Conosciuto sin dal Medioevo, certificato nel 1735, amato da Verdi e D'Annunzio, il culatello è stato per secoli un cibo del desiderio. Ma poi, nel secolo scorso, si è quasi eclissato, surclassato dal “cugino” prosciutto crudo, che dal dopoguerra in poi ha vissuto un autentico boom produttivo. “Salvato” dall’estinzione da un pugno di ristoratori della Bassa parmense, che se lo sono autoprodotti per poi servirlo nei loro locali, e tutelato come un autentico gioiello dalla Confraternita del Culatello Supremo (sodalizio a rigoroso numero chiuso), da qualche anno il culatello è tornato a riprendersi quel titolo di re della salumeria italiana che universalmente gli viene riconosciuto. Nel 1996 quello di Zibello ha ottenuto la Dop (Denominazione di origine protetta). E ora si vede anche dedicato un museo, in provincia di Parma. Ma c’è un rovescio della medaglia: la nascita di tanti salumi “culatello sounding”, il cui nome richiama quest’insaccato ma con cui poco hanno a che fare. E così i produttori dell’autentico culatello sono dovuti correre ai ripari.
Apre il Museo del Culatello
Dal 25 marzo 2018 la storia, l’arte di produrlo e la terra in cui nasce si possono scoprire visitando il Museo del Culatello e del Masalén, allestito nelle sale austere e suggestive dell’Antica Corte Pallavicina di Polesine Parmense, a due passi dall’argine del Po. A volerlo è stata la famiglia Spigaroli, storica dinastia di ristoratori, che una quindicina di anni fa ha rilevato l’antica struttura nata come fortificazione per difendere il porto fluviale e, dopo un lungo restauro, l’ha trasformata in un relais di charme. Con una cantina-caveau in cui si godono le nebbie e l’umidità centinaia di culatelli, molti dei quali contrassegnati da piccole lavagne su cui è scritto il nome del proprietario. Un bel posto dove fare “vip watching”, perché tra i tanti estimatori del culatello si trovano personaggi famosi da Carlo d’Inghilterra a Massimo Bottura. Di sala in sala si può scoprire la cultura del maiale che caratterizza questa terra, il ruolo e l’abilità del norcino (in dialetto chiamato “masalén”) e la storia del culatello, dall’antichità a Giovannino Guareschi. Il tutto attraverso antiche mappe, documenti, fotografie, filmati, apparecchiature multimediali e oggetti legati alla civiltà contadina.
Perché è il re dei salumi italiani
Il culatello è una sorta di super-prosciutto, perché è fatto solo con una parte della coscia di maiale pesante italiano, la più nobile, quella i cui muscoli sono costituiti da fibre morbide e ben protette da un adeguato strato di tessuto fibroso. Ma per ottenerlo servono anche sale, nebbia e umidità. Tozzo e dalla forma a pera, è tipico della zona di Zibello, dove ci sono le caratteristiche climatiche ideali per trasformare la coscia fresca di maiale in un salume profumato e dolce. Difatti il Culatello di Zibello Dop si può produrre solo in otto comuni della provincia di Parma che si affacciano sulla sponda sud del fiume Po. La lavorazione parte da cosce di suini pesanti e inizia con il disosso della fascia muscolare; è in questa fase che i maestri norcini rifilano le carni di qualità inferiore destinandole alla produzione del fiocchetto, un salume “cugino” del culatello ma meno pregiato. Dopo la rifilatura la coscia viene cosparsa di sale e massaggiata energicamente in modo da farlo penetrare a fondo nella carne. Dopo una settimana in un ambiente freddo e umido, la pesante coscia (oltre 4,5 kg, ma a fine stagionatura sarà sui 3 kg) è pronta per l'investitura (si chiama proprio così), ovvero l’introduzione della carne nella vescica del maiale. Infine verrà legato stretto con uno spago a formare una rete che lo avvolge, facilitandone la disidratazione e impedendo la formazione di sacche d’aria. Quindi il culatello deve riposare per 15-30 giorni, affinché si asciughi in superficie e il sale si distribuisca in modo uniforme, e passa poi alla maturazione, che va dai 10 ai 24 mesi. È questo lungo periodo di stagionatura che libera gli aromi tipici, quelli che danno al culatello il suo ricco profumo e la sua intensa fragranza. Un buon culatello si riconosce perché, al taglio, ha la carne di un colore uniforme, il grasso di colore bianco, e il sapore dolce e delicato.
Occhio agli “imitatori”
Il successo recente del culatello ha fatto crescere la richiesta di quest’insaccato. Ma la produzione della Dop è limitata (arriva a sfiorare i 100mila pezzi) e così sono fioriti tanti altri salumi (come culatello con cotenna, strolghino di culatello, fiocco di culatello) che spesso lo richiamano nel nome, ma che sono altra cosa rispetto all’autentico culatello. Un problema tanto ampio da far intervenire i ministeri dello Sviluppo Economico e delle Politiche Agricole, che hanno dovuto mettere nero su bianco cosa si intende per “culatello”.
Così ora se troviamo in vendita un prodotto definito “culatello” sappiamo che si tratta di un salume ricavato dalla coscia di suino, insaccato nella vescica suina, legato con spago, e stagionato almeno nove mesi. È quindi vietato utilizzare la denominazione di vendita “culatello” per salumi simili, lavorati con tecniche diverse anche se realizzati a partire dalla coscia di maiale.
Invece il Culatello di Zibello Dop è solo quello realizzato da 23 produttori e contrassegnato con il marchio del Consorzio di tutela, che raffigura un suino storico, simbolo delle antiche radici di questo pregiato salume italiano.
Manuela Soressi
marzo 2018