L’Europa chiede ufficialmente all’Italia di alleggerire la legge che vieta per la produzione dei formaggi l’uso di latte in polvere o comunque trattato. Nel nostro Paese vengono prodotti circa 500 formaggi diversi dagli erborinati alle mozzarelle, dalle ricotte alle fontine; a regolamentare la loro produzione c’è anche la legge n.138 del 1974 che, appunto, vieta l’uso di latte in polvere, latti conservati con qualunque trattamento chimico o comunque concentrati per la produzione di prodotti caseari. E per togliere ogni dubbio la legge rincara la dose, vietando addirittura di detenere latte in polvere (e simili) “nei locali annessi o intercomunicanti, nei quali si detengono o si lavorano latti destinati al consumo alimentare diretto o prodotti caseari”.
Ora però l’Europa sostiene che le nostre leggi sono troppo severe. E lo fa con una lettera di messa in mora inviata dal Segretariato generale della Commissione europea alla Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea sull’infrazione n. 4170. L’idea è di aprire i cordoni, permettendo di utilizzare anche latte non fresco per la produzione di formaggi, yogurt e latticini in genere.
Questa presa di posizione europea non piace a chi difende la diversità e la qualità dei prodotti made in Italy. In prima linea ci sono il presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo, ma anche Carlo Pettini di Slow Food e lo stesso Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, che promette: “Difenderemo la qualità del sistema lattiero caseario e la trasparenza delle informazioni da dare ai consumatori. Ribadiremo alla Commissione europea la necessità di un intervento più approfondito sull’etichettatura del latte, sappia rispondere meglio alle esigenze dei nostri produttori soprattutto dopo la fine del regime delle quote. Non siamo disposti a fare passi indietro su questi principi” (fonte: La Repubblica del 29 giugno 2015).
La Commissione motiva la diffida sostenendo che le nostre leggi, così restrittive, sono un ostacolo alla libera circolazione delle merci: nel resto dell’Europa i latticini senza latte sono già di uso comune. Ma i sostenitori dell'eccellenza italiana ritengono che questa imposizione avvantaggi solo la grande industria, a discapito dei medi e piccoli produttori.
Usando latte in polvere e concentrato che fine faranno le sfumature di profumi e consistenza di fontina, robiola, mozzarella, pecorino, caciocavallo? Il latte cambia sapore persino in base all’alimentazione dell’animale: per fare un esempio, la stessa toma di montagna ha un gusto molto diverso a seconda che sia fatta con latte invernale o estivo, quello dei pascoli in alpeggio. Quindi, oltre ai metodi di lavorazione che sono tipici di ciascuna regione e della maestria del casaro, a fare la differenza nei formaggi nostrani è anche la qualità del latte fresco.
Aprire le porte all’utilizzo di quello in polvere significa appiattire le differenze e assestare un duro colpo alla qualità e alla diversità che da sempre contraddistingue le produzioni nostrane.
Barbara Roncarolo
29 giugno 2015