A novembre parlare di sole e di mare, di calette e natura incontaminata potrebbe sembrar fuori luogo o generare un po' di fastidio, ma questa è la base della storia che vi voglio raccontare.
Quella della comunità di San Vito Lo Capo, piccolo comune di neppure cinquemila abitanti, in provincia di Trapani: esempio di successo in ambito turistico e acclarata capitale italiana del cous cous, come ho avuto modo di provare e assaggiare in diretta, partecipando in giuria al "Cous cous fest". Nato nel 1998 come sagra di paese, oggi è un evento internazionale, che contribuisce al successo turistico del luogo. Per dieci giorni le strade del piccolo centro si animano con lo scopo di divulgare, non solo la cultura di questo piatto, conosciuto in tutto il Mediterraneo e patrimonio Unesco, ma anche l'integrazione e l'amicizia fra i popoli. Ma perché proprio a San Vito? Perché qui, con il cous cous, c'è un legame profondo, quasi carnale, come lo definisce Giovanni Torrente, storico chef del posto, che ricorda i profumi di aglio, limone e cannella che si sentivano passando per le vie del paese: ingredienti fondamentali della versione sanvitese. I piccoli granelli di semola arrivano sulla costa occidentale della Sicilia probabilmente dopo l'anno mille grazie ai corallari trapanesi che, reclutati per la loro bravura dai produttori tunisini, avevano scoperto la bontà del piatto.
A San Vito arriverà molto più tardi (perché il paese nasce alla fine del Settecento), intorno al suo simbolo: il santuario fortezza dedicato all'omonimo Santo di cui ancora adesso è forte il culto. La prima anima di San Vito è contadina e pastorale; fatta di un centinaio di famiglie che si stabiliscono su un terreno di cinquanta ettari intorno al Santuario dando vita ad una comunità agricola. Per molto tempo l'impianto urbanistico ha evidenziato l'organizzazione economica del paese: i pescatori abitavano nella zona a nord vicino al mare in case piccole e bianche, mentre quelle dei contadini erano rosa e nella parte alta del paese. Nel 1952 San Vito diventa Comune, le strade non sono asfaltate e la corrente elettrica in alcune zone c'è solo in ristrette fasce orarie. Finalmente nel 1954 arriva l'acquedotto e qualche anno dopo i primi turisti da Palermo e Trapani. Qualcuno comincia a ristrutturare le case ereditate dai nonni, la richiesta aumenta e si affaccia l'idea di una San Vito turistica. Bisogna rimboccarsi le maniche e avere idee chiare.
Il turismo lentamente parte, ma dal 1998 con la nascita del festival del cous cous prende il volo. Oggi dei cinquecentomila turisti che ogni anno scelgono il paese come meta delle loro vacanze, la metà circa arriva in occasione dell'evento. E dato che le buone idee ne generano altre, le manifestazioni sono diventate il cuore della località che rimane viva quasi tutto l'anno: dal festival di climbing a quello degli aquiloni, fino alla rassegna letteraria con i migliori scrittori italiani e a tanto altro. Onnipresente il cous cous, che si gusta ovunque e che da poco ha anche il suo piccolo museo all'interno del Teatro Comunale: una raccolta di couscussiere che Patrizia Spagnolo si è fatta realizzare negli anni dai ceramisti di Caltagirone e di Santo Stefano di Camastra in pezzi unici, oltre alle moltissime recuperate nei viaggi in Tunisia. Che dire? Grazie cous cous, piatto dell'anima, piatto conviviale, simbolo di integrazione culturale e portatore di benessere per tutti i sanvitesi.
Laura Maragliano,
novembre 2024