“Il grano è uno degli alimenti migliori al mondo. Ha tutto: fibre, minerali, enzimi, proteine… Nelle nostre tavole, però, di tutto ciò non arriva nulla. Zero. Anche doppio zero!”: a parlare è Alberto Fiorito, medico omeopata esperto in nutrizione. Il grano, base nutrizionale della famosa dieta mediterranea, oggi non nutre più. Ma c’è una soluzione: il ritorno ai grani antichi.
I grani antichi altro non sono che varietà di grano coltivate in passato che sono rimaste integre, ossia non hanno subito le alterazioni (a volte ibridizzazioni, a volte vere e proprie modificazioni genetiche) per rendere il prodotto standardizzato e quindi più facile e produttivo dal punto di vista industriale.
“La spiga standardizzata arriva a 1 metro e 10 cm per la trebbiatura – spiega Fiorito – “una varietà antica come la Senatore Capelli (una delle più facili da reperire in commercio, n.d.r.), frutto di ibridizzazione naturale, cresce a 1.80 metri”. Dell’impoverimento del grano standard e delle alternative in commercio si è parlato tra le altre cose a Genova in occasione del convegno “La salute vien mangiando" organizzato dall’Accademia di Benesserologia. “È un grano ibridato, ipertrofizzato, creato da una molecola di grano grossa così – rincalza Giuseppe Di Fede, specialista in nutrigenomica, mentre con le mani disegna uno spazio corposo - “Bisogna riscoprire i grani antichi”.
La standardizzazione garantisce l’uso di antiparassitari e anticrittogramici – con le conseguenze nefaste per la nostra salute che oramai ben conosciamo. La raffinazione è il passo successivo, e poi arrivano i trattamenti per la conservazione: “Il rapporto energetico rimane inalterato, ma il rapporto vitamine-minerali-fibre viene ridotto in maniera clamorosa, quindi diventa un prodotto quasi inutile, una ‘caloria morta’. Una dimostrazione è che dopo un po’ paradossalmente fa venir fame, perché le ruba al nostro corpo: 100 gr pasta per essere digerita hanno bisogno di 5 molecole di vitamine C e 10 di magnesio; un grano buono se li porta con sé, l’altro li sottrae” – continua Fiorito.
“Il glutine è la parte proteica del grano, una parte importantissima perché aiuta creando una sorta collante che tiene insieme le bollicine d’aria – quelle che danno, per esempio, la sofficità al pane. Ma significa ‘colla’ e mangiarne troppo vuol dire anche incollare il cibo nell’intestino, con il rischio che le feci si incollino alla parete dell’intestino: un disastro”.
I grani antichi hanno meno glutine, sono meno raffinati e più ricchi in principi nutritivi – dalle proteine agli antiossidanti; sono inoltre più leggeri e digeribili, il tutto, comunque a vantaggio del gusto! Non solo: evitano lo sviluppo delle famose intolleranze di cui sempre più persone soffrono.
“Quando nasciamo siamo tutti allergici, poi veniamo addestrati, ‘svezzati’ - sostiene Francesco Balducci, medico esperto in medicina preventiva antiaging - Oggi svezziamo’ soggetti adulti da alimenti verso cui sono diventati intolleranti nel tempo”.
La buona notizia è che, se fino a poco tempo fa trovare farine, pasta e prodotti fatti con grani antichi era davvero arduo, oggi sono stati riscoperti e sono sempre più facilmente reperibili, anche nella grande distribuzione. La già citata Senatore Cappelli; la siciliana Tumminia; il Saragolla - stessa specie del khorasan (per intenderci il Kamut, che però è marchio registrato, è una specifica varietà di grano khorasan con determinate caratteristiche) che si coltiva principalmente in Abruzzo e Lucania; il pregiato Gentil Rosso, dalle origini toscane, che per i primi tre decenni del Novecento era il grano più coltivato in Italia: sono queste alcune delle più note varietà di grano antico oggi facilmente reperibili.
Niente lavorazione intensiva e produzione biologica, caratteristica fondamentale a detta di tutti gli esperti. Certo, il prezzo di vendita è maggiore rispetto alla classica “farina bianca”, ma la qualità nutrizionale è incomparabile e dunque il valore per la nostra salute. Sono frutto del lavoro e della resistenza dei piccoli produttori, anima di un’economia del cibo di valore.
Bisogna chiederci che grano mangiamo. E fare una scelta consapevole, stando anche attenti all’origine controllata. “Ora spacciano per antico ciò che non è – asserisce Balducci, che mette allerta anche rispetto ai cereali integrali, che possono essere ancora più ricchi di sostanze dannose come i glifosati e le aflatossine spaventose - Non fidarsi mai della pubblicità e dei cibi industriali ma andare personalmente a verificare. Il moderno cacciatore-raccoglitore è questo: deve andare a cercare i cibi elettivi”.
Carola Traverso Saibante
gennaio 2018