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Ficodindia dell'Etna, selvatica delizia

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Era il succoso pane dei poveri, oggi un doc in tre colori e varietà

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Tutti sanno che del maiale non si butta via niente, ma quanti penserebbero che il famoso detto sia valido anche per lo spinoso ficodindia? (In Sicilia amano scriverlo in una parola sola come faceva Verga). Eppure, come dice Salvatore Rapisarda del Consorzio Euroagrumi (fruttaetna.it), non si mangiano solo i frutti di questa pianta della famiglia delle Cactacee.

Nella sua terra d'origine, il Messico, e in quella d'elezione, la Sicilia appunto, si portano in tavola anche le pale giovani (parti del fusto), passate in pastella e fritte oppure in insalata; dai fiori si ricavano tisane e un miele delicatissimo, mentre dai semi un olio dalle proprietà antiage.

Le parti migliori sono comunque i frutti, succosi e molto nutrienti, che un tempo i contadini siciliani mangiavano a colazione (li chiamavano il pane dei poveri), raccogliendoli dai bordi delle strade, dove le piante crescevano spontanee.

Ancora oggi si inerpicano naturalmente sulle "sciare" vulcaniche ma in molte zone del catanese sono diffuse coltivazioni a basso impatto ambientale, senza pesticidi e con irrigazione minima perché hanno bisogno di pochissima acqua: è qui che nasce il ficodindia dell'Etna Dop, naturalmente biologico, che per primo ha ottenuto il riconoscimento europeo nel 2003.

Il frutto, di forma ovoidale e ricoperto di spine, si declina in 3 varietà, che si differenziano per il colore della polpa: rossa per la Sanguigna, bianca per la Muscaredda e gialla per la Sulfarina. I fichidindia della prima fioritura, gli agostani, maturano tra agosto e settembre; quelli tardivi, chiamati bastardoni, sono più grossi e pregiati e si trovano in autunno. La raccolta viene fatta a mano, ben protetti per difendersi dalle spine e con grande cura, per non danneggiare i frutti delicati. Che poi vengono despinati prima di essere venduti ma vanno comunque maneggiati con attenzione, meglio con un paio di guanti, perché le spine più piccole (glochidi) non vengono eliminate del tutto.

Il ficodindia dell'Etna ha una particolare consistenza croccante, grazie alla ricchezza di potassio. La varietà rossa è più succosa e ha un gusto intenso, quella bianca è la più delicata, tutte sono dolci e fragranti. Squisite da gustare al naturale, sbucciate con forchetta e coltello: si tagliano le due estremità, poi si incide nel senso della lunghezza e si elimina la buccia.

Deliziosi gli abbinamenti con formaggio, prosciutto crudo, miele e confetture. Il ficodindia trionfa anche in pasticceria, in sorbetti, granite, confetture, bavaresi, torte, crostate e dolci tipici siciliani come la mostarda e i mustazzoli (biscotti). Per chi vuole cimentarsi nelle preparazioni salate, da provare i primi piatti come il risotto con succo di ficodindia, insaporito con formaggio pepato, o la pasta con alici e fichidindia; oppure i secondi, come il pollo saltato con pezzi di frutto, condito con pepe e chiodi di garofano.

Marina Cella


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