Bellissimi forse non sono, con quei corpi a tubetto o secchiello da cui partono otto tentacoli e due braccia lunghe lunghe, cosparse di ventose, indispensabili per afferrare le prede. Eppure entrambi in cucina sanno farsi valere: calamaro e seppia hanno valori nutritivi del tutto simili ai pesci più nobili, sono magri e ricchi di proteine e anche il gusto non è da meno. Tendente al dolce si sposa magnificamente con tutti i sapori, specie se forti e sapidi come l'aglio, le olive, i capperi, le acciughe, i pomodori, il vino e molto altro. Distinguerli è facile.
La seppia
Lei, la seppia, ha il corpo più largo e breve. La forma segue infatti quella del grande osso bianco che siamo abituati a trovare sulle spiagge, così leggero da tenerla a galla. La si cucina in umido con sugo e piselli, oppure ripiena, in tegame o al forno. Polposa com'è, la carne è ideale anche tagliata a pezzetti e utilizzata per gli spiedini o in un corposo sugo per la pasta. Le seppie oggi si possono acquistare dal pescivendolo già pulite, a meno di voler adoperare l'inchiostro che, contenuto in una sacca nascosta tra le interiora, non ha eguali per sapore tra quelli degli altri molluschi (pure calamari, totani e polpi ne sono provvisti). In questo caso il corpo va inciso, aperto e svuotato delicatamente, facendo attenzione a non rompere la vescica (se ci sono, vale la pena recuperare anche le saporitissime uova), quindi la si spella. Da staccare è pure il ciuffo dei tentacoli, che si deve privare degli occhi; infine, facendo pressione, si spinge fuori il becco.
Il calamaro
Quanto a lui, il calamaro, è più affusolato e rosato, non ha ossi né inchiostri famosi, ma si fa onore per la bontà e la tenerezza (solo le ali sono callose, perciò da tritare e trasformare in ripieno). Con la sua forma cilindrica, è facilmente trasformabile nei classici anelli della frittura mista, ma dà soddisfazioni in tutte le preparazioni citate per la seppia, nonché solamente bollito o cotto al vapore e gustato in insalata, infarinato e rosolato, arrostito sulla brace. La semplicità della ricetta in effetti gli si addice più che ad altri molluschi, ma sottende un pericolo: cuocerlo troppo. Un calamaro lessato o saltato in padella per 5 minuti sarà molto piacevole, idem se cotto in forno per un quarto d'ora, ma dopo questo tempo rischia di diventare duro e gommoso. Niente paura però, proseguendo ulteriormente la cottura, tornerà buono. Per verificare in che fase vi trovate, abituatevi a bucarlo con uno stecchino e a individuare con sensibilità la sua texture ideale.
Daniela Falsitta
maggio 2023