Gustosi pain au chiocolat ripieni di cioccolato, croissant burrosi da farcire, e poi ghiotti jambon-beurre, i panini francesi per antonomasia, semplici e squisiti a base di baguette farcita di burro e prosciutto cotto… Potrebbero soffrire di una crisi senza precedenti. La Francia delle viennoiserie, ovvero i negozietti dove si sfornano quotidianamente i dolci più amati oltralpe, e delle boulangerie, gli equivalenti dei nostri panifici, è infatti molto preoccupata. E denuncia: siamo a corto di burro e senza questo rischiamo di mettere in ginocchio la nostra produzione.
A corto di burro - La crisi ha iniziato ad avvertirsi nei negozi a fine agosto. Alcuni fornitori infatti non sono stati in grado di consegnare ai boulanger, i panettieri, diverse tipologie di burro, impedendo a cascata ai panificatori di produrre le loro prelibatezze da bancone. La FEB (Fédération des Entreprises de Boulangerie) ha così lanciato il suo allarme, spiegando come ancora questa crisi non sia arrivata alla grande distribuzione e dunque al cliente finale – che continua a trovare il burro nei supermercati – ma come questa carenza porti a un grave pericolo per i professionisti. Il burro, infatti, è un bene insostituibile, come produrre un croissant (che contiene il 25 per cento di burro) senza il suo ingrediente principale?
I prezzi lievitano – Non sono solo baguette e pain au chocolat a lievitare in Francia, ma anche i prezzi di questo bene così importante nelle cucine d’Oltralpe. Il prezzo del burro infatti – dicono i dati statistici – è aumentato del 172 per cento negli ultimi 20 mesi in Francia raggiungendo i 7,60 euro al chilogrammo e la produzione mondiale non sembra in grado di reggere la forte domanda. I professionisti e i negozianti hanno reagito a cascata: da fine estate infatti in Francia il prezzo del croissant è aumentato, talvolta di 5, talvolta di 10 centesimi di euro a seconda della boulangerie. Perché il prezzo è aumentato? Il burro è sempre più richiesto anche in mercati in cui negli ultimi decenni era stato messo da parte e condannato nella lista nera degli alimenti che fanno male alla salute. Gli Stati Uniti sono un caso emblematico: il consumo è tornato a salire dopo che alcuni studi scientifici hanno dimostrato che questo prodotto caseario non è poi così nocivo nella dieta quotidiana, anzi. Vi sono poi aree del mondo dove la passione per i croissant francesi è diventata una moda, come i Paesi asiatici, che hanno fatto dunque impennare la domanda delle produzioni dei boulanger.
Il latte è in crisi – Ma dietro all’aumento dei prezzi c’è anche una crisi internazionale nella produzione del latte. Che ha diverse sfaccettature: intanto la crisi di consumo dei grassi animali ha fatto sì che negli ultimi anni la produzione casearia si sia concentrata su latte meno grasso; anche la genetica è venuta in soccorso e le mucche oggi producono un latte meno ricco. Le motivazioni, sostengono le associazioni di categoria, sarebbero legate persino al riscaldamento globale. Non ultima, la motivazione politica: in Europa vigono le “quote latte” che impongono a un singolo produttore di immettere sul mercato una determinata quota di latte, e spesso questi volumi vengono usati per altre produzioni casearie, come quella più redditizia dei formaggi.
Eva Perasso
Ottobre 2017