Specialità del luogo e sapori diversi, ospiti internazionali, presentazioni culinarie, menù speciali, cene con gli chef, showcooking e degustazioni: tutto questo è il Good Food Festival di Dubrovnik, giovane manifestazione che si svolge nella perla turistica croata, destinazione con un numero di visitatori tali da indurre il sindaco, la scorsa estate, a parlare di numero chiuso.
Ma si era ad agosto, e la stagione è un peccato non si allunghi almeno fino alla seconda metà di ottobre: così nasce questo festival, un’ottima scusa per visitare la città e gustare il meglio della cucina dalmata e di Dubrovnik, ma non solo. E la maggior parte di eventi, assaggi, esibizioni, pasti tematici etc, sono gratis per il turista – basta prenotare in tempo, offre il Dipartimento del Turismo.
La Croazia è un Paese piccolo, ma con una grande diversità tra regione e regione: non esiste un piatto nazionale, e il Paese – e la Dalmazia in particolare - adotta piatti stranieri e li fa suoi. Come la pasta, amata, cucinata e mangiata ovunque. Per esempio gli Žrnovo macaroni, preparati in un workshop che si tiene dentro il Lazzareto, l’enorme complesso subito fuori dalle mura cittadine dove chi arrivava dal mare stava in quarantena – 40 giorni tondi tondi – prima di poter entrare nel centro di quella che fu la Repubblica Marinara di Ragusa.
Ogni anno si ospita una regione croata diversa: quest’anno era la volta di quella di Karlovac, nel cuore del Paese, fiumi puliti dove nuotare, verde e cascate a mezz’ora da Zagabria e a un’ora dalla costa. Una cucina robusta, che va dal prosciutto d’orso come antipasto alla zuppa di porcini agli gnocchi di zucca con stufato di cinghiale, all’agnello, la torta di castagne e i gnocconi dolci di prugne.
Una cucina molto distante dalle proposte della costa di Dubrovnik: il “Dubrovnik table” - che sfila, spettacolare, lungo tutto lo Stradun, la via principale di questa cittadina pedonale – è imbandito di pesce e ostriche, dolci e vini, specialità di ogni tipo da provare acquistando un ticket a prezzo simbolico, soldi che andranno comunque a un’organizzazione no-profit per acquisire una nuova unità di mammografia.
L’anno prossimo sarà ospite la contea di Vukovar, la più a sud della Slavonia, al confine con la Serbia. La Slavonia rispetto alla Dalmazia ha una cucina decisamente più ricca in grassi, dai sapori più forti, dai dolci più dolci, dall’olio di semi e non d’oliva, dalla carne di mucca e i campi di cereali. La bella Vukovar, con le sue influenze ungariche, con il suo salume, il “Kulen”, con il suo pesce d’acqua dolce, mostrerà la sua gastronomia.
E poi c’è sempre un ospite straniero di riguardo: quest’anno era la città di Graz, città gemellata che come Dubrovnik fa parte della lista UNESCO dei Patrimoni dell’Umanità, e come Dubrovnik imbandisce un enorme tavolo a cielo aperto nel suo centro storico, ad agosto. Patria del saper vivere con la buona cucina, sfoggia 33 mercati contadini al mese, e un’attenzione alla cucina di qualità e nello stesso tempo sostenibile rara: nel suo menù, di tre portate, non solo la trota veniva da allevamenti biologici, ma così era il maiale, allevato – e ammazzato con la tecnica più umana che esista – in campo aperto, senza il trauma del macello. Tutti prodotti in arrivo diretto dall’Austria, locali e bio.
Chef, locandieri, massaie, cuochi, camerieri, tutti in grembiule nero marchiato Festival, come scolaretti che esibiscono senza superbia che sì, il buon cibo è lì. In giro per la cittadina (sono rimasti solo 900 i residenti dentro le mura) l’offerta di ristorazione è amplissima, e la maggior parte dei locali offrono menù speciali a prezzo speciale per il Festival (170 kune, 22 euro). Le enoteche, validissime, organizzano degustazioni interessanti, e il vino, qua, è ottimo e abbondante. C’è il workshop con la chef crudista più famosa del Paese; c’è quello in collaborazione con l’ambasciata indiana dello chef-dj Stephen Lobo.
Ogni anno poi c’è la cena con uno chef-star: quest’anno è il Masterchef Andrej Barbieri, che ha vissuto 25 anni in Italia. Inizia con un’insalata di calamari dell’Adriatico e finisce con un mattone di cioccolato puro guarnito di panna spruzzata di foglioline di timo e salsa caramello al fior di sale. Siamo all’Hilton, tra i commensali c’è chi qua ha vissuto per anni. Anni della guerra, dopo aver abbandonato la casa fuori città portandosi dietro due paia di mutande e due magliette – non rosse, se no i cecchini ti vedono. Adesso si lavora coi turisti, Dubrovnik ha resistito di nuovo e custodisce anche quel pezzo di storia dietro le sue enormi pietre: oggi l’Hilton è solo l’hotel dove venire a prendere un caffè con dolce all’ora di merenda.
Carola Traverso Saibante
4 novembre 2016