Una lunga battaglia, fatta di petizioni online, lobby in Parlamento e molte campagne informative, appena conclusa per il meglio: la scorsa settimana infatti il Consiglio dei ministri ha deciso di modificare, nel nostro Paese, il Regolamento europeo sull'etichettatura. E di obbligare dunque d'ora in avanti alla trasparenza le etichette dei prodotti italiani, che dovranno segnalare il luogo di produzione del bene venduto.
La battaglia inizia quando, nel dicembre 2014, entra in vigore il regolamento europeo 1169/2011 in materia di etichettatura degli alimenti: questo regolamento comunitario non obbliga più i produttori a indicare lo stabilimento di produzione (che invece era un dovere italiano legge dal 1992). Più genericamente, dice la norma europea, si potrà scrivere in etichetta che una scatola di tonno o una mozzarella sono stati "prodotti in UE", omettendo di fatto un dato spesso importante per il consumatore nel processo di acquisto. Sapere per esempio se si tratta di una produzione italiana o se il pacco di pasta è stato delocalizzato e prodotto in Romania, potrebbe avere un peso diverso a seconda del consumatore. Che ha tutto il diritto, argomentano i difensori della trasparenza in etichetta, di compiere una scelta avendo tutti i dati chiaramente a disposizione.
Dopo la norma europea, si è fatto un grande battage online per riuscire a smuovere le cose: il sito Io leggo l'etichetta per esempio è diventato il portavoce della battaglia pro trasparenza e ha lanciato la petizione “Nessuno tocchi l’indicazione dello stabilimento di produzione sull’etichetta”, (clicca qui) raccogliendo migliaia di firme. Accanto a loro, una serie di attori della grande distribuzione (come per esempio Conad) e alcuni imprenditori (come Vito Gulli di Generali Conserve, proprietario per esempio dei marchi As Do Mar e De Rica) s sono impegnati in prima persona per convincere lo stato italiano a reagire alla norma europea.
Fino alla notizia della scorsa settimana: il ministro dell'Agricoltura Maurizio Martina dà il via all'iter per la reintroduzione dell'obbligo in etichetta di segnalare luogo di produzione o di confezionamento per i prodotti alimentari. Ora la battaglia passa in sede europea. Nell'attesa della risoluzione definitiva, restano comunque valide le decisioni prese singolarmente da alcuni produttori di continuare, nel loro piccolo, a scrivere sui propri prodotti dove sono nati e dove sono stati confezionati. Per permettere agli italiani di scegliere se comprare italiano o meno.
Eva Perasso
21 settembre 2015