Pesci poveri, varietà locali, preparazioni sapienti, cotture veraci: oggi i ristoranti più interessanti puntano sulla materia prima e sul recupero di tecniche che sembravano dimenticate, per esaltare i prodotti ittici e restituire tutto il sapore del mare
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Com’era la cucina di mare di una volta? Privilegiava il pescato locale, manipolava il meno possibile, adottava sistemi di cottura semplici, non contemplava salse elaborate, intingoli complessi e tutto quello che poteva coprire il gusto naturale dei prodotti. Una filosofia che sempre più chef stanno recuperando e proponendo, con successo, a una clientela preparata ed esigente, che riconosce e apprezza il loro lavoro, teso a esaltare la qualità della materia, più che... l’ego del cuoco!
Le regole della “nuova” cucina di pesce
Parliamo di una cucina che si potrebbe definire essenziale, con pochi fronzoli, ai fornelli come spesso anche in tavola (in alto, una semplice mise en place all’Ittiturismo Sabor’e Mari, vedi sotto). I tratti comuni li abbiamo già introdotti: sicuramente la base di partenza è la materia prima di altissima qualità, quindi il più possibile pescato locale freschissimo. Che viene lavorato il minimo indispensabile per conservarne intatte le proprietà organolettiche: gusto e consistenze. Non si tratta più, o non solo, di cuocere il pesce intero, anziché sfilettato (perché – come dicono gli esperti – cotto “sull’osso” regala carni decisamente più saporite), ma addirittura di ridurre al minimo la pulizia e relativi scarti e utilizzare il più possibile, compreso il cosiddetto quinto quarto (interiora e co.). Fondi e salse si preparano spesso con queste parti e diventano concentrati di sapore. Anche attrezzature e tecniche sono il più semplici possibile, coltelli, setacci, tegami e graticole, piuttosto che Thermomix, sous vide e basse temperature. Per scoprire questo mondo, abbiamo selezionato 4 chef e i loro ristoranti, dalla Liguria alla Sicilia, campioni di cucina verace.
Diego Pani, vintage contemporaneo a Ventimiglia
Terza generazione di ristoratori a Ventimiglia, Diego Pani (foto in alto) – con la sorella Marina in sala – sta scrivendo un nuovo capitolo per lo storico Marco Polo 1960, il locale pieds dans l’eau aperto dai nonni paterni che oggi fa parte di un poker di insegne (con Trattoria Pani, Venti e Locanda Marinai a Bordighera). Con un indubbio pedigree alle spalle e una solida formazione, in particolare nell’alta ristorazione francese (come il papà Marco, scomparso nel 2021, e la mamma Ivana, entrambi a lungo in cucina con Gualtiero Marchesi ed Ezio Santin), il giovane Pani ha un’idea tutta sua di cucina di confine che coniuga le impeccabili tecniche imparate oltre frontiera con la tradizione della riviera ventimigliese. Potrebbe sembrare pretenzioso. Finché lo chef, che chiama i pescatori per nome, ti racconta che per la frittura in olio extravergine ligure ha recuperato la vecchia friggitrice in ghisa del nonno.
Per le linguine al fondo bruno di mare con pescatrice, prezzemolo e limone (foto in alto), l’intensa salsa è estratta, al tavolo, da una zuppa di pesce passata alla presse canard, lo strumento - una sorta di torchio - utilizzato dalla fine dell’Ottocento per una raffinata portata di anatra, oggi ingegnosamente applicato alla cucina di mare per ottenere un condimento profumatissimo e vellutato.
Altrettanto setosa la crema che avvolge gli spaghetti alle alici al burro di Francia (foto in alto), mantecati – sempre al tavolo – da Marina Pani in uno scenografico mortaio di marmo. Così, gli strumenti antichi danno vita a una cucina contemporanea per pulizia e gusti netti, vista mare.
Federico Durzu, l’ittiturismo sulla laguna sarda
A Teulada, in provincia di Cagliari, il pescato della laguna arriva fresco di giornata sulle rustiche tavole dell’Ittiturismo Sabor'e Mari: fornito dalla cooperativa dei pescatori del golfo “oltre che da una mia ricerca al mercato ittico in cui vado alle due, tre del mattino”, specifica Federico Durzu (foto in alto), il cuoco - neanche trentenne - che si è distinto nell’ultima edizione del Girotonno di Carloforte, prestigiosa manifestazione dedicata al “re” del Mediterraneo.
“Quello che ricerco è soprattutto il pesce dimenticato, la materia prima povera” prosegue Durzu. “Lavoro sulle stagionature dei salumi di mare (insieme ai crudi, nella foto in alto, ndr) e sulle frollature. Nella mia degustazione ci sono almeno 10 varietà di pesci poveri come il barracuda e la salpa, che è tra le mie preferite: la servo anche da cruda facendola maturare 4 giorni per ottenere una buona consistenza, migliore lavorazione e resa di questo che resta un pesce piuttosto grasso”. Il menu si suddivide in 4 atti: crudo, cotto, brace e finale. Durzu dà molta importanza anche al vegetale, valore appreso nelle cucine di Niko Romito: “Non c’è la concezione del contorno: ogni elemento è protagonista del piatto”. Compreso il pane, fatto in casa, spesso un tipo diverso per ogni portata. Chiudono il cerchio le conserve in vasocottura sia di pesce (in particolare con le uova) che di verdure, salicornia, finocchio di mare, messi sott’aceto, per prolungarne il gusto ben oltre l’estate.
Tiziana Francoforte, 100% made in Palermo
“Una volta uscito dal mare, il mio pesce non tocca più l’acqua e viene trattato il meno possibile prima di finire nella padella di ferro o sulla brace”, rivendica con orgoglio Tiziana Francoforte, chef di Aja Mola, trattoria di mare palermitana nei pressi del porto turistico La Cala.
Così, i calamari e i moscardini sono fritti con le loro saporite interiora, la bisque alla brace degli spaghetti agli scampi con tenerumi, mandorle e sardella (conserva di pesce piccantina) è un concentrato di sapore salmastro, gli inevitabili scarti si trasformano in ripieno per i ravioli come quelli di mupa (foto in alto), pregiato pesce che vive a elevate profondità. Mentre il polpo alla brace, proposto in insalata, viene volontariamente lasciato tenace: una texture da intenditori che contraddistingue il polpo locale.
Alla fine, il piatto che stupisce di più gli ospiti qual è? “Il mio pane burro e alici!”, esclama la chef. Sicuramente, un piatto più “concettuale” (nella foto in alto), tradizionale nei sapori ma stravolto nelle consistenze, con il pane che diventa un crumble e il burro in forma di gelato. Così particolare da essere diventato un signature dish per Francoforte.
Vladimiro Poma, tra Milano e Stromboli
Restiamo in Sicilia per una golosa trasferta. Quella di Vladimiro Poma, cuoco di Silvano, l’apertura milanese di cui più si è parlato nell’ultimo anno. Poma è il “re” della cucina ridotta all’osso, visto che nel locale non ci sono fuochi ma solo forni. Per l’estate, con l’ideazione del menu Silvano Marittima, ha “investito” in una friggitrice per poter proporre la sua versione di fritto: calamaretti, gamberi, cozze, cacio e pepe. Le altre prelibatezze marinare, come l’umido di moscardini con il loro quinto quarto o le polpette di sarde, cuociono sempre al forno.
Fa eccezione il ceviche, il pesce crudo marinato cui Poma, dopo tanti anni passati in Perù, è particolarmente affezionato. E che ha portato con sé nella versione isolana dell’insegna, Silvano in Libreria, a Stromboli. Un menu ricco di sorprese che cambiano con il pescato del giorno (nella foto di apertura) tra gamberetti di nassa (foto in alto) e anemoni fritti, zuppette di scoglio, pil pil di interiora di totano, polpette di pesce. Tutto rigorosamente di giornata, accompagnato dalle verdure dell’orto: che sia all’ombra del vulcano o sotto la Madonnina, la qualità non si discute.