Salvate le clementine, e in particolare quelle italiane. Di questi agrumi siamo stati per decenni uno dei più apprezzati produttori d’Europa, perlomeno a partire dagli anni ’30 del secolo scorso. Ma poi ci abbiamo investito poco, e così le varietà tradizionali sono invecchiate e la loro produttività si è ridotta e concentrata in un arco di tempo più breve. Intanto, da vent’anni a questa parte, altri Paesi mediterranei (come la Spagna) ci hanno puntato con decisione, sviluppando varietà migliori e impiantando agrumeti. Il risultato è che oggi le nostre clementine hanno perso mercato non solo all’estero ma anche in Italia. Infatti, in mercati e supermercati sono spesso sostituite da quelle d’importazione (che arrivano da Spagna, Marocco ed Egitto), in particolare nei mesi in cui si concentrano i consumi, quelli a cavallo delle feste di fine anno. E questo ha messo molto in crisi i produttori italiani: il punto più basso è stato toccato nel 2020, quando il clima ha penalizzato il raccolto e il prezzo di vendita ha coperto a malapena i costi di produzione. È evidente, quindi, che è giunto il momento di voltare pagina e di ridare valore a questi straordinari agrumi made in Italy, molto colpiti dai cambiamenti climatici ma con tante (benefiche) frecce al loro arco sin da quando Padre Clément Rodier le “inventò”, nel 1892, incrociando un arancio amaro e un mandarino nell’orto del suo convento di Orano, in Algeria.
Una coltivazione “metereopatica”
I coltivatori di clementine gli effetti del cambiamento climatico li vedono concretamente: gli inverni sempre più caldi e tardivi fanno sì che le manchino le condizioni per avere frutti di qualità, ossia con un perfetto equilibrio tra acidità e dolcezza e con la buccia di un bel colore aranciato. Per ottenerli servono la giusta insolazione, il freddo al momento giusto, poco vento e regolari escursioni termiche. E così l’unica strada per ottenere clementine eccellenti è realizzare nuove varietà che siano più adatte a un pianeta sempre più caldo e arido: varietà più precoci e tardive, che maturino da ottobre a marzo e che siano acquistabili dai consumatori nei momenti in cui c’è più richiesta di quest’agrume. In Spagna lo si sta facendo da almeno un decennio, ma anche alcune organizzazioni di produttori (come la Op Armonia) ci stanno investendo in modo rilevante puntando sia sul rinnovamento varietale sia su nuove aree produttive (come Basilicata e Campania), da affiancare a quelle tradizionali, concentrate in Calabria e Puglia, dove nascono le due clementine italiane a cui è stata riconosciuta la IGP (Indicazione Geografia Protetta). Quella di Calabria IGP è dolce e profumata e priva di semi, mentre quella del Golfo di Taranto è succosa e aromatica, e ha pochi semi.
Un frutto delicato
Le clementine sono un frutto dalla vita breve: dopo la raccolta, infatti deperiscono rapidamente. Per questo vengono generalmente conservate in celle frigorifere per settimane (quando non per mesi). Per essere certi di comprare quelle appena colte basta preferire le clementine vendute con le foglie, che sono una spia inequivocabile di freschezza perché avvizziscono nel giro di sette/otto giorni dalla raccolta. La presenza delle foglie è anche una garanzia di naturalità, perché indica che le clementine non sono state fatte maturare in modo artificiale. Se sono prive delle foglie si può comunque controllare il colore della rosetta dov’era attaccato il ramo, che dev’essere verdognolo. Se, invece, è secco e marroncino probabilmente le clementine saranno state trattate con l’etilene, che serve per accelerarne la maturazione ma ne riduce gusto e profumo.
La qualità di questo frutto si valuta dal giusto equilibrio tra acidità e dolcezza (su cui si calcola l’indice di maturazione) e dalla percentuale di succo. Più acidità e dolcezza sono elevate (come avviene nei frutti premium e di marca), più la clementina lascia quella piacevole sensazione di "frizzantezza" al palato che è la sua caratteristica.
Un agrume benefico
Tra i tanti agrumi che crescono in Italia, perché dovremmo consumare più clementine? Perché mettono d’accordo tutti in famiglia: sono piccole e dolci, facili da pelare e senza semi, e quindi adatte anche ai più piccoli. La loro spiccata dolcezza le fa amare anche a chi non gradisce il sapore acidulo delle arance, mentre l’alto contenuto di fibre che non irritano la mucosa intestinale le fa ben tollerare anche da chi ha problemi a digerire gli agrumi. Un’altra peculiarità è che hanno un effetto calmante dovuto all’elevato contenuto di sali di bromo: ecco perché sono ideali a fine cena, in particolare per chi fatica a prendere sonno.
Con i loro “fratelli” agrumi, le clementine condividono l’alto contenuto di vitamina C, particolarmente preziosa in inverno: bastano due frutti per coprire la metà del fabbisogno giornaliero di questa vitamina amica del sistema immunitario e nemica dell’invecchiamento. La particolarità delle clementine è che in esse la vitamina C è accompagnata da diverse famiglie di flavonoidi (come antociani e xantofille) che ne potenziano e rafforzano l’azione, in particolare riguardo la maggior resistenza dei capillari sanguigni.
Un ingrediente sorprendente
D’accordo che è buona così com’è, al naturale, ma la clementina ha anche ottime (e spesso nascoste) doti in cucina. E la si può usare tutta, perché è davvero un frutto a spreco zero. Il loro gusto dolcemente acidulo è valorizzato dall’abbinamento con finocchio, sedano, mandorle e carote. Unite al cavolo cinese danno vita a una squisita insalata da arricchire con pezzetti di zenzero e condire con coriandolo e salsa di soia. Irresistibili caramellate con un mix di spezie, le clementine diventano golosissime ricoperte di cioccolato. Basta tritare grossolanamente 100 g di cioccolato fondente e farlo fondere a bagnomaria. Quindi, usando delle pinze, vi si immergono gli spicchi di 2-3 clementine sbucciate (circa 20 spicchi) fino a coprirli completamente. Poi si fanno sgocciolare, si poggiano su un foglio di carta forno e si cospargono con mandorle. Lasciati solidificare per 30 minuti in freezer o due ore in frigo, diventano una delizia a cui è davvero difficile resistere, soprattutto se accompagnata con coulis di mango.
Con le scorze scartate si può realizzare un’insolita e stuzzicante tempura. Basta privarle dell’albedo (ossia la parte bianca compresa tra la scorza e la polpa) e lasciarle riposare per una notte. Quindi le si taglia a listarelle e le si passa in una pastella a base di acqua, farina e poco sale. Una volta fritte sono deliziose da servire con le bollicine (meglio extra brut) durante l’aperitivo domestico, magari accompagnato dal profumo caldo e accogliente che rilasciano in casa quando le scorze sono lasciate sul termosifone, come si faceva un tempo.
Gennaio 2022
Manuela Soressi