notizia per le imprese che si impegnano per il recupero di varietà di grano duro che erano state messe da parte nei decenni passati.
La varietà di grano duro Senatore Cappelli fu selezionata nel 1915 dal geniale agronomo Nazareno Strampelli. Invece di battezzarla con il proprio nome, il ricercatore preferì registrarla con quello del lungimirante senatore che gli aveva concesso i terreni di proprietà che aveva in Puglia, in modo da poter perfezionare le sue ricerche su un tipo frumento che presto si rivelò straordinario. La coltivazione di questo grano duro dalle scenografiche spighe, brunite e alte fino a 180 cm, infatti prese subito piede. Le sue caratteristiche erano ottimali: rustico, resistente alla siccità, capace di adattarsi a tutti i tipi di terreno, anche marginali. Ma, soprattutto, più produttivo rispetto ai grani duri utilizzati in precedenza, tanto da far triplicare i raccolti nel giro di breve tempo (da 7 a 20 quintali per ettaro). Fino agli anni Sessanta il grano duro Senatore Cappelli è rimasto il più coltivato sul territorio nazionale, su circa 760mila ettari complessivi. Finché, nel corso dei decenni successivi, venne man mano soppiantato da altre varietà, più conformi alle incalzanti esigenze delle moderne lavorazioni industriali, che richiedevano spighe più basse, più facili da raccogliere meccanicamente, con rese maggiori. Il grano duro Senatore Cappelli, dopo aver sfamato generazioni di italiani in periodi difficili come quello tra le due guerre mondiali, rischiò così di scomparire: nel 2015 le superfici coltivate erano scese a soli 800 ettari.
Come spesso è accaduto anche per altre eccellenze del nostro agroalimentare, dopo il declino è arrivata la riscoperta di questo grano antico. Non solo come simbolo di tradizione e biodiversità, ma soprattutto per la sua altissima qualità. "Il Senatore Cappelli è il capostipite di tantissime altre varietà di grano duro arrivate successivamente” racconta Mauro Tonello, presidente della Società Italiana Sementi (SIS). “Il seme è stato mantenuto in purezza dal Crea (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura) che per recuperarlo nel 2016 ha lanciato un avviso pubblico, vinto da SIS, che ne ha ottenuto l'esclusiva e fornisce i semi agli agricoltori”. Per dare impulso alle coltivazioni, Tonello ha cercato un valore aggiunto alle ottime caratteristiche già riconosciute del grano duro Senatore Cappelli. "La pasta fatta con il grano Cappelli era già rinomata per le sue qualità organolettiche: profumo intenso, aromatico e persistente, con un gusto ricco e pieno, di carattere. Volevo però approfondirne anche gli aspetti salutistici, oggi focus della corretta alimentazione. Le sue virtù erano sì conosciute in modo empirico, ma non c'erano dati scientifici per supportarli. Così, mi rivolsi al Policlinico Gemelli di Roma per chiedere una ricerca ad hoc. Lo studio fu fatto su un gruppo di persone sensibili al glutine, ma non celiache. Il dato più interessate che ne risultò fu che la pasta di grano duro Cappelli era meglio tollerata, senza i classici sintomi che si sviluppano nelle persone sensibili”. Per tutti i consumatori, questa pasta risulta comunque più digeribile, con un maggiore contenuto di fibre, anche quando non è integrale. È anche più ricca di micronutrienti, come vitamine e sali minerali, perché i semi non vengono sottoposti ad un'alta raffinazione.
Ad oggi, le coltivazioni, tra convenzionali e bio, sono arrivate a circa 7mila ettari su tutto il territorio nazionale, con una predilezione per le regioni del Centrosud e la Basilicata in particolare. Continua Mauro Tonello (in foto): “Seguiamo i metodi più avanzati dell'agricoltura di precisione: i terreni sono georeferenziati e geocontrollati tramite satellite, con verifiche in tutte le fasi di produzione, dal campo alla semola, per garantire la massima tracciabilità e qualità del prodotto”. Oltre a soddisfare la richiesta di una migliore qualità e salubrità dell'alimentazione, le coltivazioni di grano duro Cappelli rispondono anche all'attenzione verso un'agricoltura più sostenibile. Per la sua rusticità, è un frumento che ha tutte le carte in regola: poco esigente, resiste alla carenza di acqua, non ha bisogno di concimi per crescere e le radici profonde inibiscono naturalmente la presenza di erbe infestanti, perciò non è necessario ricorrere ai trattamenti chimici utilizzati nelle coltivazioni dei grani “moderni”. Per questo il grano duro Senatore Cappelli si presta molto bene alle coltivazioni sostenibili che applicano i metodi bio, oltre a quelle convenzionali, ma con un impatto ambientale molto leggero.
di Paola Mancuso