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Okara: ingrediente da scoprire

News ed EventiConsigli praticiOkara: ingrediente da scoprire

Si ricava recuperando lo scarto di produzione dei latti vegetali, principalmente di soia, ma anche frutta secca o cereali. Ricca di fibra, proteine, grassi buoni, è versatile e sostenibile

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Si chiama okara ed è, di fatto, un prodotto di scarto: si tratta infatti della polpa che rimane della lavorazione della soia per ottenere il “latte”. Ingrediente tradizionale in Corea, Cina e Giappone, amato dalla cucina macrobiotica e da quella vegetariana e vegana, è un concentrato di fibre, proteine e grassi buoni. Oltretutto sostenibile, perché permette di usare al cento per cento i legumi sfruttati per altre preparazioni. Ma anche mandorle, nocciole, avena e qualunque altro seme o chicco sia sottoposto a macinazione e spremitura per ottenere una bevanda vegetale alternativa al latte vaccino.

Un ingrediente versatile
Nei paesi asiatici, l’utilizzo dell’okara è, come si diceva, tradizionale data l’abbondanza di questo residuo della produzione del tofu (che altro non è che latte di soia cagliato con l’utilizzo di un sale particolare, il nigari, estratto dall’acqua di mare). Negli anni, si è accorta della sua versatilità anche l’industria e oggi l’okara, o polpa di soia, è largamente utilizzata nella produzione di alimenti plant based come i burger vegetali, ai quali conferisce texture e sostanza, o nella preparazione del tempeh (foto in basso), alimento di soia fermentata.

tempeh

In negozio o a casa
Online o nei negozi specializzati in alimentazione naturale l’okara si può trovare essiccata e ridotta in polvere, sotto forma di sfarinato da usare per addensare minestre e salse o per impastare pani, frolle e paste fresche. Quella fresca (foto in basso), si presenta come una pasta compatta e malleabile, da impiegare, per esempio, nella preparazione di polpette e ripieni o miscelare con altre farine e modellare in sfoglie, cracker e grissini.

okara compatta

In alcuni store biologici e vegani, e in quelli asiatici che vendono tofu fresco, si può a volte acquistare okara di produzione artigianale. Ma il modo più semplice per procurarsela resta prepararla in casa, insieme a una scorta di latte vegetale home made. Del resto, chi si diletta di cucina vegana, spesso recupera la polpa degli ortaggi passati alla centrifuga, per poi usarli in zuppe, creme, crocchette. Si tratta, in pratica, di utilizzare interamente la materia prima, sfruttando tutte le componenti e le sostanze nutritive, all’insegna della sostenibilità.

La ricetta per preparare l’okara (e il latte)
Se volete cimentarvi, ecco una ricetta piuttosto semplice. Sciacquate 250 g di semi soia gialla, scolateli, trasferiteli in una ciotola e copriteli con una quantità d’acqua (circa 2 l) che li superi di circa 4 dita. Lasciateli gonfiare (4-6 ore d’estate, fino a un giorno intero in inverno). Scolate la soia conservando 1,5 l dell’acqua di ammollo. Frullate i semi e l’acqua fino a ottenere una consistenza fluida e liscia. Portate a bollore altri 8 dl di acqua in una pentola. Versate il frullato recuperando tutta la massa solida dal fondo del frullatore. Riportate a bollore mescolando continuamente. Spegnete, togliete dal fuoco e fate intiepidire. Rimettete la preparazione sul fuoco, riportatela a bollore e fate sobbollire 5 minuti, mescolando per evitare che attacchi. Foderate un largo colino, sistemato su un’ampia ciotola, con una garza grande e doppia, o un canovaccio non troppo spesso. Versate la preparazione e lasciate raffreddare per circa 10 minuti. Avvolgete il telo a caramella (foto in basso) e strizzate per estrarre tutto il latte. Otterrete circa 2 litri di latte e 200 g di residuo solido: l’okara.

preparazione okara

Cosa fare con l’okara
Al pari di latte e tofu, anche l’okara di soia ha un gusto piuttosto insipido. Oltre a ciò, la consistenza fibrosa (di fibre è composta per la maggior parte) ne sconsiglia l’uso tal quale. Ma, come accennato, può rientrare in composti più complessi, cui dona consistenza e morbidezza insieme. Inoltre, proprio grazie al sapore neutro assorbe bene i condimenti aggiunti in lavorazione. Così, è possibile trasformarla in gustosi patè spalmabili o in snack croccanti, come nelle due ricette che vi proponiamo.

Crostini toscani all’okara. Sbucciate una cipolla rossa e tritatela con un ciuffetto di salvia. Trasferite il trito in un tegame, coprite d’acqua e lasciate appassire a fuoco medio. Quando l’acqua è del tutto evaporata, versate un filo d’olio e rosolate per qualche minuto. Aggiungete 200 g di okara tritata e cuocete per 10 minuti. Bagnate con 2 cucchiai di salsa di soia e, dopo un paio di minuti, unite un bicchiere di Vin Santo. Lasciatelo evaporare e aggiungete un cucchiaio di passata di pomodoro. Cuocete ancora per 5 minuti e unite 50 g di olive nere e 50 g di capperi sotto sale, dissalati. Tritate con un frullatore a immersione, regolate se occorre di sale e pepate. Servite con pane toscano affettato, abbrustolito e leggermente bagnato di Vin Santo. Per 4 persone.

crostini toscani all'okara

Cracker di okara. In una ciotola, impastate 100 g di okara con 50 g di farina di frumento e un pizzico di sale. Aggiungete una manciata di semi a piacere (sesamo, lino, papavero) oppure erbe aromatiche fresche tritate o secche, come origano o rosmarino. Compattate bene l’impasto, poi stendetelo con il mattarello su un foglio di carta da forno, steso su una placca, in una sfoglia sottile (2-3 mm). Incidete la pasta con una rotella o un coltello per ottenere losanghe regolari (foto in basso).

ritagliare cracker okara

Spennellate la sfoglia ottenuta con un velo d’olio e infornate la placca a 200° per 15 minuti. Sfornate, lasciate raffreddare e spezzettate i cracker.

cracker di okara

In alternativa, potete ricavare lunghe strisce, per fare una sorta di larghi grissini. Sono ottimi accompagnati con un hummus di ceci o una maionese, anche vegana, quindi realizzata con il latte di soia: quando si dice cucina circolare!

Francesca Romana Mezzadri
Giugno 2023

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