Caldo, nutriente ed economico, il ramen è il comfort food per eccellenza della cucina nipponica. In Giappone è talmente amato che lo si mangia sia al mattino che alla sera: lo gustano i ragazzi che escono dalle discoteche per rifocillarsi da una lunga nottata passata a divertirsi, ma è anche il piatto che i lavoratori, dai muratori ai salaryman (gli impiegati), si concedono per rilassarsi dopo una giornata di lavoro. Non possiamo dar loro torto: il ramen, la zuppa giapponese più famosa al mondo, con il suo brodo caldissimo e i suoi mille condimenti sa rinfrancare sia il corpo sia lo spirito. Ha una storia lunga di secoli, che già nel nome ne racconta le origini, intrecciate tra Cina e Giappone.
Oggi è arrivato anche da noi ma per secoli il suo è stato un viaggio tutto asiatico. Secondo la leggenda, il primo ramen arrivò in Giappone dalla Cina già nella metà del Seicento, grazie allo studioso confuciano Mito Komon, uno dei primi gourmand giapponesi. Imparentato con la potente famiglia Tokugawa, al rientro in patria, insieme ai libri pensò bene di portare con sé pure qualche gustosa ricetta. Ma fu solo dopo il 1868, con la Restaurazione Meiji e l'apertura del Paese al mondo, che il ramen si diffuse in modo capillare nelle terre del Sol Levante. Tra i primi stranieri a sbarcare in Giappone ci furono, infatti, proprio i cinesi, che crearono intorno ai porti delle zone franche, almeno dal punto di vista culinario (quelle che oggi chiameremmo chinatown), e le riempirono con ristorantini e chioschi che preparavano pietanze straniere, compreso il ramen. Una definizione traslitterata con uno dei tre alfabeti giapponesi, il katakana, che la rende leggibile per tutti: in lingua originale, infatti, è scritta in ideogrammi e significa più o meno tagliatelle tirate a mano in brodo. Cinese o no che fosse, i giapponesi si innamorarono di questa zuppa e, come succede sempre nelle culture di forte identità, iniziarono a modificarlo secondo il proprio gusto, fino a farlo diventare un piatto nazionale e addirittura regionale.
I quattro brodi di base che si sono sviluppati nel tempo raccontano proprio questo adattamento: il ramen, infatti, segue alcune regole fondamentali della cucina giapponese, che sono, tra le altre, la stagionalità e la località degli ingredienti. A questo si aggiunge che il Giappone è un paese ricco di eccessi e contraddizioni e la sua cucina non fa eccezione. Basti pensare ai suoi due piatti più famosi: il sushi e appunto il ramen. Il primo, è noto per l'estetica minimale e raffinata; il secondo per l'arcobaleno di colori e l'esplosione di sapori. Eppure, l'uno e l'altro sono così autenticamente nipponici da arrivare all'armonia del gusto: il sushi per sintesi di ingredienti, il ramen per addizione. Sono insomma gemelli diversi e nascono entrambi come street-food ma, a differenza del sushi che è diventato simbolo di raffinatezza ed eleganza, il ramen non ha mai perso la sua identità popolare. Lo si è sempre cucinato nelle bettole o negli yatai, i tipici chioschetti ambulanti che, al suono della charumera (una sorta di corno), annunciavano il loro arrivo per le strade delle città: oggi sono scomparsi, ma l'anima del loro goloso carico è rimasta la stessa. Nonostante le stelle Michelin negli ultimi anni brillino anche su qualche ramenya nipponica, dimenticatevi per un momento i nostri raffinati locali, dove la cucina esotica si riveste di luci e sgabelli di design: quando si va in Giappone, il ramen lo si mangia in bottegucce spesso maleodoranti e piuttosto unte: d'altronde in ogni ramenya che voglia fregiarsi di tale nome, il pentolone del brodo non smette mai di cuocere e l'odore di maiale stufato impregna ogni cosa.
Alla luce di tutto questo è facile capire perché in Giappone il ramen sia così amato e gli siano stati dedicati film e musei, perché compaia spesso nei manga (fumetti) e negli anime (cartoon d'animazione) e venga celebrato in speciali festival. Non solo: per lungo tempo i giapponesi hanno considerato gli instant noodles (il ramen disidratato di brevissima cottura, creato dall'imprenditore Momofoku Ando nel 1958) la più grande invenzione del XX secolo. Onore dunque alla zuppa d'Oriente, che racconta un intero universo di gusti e colori.
Stefania Viti,
novembre 2023