Nel corso degli anni ho visto diverse volte il film di Ettore Scola La famiglia che mi è sempre piaciuto per due motivi: lo scorrere del tempo che, attraverso i personaggi, racconta i cambiamenti sociali in 80 anni di storia italiana e l'appartamento dove la narrazione si svolge, immutabile e pronto sempre ad accogliere chi arriva cresciuto, cambiato, invecchiato o ad ascoltare nel chiuso nelle stanze confessioni, segreti e verità.
Casa e famiglia: due sostantivi più che mai attuali in questi giorni di doverosa “clausura”, tanto che a me non sono mancati i flashback. Non ricordo di essere stata così a lungo a casa con i miei figli, oggi grandi e, nonostante inevitabili piccole tensioni, mi ha fatto piacere sentirli parlare, discutere, scherzare e anche giocare, come se il tempo si fosse fermato. Ho apprezzato la calma riflessiva di Lorenzo e le sue discussioni sospese tra politica e storia, così come l'entusiasmo per la vita di Oliviero, manifestato anche con la ricerca e l'assaggio di buon cibo e buon vino.
Ho apprezzato le piccole cose e il mio ciliegio in fiore che in tempi normali non avrei neppure sfiorato con lo sguardo. Ho considerato il valore di avere un lavoro che posso svolgere a distanza. Ogni mattina, la famiglia si allarga ed entra la mia redazione, attraverso una chat dove cominciare con un buongiorno, poi mail, telefono, skype, zoom e tutti i sistemi che consentono di vedersi e quelli con cui impaginare e mandare in stampa.
In questo modo, diverso dal solito, è nato il numero di maggio. Diverso anche nei contenuti, perché le circostanze non ci hanno consentito di girare l'Italia per itinerari enogastronomici, di ospitare chef e personaggi e soprattutto di far lavorare fotografi, stylist e home economist. Ma abbiamo aperto la nostra dispensa virtuale e, come in famiglia, abbiamo cercato di fare del nostro meglio con ciò che avevamo: un mix di servizi nuovi prodotti per tempo e altri frutto del nostro bell'archivio. Per condividere, come sempre, il piacere della tavola con l'ampia famiglia dei nostri lettori.
Per la mia storia d'apertura, nella stanza della memoria qualcosa è affiorato: un piatto assaggiato a pochi chilometri da Vasto, nella piccola e bella azienda vinicola dei fratelli Altieri. Di fronte a un bicchiere di Cerasuolo d'Abruzzo ho fatto la conoscenza del “pullastr arpijne”, ossia il pollo ripieno al sugo. Un piatto di casa, di famiglia, frutto della tradizione contadina che, a Vasto, mi hanno raccontato, è tipico preparare per Ferragosto. Il protagonista è un pollo ruspante farcito con uova, formaggio, mollica, mandorle e le sue interiora pronto a cuocere a lungo immerso nella salsa di pomodoro. L'intingolo gustoso che ne deriva serve per condire dei meravigliosi “maccherune” fatti a mano.
La ricetta si trova anche a Chieti, da dove forse proviene. In questa città l'associazione “Donne in Campo-Cia” in collaborazione con il professor Francesco Stoppa, studioso di tradizioni popolari, l'ha racchiusa con altre 129 della provincia chietina nel volume Il cuore della rondinella. Saggezza contadina per un pollo a doppio uso, preparato la domenica o per le feste, quando non si andava nei campi e c'era più tempo per cucinare. Ma soprattutto per stare in casa. Con la famiglia.
Laura Maragliano
su Sale&Pepe di maggio 2020