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Gran Bollito Misto: a dicembre è il re

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Curiosità e tradizioni legate al bollito misto. E i nostri consigli su dove e quando gustare il più classico dei piatti piemontesi.

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Da centinaia d’anni, con l’arrivo del freddo in Piemonte si onorano i sette “tagli” del bue. A Carrù (CN) c’è la più famosa delle fiere, ma non è l’unica.

Chiedete a un piemontese, a un piemontese vero – da generazioni o anche solo da giorni, ma intimamente piemontese – quale sia il suo piatto invernale preferito. Potrà darvi solo tre risposte (il tartufo non vale, ché non è per tutti). La prima è: la bagna cauda, la femme fatale della gastronomia sabauda. La seconda è: il fritto misto, quello composto da una ventina di pezzi, salati e pure dolci. Ma se è un piemontese-piemontese-piemontese, vi risponderà, indubbiamente: il bollito misto.

Non che il bollito esista solo qua, nelle campagne tra Asti, Cuneo e Torino, ma il “Gran bollito” amato da Vittorio Emanuele II, protagonista del Risorgimento, codificato in “Cucina borghese semplice ed economica” nel 1887 trova tra Langhe, Roero e Monferrato la propria massima espressione. Del resto il Piemonte è terra di carni, di buoi, di brume e di nebbie.

La prima cosa da sapere del gran bollito misto – servito tradizionalmente al carrello (succede anche altrove, naturalmente, ad esempio in Emilia Romagna) – è la rilevanza imprescindibile del numero sette. La regola del sette prevede che:

> siano sette i tagli serviti: tenerone, scaramella, coscia, stinco, spalla, fiocco di punta, cappello del prete;

> siano sette gli “ornamenti”: testina con musetto, lingua, zampino, coda, gallina, cotechino e rolata;

> siano (più o meno) sette le salse di accompagnamento: come il bagnetto verde, il bagnetto rosso, il cren, la mostarda, la cugnà, la salsa al miele, l’agliata...

Come si arguisce, preparare una cena di questo tipo a casa, al giorno d’oggi, è praticamente impossibile, a meno che non la si confezioni per le feste con buon anticipo. Il modo migliore per godersela senza disintegrare la cucina è di certo la Fiera del bue grasso di Carrù giunta ormai alla 106ma edizione. Il piccolo comune delle Langhe ha una tradizione di mercati del bestiame che risale al 1473 e dal 1910 organizza questa manifestazione straordinariamente autentica. Il secondo giovedì prima di Natale – ma quest’anno, eccezionalmente, il terzo, cioè l’8 – si premiano i migliori capi bovini della zona ma, soprattutto, fin dall’alba si comincia a sorbir brodo e trippe per poi dedicarsi alla sostanza: dalle 9 del mattino a tarda sera, infatti, da vent’anni va in scena il Bollito no stop cioè un vassoio che propone agli astanti testina, magro, lingua, salse, cotechino, purè, tuma, dolce e vino Dogliani come se piovesse (€17).

Ancor più ricco il mega-evento organizzato in piazza dalla pro-loco la domenica precedente – il 4 – e quella successiva, l’11: il Gran Galà del bollito allestisce lunghissimi tavoloni sotto una tensostruttura seduti ai quali con 33 euro, alle 13, ci si garantisce affettati, carne cruda, acciughe al verde, due giri di bollito, ravioli al plin al brodo di bue, formaggi, torta di nocciole, Dogliani, Nebbiolo e Moscato. Quanta grazia. Chi ci sia stato e ami gli eventi popolari sa che è un appuntamento che non si dimentica (info: www.prolococarru.it).

 Chi non trovasse più posto il 4 e l’11, può saggiare uno dei celebri ristoranti di Carrù – il Vascello d’Oro, Al Bue Grasso, il Moderno, L’Osteria del Borgo – che naturalmente serviranno il bollito o dirottarsi a Moncalvo, nell’astigiano, dove anche va in scena una Fiera del bue grasso e del gran bollito, giunta, addirittura, alla 379ma edizione: la fiera è mercoledì 7 dicembre ma già da domenica 4 ci sono cantina aperte e grandi pranzi (www.prolocomoncalvo.it).

Insomma: una festa per tutti, vegetariani esclusi.

Luca Iaccarino
novembre 2016

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