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Cordiale: il liquore che scalda il cuore

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Ritorna alla ribalta una vera chicca, amata dai nostri nonni e riscoperta dalla moderna mixology – niente bicchierino a fine dessert però, ma un ingrediente 3.0 per realizzare super cocktail e bevande

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Ve lo ricordate, il cordiale? Di origine francese, è un liquore ottenuto per macerazione o infusione di erbe/ frutti in alcol etilico o, in alternativa, preparato aggiungendo ad alcol neutro. La gradazione alcolica va dai 28 ai 40-50% vol; infatti, spesso i cordiali sono a base di brandy o grappa. Talvolta i cordiali sono associati ad alcuni liquori tradizionali quali i ratafià e i rosoli: i ratafià dal tipico colore rosa sono a base di macerazioni di frutta (spesso la ciliegia) in alcol, alle quali viene aggiunto zucchero e acqua ed erano preparati nei monasteri a scopo ricostituente ed energizzante. I rosoli sono invece liquori spesso a base di fiori (il più comune la rosa) o spezie esotiche che vengono macerati o distillati e addizionati a zucchero e acqua in parti uguali. Nei cordiali le dosi di alcool e zucchero sono superiori a quelle dei ratafià e dei rosoli, amati dalle nostre nonne e bisnonne.


Italian style
La versione italiana del cordiale, nata nel 1892 in Lombardia, è un liquore dolce e profumato a base di erbe aromatiche, dal colore giallo dorato chiarissimo e gradazione alcolica minima di 36°. Il cordiale è stato il liquore da dessert per eccellenza, negli anni a cavallo tra Ottocento e Novecento.

 La storia
Il nome deriva dal latino medievale cordialis, dalla radice latina cor cordis (cuore): come l'etimologia suggerisce, i cordiali sono bevande alcoliche pensate per scaldare il cuore, rinvigorire, fornire energie. Nel Medioevo, il termine spiriti cordiali si riferiva a quelle che si pensava fossero sostanze vitali che fluivano attraverso il corpo, alla maniera del sangue o degli umori. Successivamente, il termine cordiale si utilizzò per definire un liquore (di solito dolce) o qualsiasi tipo di medicina o bevanda stimolante, chiamato così per la convinzione diffusa che avesse un’azione rinvigorente per il cuore. In letteratura, gli scrittori hanno a lungo utilizzato il termine in senso figurato: «Così continuò, parlandomi così allegramente, e cose così allegre, che fu un cordiale per la mia stessa anima sentirlo parlare» Daniel Defoe, Roxana o L'amante fortunata (1724)


Il cordiale
Successivamente il termine ‘cordiale’ si è allargato, andando a definire liquori alcolici da bersi in piccole dosi  a fine pasto – lo testimoniano i “bicchierini da cordiale” in voga dalla fine dell’800 (vedi foto sotto) –e indicando il consumo di qualsiasi digestivo, amaro, liquore capaci di ristorare e ridare forze. In Italia il cordiale si è molto diffuso, solitamente destinato a un pubblico maschile, nei bar di quartiere e nelle piccole città, dalla Seconda Guerra Mondiale in poi, ideale per accompagnare una conversazione o per scaldarsi in inverno. Oggi è difficile trovare un cordiale in un bar, anche se l’espressione cordialino è stata coniata per dare un nome alla tipica bottiglietta di superalcolico che si trova nei bar, nei frigobar degli alberghi o servita a bordo di navi e aerei.

Al servizio delle truppe
Forse non tutti sanno che il cordiale non “scaldava i cuori” solo nei caffè: per decenni ha accompagnato – in bottiglie mignon e anche sotto forma di gel, in bustina alluminata – le notti di guardia dei giovani militari di leva. Era infatti distribuito in caserma e faceva parte delle razioni da combattimento dell’Esercito Italiano. A 18 anni dalla fine della leva obbligatoria, la tradizione del cordiale continua grazie anche all’Istituto Farmaceutico Militare di Firenze – oggi l’unica azienda farmaceutica dello Stato – che continua a produrre la versione icona del servizio militare obbligatorio e che, insieme al Cioccolato Militare, è tutt’oggi parte della Razione K dell’Esercito Italiano. L’edizione vintage dell’equipaggiamento militare di leva comprendeva anche i Boli al Mentolo (piccole pastiglie mentolate e balsamiche) e i cordiali artigianali in bottiglie di vetro stile vecchia farmacia. Il cordiale d’ordinanza era chiamato Amaro degli Alpini (nella foto sotto) consumato nelle fredde notti di guardia, nelle tormente di neve e lungo i ghiacciai per dar loro una botta di calore.  La lunga tradizione della liquoreria dell’Istituto Farmaceutico Militare risale al 1877, con la creazione dell’Enocordial – un brandy invecchiato almeno tre anni in botti di rovere – e dell’Elisir di China, ottenuto tramite estrazione a freddo da corteccia di china e scorza di arancio amaro, quindi invecchiato almeno un anno in botti di rovere secondo una storica ricetta della Farmacopea Militare.


 

Oggi nostalgici e curiosi possono trovare questi prodotti, insieme ai vari cordiali prodotti (tra cui un goloso Cordialcioc), in vendita sul sito dello Stabilimento Farmaceutico Militare. Altre aziende private iniziarono a produrre cordiali più “addomesticati” per il pubblico femminile, ideali come vino da dessert, come il Cordial Campari, creato da Davide Campari nel 1887 e ora una rarità, perché fuori produzione.

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Cosa sono i “cordials”?
Si possono incontrare nel menu dei cocktail bar e, generalmente, si tratta di una preparazione della Casa a base di sciroppo e succo di un frutto, talvolta acidificato con agrumi. I cordials di oggi sono considerati preparazioni analcoliche: cordiale e cordials si assomigliano nella terminologia, ma non hanno alcun collegamento. Si pensa che l’origine dei cordials risalga addirittura dall’orientale sherbet islamico (più noto per essere il patrigno dei sorbetti), bevanda composta da una parte di succo e una di zucchero. Durante il Colonialismo, gli inglesi utilizzavano sherbet al lime o al limone sulle navi della East India Company per conservare il succo di questi agrumi e prevenire la malattia dello scorbuto nei lunghi viaggi. L’assunzione di questa bevanda ricca di vitamina C alleviava le sofferenze dei malati, e così fu chiamata dagli inglesi cordial. Nell’epoca post-colonialista, cominceranno ad apparire con il nome “cordial” degli sciroppi leggermente alcolici.


E gli shrub?
Gli shrub così di tendenza oggi nella mixology moderna, sono tipici della cultura e della tradizione britannica (ma li trovate anche negli States): nel Settecento i contrabbandieri inglesi di rum e brandy li utilizzavano per “addolcire” i loro prodotti. Gli shrub possono essere sciroppi (alcolici o meno) fatti con succo, frutta, spezie, zucchero e aceto, ma anche cordial, ossia semplici distillati aromatizzati con succo, aceto, spezie, zucchero e scorze. La differenza è sottile, tutto dipende da quanto zucchero contengono. Mescolati soltanto a soda o acqua tonica, saranno degli ottimi cocktail analcolici e dissetanti, oppure saranno una buona base per cocktail più complessi (nella foto sotto, Shrub Giusti).

Francesca Tagliabue
marzo 2022

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