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Torrone: come sceglierlo e come gustarlo

News ed EventiConsigli praticiTorrone: come sceglierlo e come gustarlo

Dolce tipicamente natalizio, viene prodotto secondo le ricette più diverse in molte zone d'Italia. Una guida per trovare il meglio

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Che sia nelle classiche stecche o nella forma più pratica e diffusa dei torroncini, il torrone è una presenza irrinunciabile del Natale. È in questo periodo che si concentrano le vendite delle oltre 8 milioni di tonnellate prodotte nel nostro Paese, anche se nei negozi si trova da fine settembre a febbraio e nelle zone dove è di tradizione (come Cremona e Benevento) lo si trova tutto l’anno. 

Una lunga storia
L’origine di questo dolce si perde nei meandri della storia. C’è chi la fa risalire alla tradizione araba puntando sul fatto che ancora oggi si trova in tutte regioni dominate in passato da questa civiltà, come la Spagna meridionale e la Sicilia. Altri parlano invece di un’origine romana, ricordando la “cupedia”, un dolce di mandorle e miele citato dallo scrittore Marco Terenzio Varrone. Inoltre, è romano anche il “nucatum”, un dolce a base di noci, miele e albume d’uovo descritto dal gastronomo Apicio, che somiglia molto alle ”barre” di oggi.

Ma il torrone che mangiamo oggi ha indubitabilmente la sua origine a Cremona, e la nascita può essere datata con certezza: il dolce preparato con mandorle, miele e albumi venne presentato al banchetto di nozze tra Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti nel 1441. Ecco il torrone classico friabile, dalla forma allungata e rettangolare che ricorda quella del Torrazzo, la torre simbolo della città, da cui prenderebbe il nome.

Come viene prodotto
Ogni laboratorio, sia artigianale che industriale, ha la sua ricetta, ma i passaggi fondamentali della lavorazione sono uguali per tutti. Si inizia amalgamando il miele con gli albumi montati a neve; poi si cuoce tutto per un tempo variabile: fino a 4 ore nella produzione industriale e fino a 11 ore in quella artigianale. (Qui il video "dietro le quinte" della produzione del torrone)

A fine cottura si aggiungono la frutta secca, lo zucchero e gli eventuali aromi, come la vaniglia e gli agrumi. A questo punto, si stende l’impasto fra due fogli di ostia, lo si richiude e lo si taglia nella forma voluta (generalmente in barre). In questa fase si può anche ricoprire il torrone con una bagna di cioccolato. Dopo il raffreddamento si passa al confezionamento e alla spedizione.

Non esiste una legge che lo tutela
Attualmente, la legge italiana non stabilisce come debba essere prodotto il torrone, per cui ogni produttore può applicare una sua ricetta e dare al prodotto questo nome. Ma anche a livello europeo, il prodotto italiano gode di poche tutele. La denominazione “torrone” non è classificata e tra i prodotti protetti nell’Unione Europea c’è soltanto quello di Bagnara Calabra (mentre in Spagna ci sono due “turrón” Igp).

A questa situazione hanno cercato di porre rimedio alcuni enti locali. Ad esempio, la ricetta del torrone di Cremona è garantita dalla Deco (Denominazione comunale), che stabilisce l’uso di ingredienti pregiati (come le mandorle italiane e il miele a chilometri 0) presenti in quantità precise.

Dove si trovano quelli più buoni
Bisogna comunque riconoscere che la difficoltà di codificare una ricetta dipende dal fatto che in Italia si producono decine di tipi diversi di torrone che poi si trovano nei negozi tutti etichettati con lo stesso nome. Al Nord, oltre a quello di Cremona, si trova il mandorlato di Cologna Veneta, croccante, dalla superficie lucida e dal gusto molto fine. Ci sono poi i torroni piemontesi di Alba, di Mombercelli e di Novi Ligure, caratterizzati dall’uso della pregiata nocciola tonda gentile, tipica di questa regione.

Ma è in Calabria che si trova l’unico prodotto che si può fregiare del marchio di Igp: il “Torrone di Bagnara Calabra”, ottenuto dalla lavorazione di zucchero, mandorle tostate, miele, albume d’uovo, cacao amaro, oli essenziali, cannella e chiodi di garofano. Sono particolarmente pregiati anche i torroni che si producono da secoli nel senese e nell’Aquilano (di cui è famoso il torrone al cioccolato). Benevento, invece, è celebre per il suo “Torrone della regina”, preparato sostituendo alle mandorle e alle nocciole la frutta candita.

In Sicilia, uno dei torroni i più prelibati è la “cubbàita” (o “giuggulena”), a base di miele, zucchero, mandorle con la pelle e semi di sesamo. Ed è sempre su quest'isola che sono nati i torroncini, “inventati” da Francesco Condorelli negli Anni Settanta. In Sardegna, invece, a Tonara, in provincia di Nuoro, da oltre un secolo si produce un torrone di qualità senza zucchero.

Come riconoscere la qualità
Come capita per altri prodotti, anche quando si parla del torrone si pone il problema della scelta tra quello industriale e quello artigianale. Premesso che quello in commercio è quasi tutto industriale, bisogna dire che sia l’uno che l’altro sono in genere di qualità. Il processo di produzione è il medesimo. La differenza fondamentale sta nei tempi di lavorazione, che nei laboratori artigianali sono molto più lunghi: la cottura dell’impasto, che dura fino a 4 ore nell’industria, come si diceva, può arrivare anche a 11 per gli artigiani.

La qualità è generalmente garantita dall’utilizzo di pochi ingredienti, che però devono essere buoni. Primi fra tutti la frutta secca e il miele. Il torrone di classico di Cremona, per esempio viene realizzato con il 50% di mandorle, il 40% di miele e il 10% di albumi.

Al momento di gustarlo, il buon prodotto si riconosce dal fatto che si scioglie facilmente, senza attaccarsi ai denti e lasciando la bocca piacevolmente pulita. È importante anche che la dolcezza non sia eccessiva e non copra ogni altra sensazione. Il gusto deve essere ricco e armonico, con note evidenti di frutta secca e miele.

Per quanto riguarda la consistenza, il torrone morbido non deve rivelarsi gommoso (segno che contiene gelificanti e addensanti e pochi ingredienti nobili); quello duro deve rompersi con una frattura netta, senza sbriciolarsi.

Come conservarlo
Per quanto riguarda la conservazione, bisogna tenere presente che il torrone dura dagli 8 ai 10 mesi, ma comincia a deteriorarsi già qualche settimana dopo la produzione. Se non lo si consuma immediatamente, va posto in un recipiente a chiusura ermetica e conservato in un luogo fresco a temperatura costante. Quello friabile, che è praticamente privo d’acqua, può essere conservato anche nel freezer, da cui va tolto poco prima di essere consumato.

Qualche semplice idea di utilizzo
Il torrone si presta alla preparazione di molti dessert. Si può impiegare in ricette elaborate, ma entra anche in idee semplici e veloci. Per esempio, basta sminuzzarlo tritandolo o passandolo in un robot da cucina e unirlo a creme, gelati, budini o nell’impasto di torte e biscotti. Un’idea raccomandata per semplicità e rapidità: sbriciolate il torrone, unite uova, panna e zucchero, fate intiepidire, formate tante cupolette con il cucchiaio e servite con salsa di cioccolato.

Alessandro Gnocchi
dicembre 2016

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