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Gli chef francesi contro la violenza in cucina

News ed EventiNewsGli chef francesi contro la violenza in cucina

Scenate, soprusi e talvolta anche maltrattamenti fisici: le cucine sono luoghi duri. Lo chef Gérard Cagna firma un manifesto per un nuovo modo di lavorare

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Gli chef nelle loro cucine: possiamo provare facilmente a immaginarli. I talent show e i reality ci hanno abituati a pensarli come personaggi burberi, scontrosi, arcigni e inavvicinabili. Capaci di rimproveri arguti e pronti a riprendere i loro accoliti con fin eccessiva schiettezza e con una brutalità difficile da supporre per chi comodamente seduto a una tavola gode dalla rispettosa affabilità delle sale un grande ristorante (stellato e non). 

Caratteri bruschi e scenate non sono - sembra - peculiarità dei personaggi televisivi. Almeno ad ascoltare le testimonianze degli chef francesi. Tanto che Gérard Cagna ha firmato con altre autorevoli toque della cucina d'Oltralpe, tra cui il responsabile delle cucine dell'Eliseo Guillaume Gomez, un manifesto contro la violenza nelle cucine.

Calci, colpi di mestoli, bruciature: l'aggressività in questo mondo è considerata una sorta di rito iniziatico. Gli alterchi, i rimproveri e le piazzate davanti a tutti sono vissuti spesso come un passaggio formativo, condizione necessaria - ma non sufficiente - per forgiare la giusta determinazione per un lavoro duro e impegnativo.

E anche si stima che le violenze fisiche siano solo di una minoranza, Gérard Cagna, che ha passato il suo ristorante nel 2005 a suoi figli e reso le sue due stelle Michelin, richiama gli chef a un svolta etica della professione. Un passaggio da un atteggiamento mascolino, quasi militaresco, a un modo più moderno e sereno di intendere il lavoro. Che scongiuri episodi vergognosi come quello dello scorso aprile, quando un apprendista ha subito una bruciatura sul braccio ad opera di un membro della brigata.

Questi atteggiamenti sono frutto di una battaglia quotidiana per il potere nelle cucine, dove i grandi chef sono sempre più spesso assenti e i loro secondi cercano modi per affermare la supremazia. Per fortuna la nuova presenza femminile, le cucine aperte e una cultura più attuale della professione stanno trasformando il lavoro in cucina.

E - speriamo - saranno presto banditi anche violenza morale e scherzi aggressivi come quello del superiore geloso che non avverte che un piatto è caldo o del collega che ne spintona un altro mentre taglia le verdure. Perché - ci viene da dire - come fa a una cucina cattiva a produrre un piatto veramente buono?

Livia Fagetti
28 novembre 2014


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