Gran Bretagna, fine Settecento: Johan Jacob Schweppes, orologiaio per professione e scienziato per diletto, riuscì a “catturare” le bollicine di anidride carbonica e creare così un’acqua effervescente. Era il 1783, ed era ufficialmente nata l’acqua tonica. Una scoperta dalle conseguenze inaspettate. Sì, perché non solo era apparsa una nuova bevanda, ma era anche sbocciata la pratica della miscelazione: gli inglesi si resero conto che mescolare l’acqua tonica con il gin lo rendeva molto più gradevole. Nacque così il gin tonic. E con lui l’arte della mixability. La stessa che oggi ha riportato sotto i riflettori l’acqua tonica, “ingrediente” indispensabile di molti cocktail e long drink. Per un buon drink occorre una grande tonica, è il mantra dei bartender. E così da qualche tempo si sono moltiplicate le proposte di acque toniche top di gamma, da gustare anche in purezza, perché offrono esperienze di gusti e sapori davvero insolite. Niente male per una bevanda nata come medicina…
Un’acqua “medicamentosa”
Dietro alcune delle più popolari bibite del terzo millennio, c’è una matrice comune: nascono come prodotti medicinali. Vale per la Coca-Cola, “inventata” da un farmacista di Atlanta e inizialmente venduta in farmacia. E vale anche per l’acqua tonica, che a fine Settecento veniva somministrata dai medici per curare indigestioni e gotta. Quest’aspetto “medicinale” venne amplificato nel corso dell’Ottocento, quando all’acqua tonica venne aggiunto il chinino, una sostanza ricavata dall’albero della china (Cinchona ledgeriana), che veniva importata dall’America già da un paio di secoli e che veniva considerata efficace nel combattere la malaria. Ma che, fino a quel momento, non aveva “conquistato” gli europei. Ad aggiungere il chinino all’acqua tonica furono gli ufficiali dell'esercito britannico di stanza in India: nel tentativo di curare la malaria, presero l’abitudine di mischiare polvere di chinino con zucchero e acqua tonica, creando la prima Indian Tonic Water. Non ci volle molto perché l’acqua tonica passasse dall'armadietto dei medicinali a quello delle bevande, grazie al lancio della prima tonica con chinino, avvenuto nel 1870. E da lì non si è più fermata. Come disse Winston Churchill, “il gin tonic ha salvato più vite e menti inglesi di tutti i dottori dell'Impero".
Dai militari alle fanciulle
Il chinino ha regalato all’acqua tonica quella nota di sottofondo, piacevolmente amara, che la rende una bibita unica, ben diversa dall’esplosione zuccherina dei normali soft drink. Una caratteristica che da qualche tempo viene enfatizzata nelle acque toniche premium. Al bando i conservanti, gli aromi scadenti o i dolcificanti naturali: queste bevande sono realizzate solo con materie prime e ingredienti naturali (come zucchero di canna, acqua di sorgente e chinino naturale proveniente dalle zone più vocate). E vengono proposte anche in versioni innovative e speciali, arricchite con aromi botanici e fruttati (come gli oli essenziali di fiori, frutti ed erbe aromatiche). Nascono così bibite molto originali, fresche e inusuali, con una combinazione molto particolare di sapori e di aromi, spesso elaborate col supporto di mixologist e concepite per esaltare gli aromi e le sfumature dei diversi tipi di spirits. Come Fever Tree, che in poco più di dieci anni ha rivoluzionato il mondo dei soft drink creando la categoria dei mixer premium, diventandone leader e conquistando oltre 50 paesi in tutto il mondo.
Fever-Tree è una gamma di soft drink naturali, fatti con ingredienti di qualità top, rigorosamente selezionati e studiati per miscelazioni di alto livello, e comprende sei tipi di acqua tonica declinate con personalità diverse: come quella in versione mediterranea, grazie alla presenza di oli essenziali di rosmarino e timo limone, o in chiave britannica, con fiori di sambuco inglese raccolti a mano. Invece Schweppes Premium Mixer è caratterizzata dall’uso di aromi naturali, dal giusto dosaggio di zucchero e dalla persistenza delle sue bollicine, che la mantengono gassata fino all’ultimo sorso. In Italia si trova anche The Original Tonic, con le sue sei declinazioni aromatiche (la più curiosa è la Original Cherry, fatta con gelatine che danno un bel color carminio ai cocktail) e le belle bottigliette di design.
Il segreto meglio custodito da ogni barman
Quanto conta una tonica nella riuscita di un cocktail? Tantissimo, visto che il mixer rappresenta i ¾ di un drink miscelato. Ecco perché andrebbe scelta con attenzione, badando non solo alla sua qualità ma anche al suo profilo aromatico e al superalcolico con cui andrà accompagnata. Ed ecco perché avere in casa una buona scorta di acqua tonica è un “salvagente” fantastico per organizzare al volo una serata domestica con amici, che siano astemi o che amino il bere miscelato.
Un gin classico, ossia robusto e dalle spiccate note di ginepro, si accompagna con un’acqua tonica dalla forte carica aromatica, come l’Aromatic Tonic Fever Tree, ottenuta miscelando corteccia di angostura sud africana con botaniche aromatiche come cardamomo, pepe e zenzero. Invece un gin più moderno, ossia dal carattere vegetale e floreale, richiede una tonica più morbida e leggera, come l’Elderflower Tonic Fever Tree, con sambuco inglese. Da provare in un sorprendente gin tonic, preparato con ¾ di Elderflower Tonic Fever Tree e con ¼ di Hendrick’s Gin, e da completare con una fetta di cetriolo.
Cerchi un passepartout? Punta sulla Indian Tonic Water: con il suo aroma pulito e fresco non solo è supremamente dissetante ma si sposa perfettamente con ogni tipo di gin e, miscelata con limoncello (nelle misure ¾ tonica, ¼ limoncello) e guarnita con basilico fresco, dà un long drink che esalta i profumi e le atmosfere dell’estate mediterranea.
Manuela Soressi
giugno 2018