Nonostante l’avvento di capsule e cialde abbia rivoluzionato il modo di fare il caffè a casa, la tradizionale moka resta presente in ogni cucina italiana. Infatti le miscele per questo piccolo “elettrodomestico” sono ancora le più vendute in Italia e la caffettiera in alluminio resta un totem del design italiano. Se facciamo un tuffo nel passato scopriamo chi ha inventato la macchinetta del caffè: si tratta, infatti, del milanese Luigi Bezzera che ebbe questa brillante idea nel 1901. Il brevetto passò poi nelle mani di Desiderio Pavoni che con la sua ditta produsse a lungo macchine del caffè in serie, una al giorno, fino al momento in cui vennero inventati strumenti tecnologicamente più avanzati, opera ancora una volta del “genio” italiano, in particolare di Gaggia. Poi arrivò il momento della Moka Express, nel 1933, inventata da Alfonso Bialetti a Omegna e avviata in produzione dal figlio Renato nel 1946. Ma quanti sanno come si fa a ottenerne il meglio? Scopriamolo insieme
Quale caffè
Il primo imperativo è comprare una miscela dedicata alla moka, ossia con la granulometria giusta per la caffettiera. Non è un’inezia: se si usasse una miscela troppo fine (come quella definita “per espresso”), il sapore del caffè risulterebbe troppo amaro e bruciato, perché i microgranuli ostacolano il passaggio dell’acqua e la moka ha una pressione inferiore rispetto a una macchina per espresso. Al contrario, una macinatura troppo grossa (come quella del caffè americano) lascerebbe passare l’acqua troppo velocemente, conferendo alla bevanda un sapore acquoso, un colore sbiadito e poco corpo. Questo perché l’acqua non riuscirebbe a estrarre tutte le sostanze e i profumi del caffè. Altro discorso è la scelta del tipo di caffè che invece segue il gusto personale. Le varietà coltivate per essere commercializzate sono due: l’Arabica (Coffea arabica), originaria dell’Etiopia, dal sapore dolce ed aromatico con una nota leggermente acidula, e la Robusta (Coffea canephora) originaria dell’Africa occidentale, dal contenuto di caffeina maggiore e dal sapore più amaro e deciso. In ogni caso, per un caffè d’artista, non si può prescindere da un caffè di buona qualità e fresco; il top sarebbe acquistare caffè in chicchi da macinare al momento. Occhio anche alla conservazione del caffè: meglio tenerlo in frigorifero, in un contenitore ermetico. E’ bene evitare che il barattolo del caffè rimanga aperto all’aria a lungo o che stia vicino a fonti di calore o di luce, fattori che compromettono bontà e fragranza anche delle miscele top quality.
Quanto conta l’acqua
Come per la pizza o il pane, anche per ottenere un buon caffè il fattore acqua è fondamentale. Lo sanno bene quei napoletani che sostengono che fuori da Napoli il caffè “non è cosa”. Manuel Terzi, del CoffeLab di Bologna, consiglia di utilizzare soltanto acqua minerale naturale leggera (ossia a basso residuo fisso). Quanta? L’ideale è che arrivi appena sotto la valvola di sicurezza, né a livello né sotto.
Come usare la moka
Riempita la moka con l’acqua, si passa a metterci il caffè. Quanto? L’ideale è che superi di poco il bordo del filtro senza creare una montagnetta; nel caso la si può livellare con la lama di un coltello. La miscela va versata nel filtro con un cucchiaino, senza pressarla (sennò si rallenterebbe troppo la risalita dell’acqua).
Occhio al fuoco!
Il caffè è figlio del fuoco. Difatti, così nero e bollente, è stata considerata una bevanda diabolicamente eccitante. Mitologia a parte, in effetti il calore è fondamentale per una buona tazzina. Quando la moka è pronta, va posizionata su una fiamma bassa (attenzione che non lambisca i fianchi della caldaia ma ne resti al di sotto) così che l’acqua arrivi ad ebollizione lentamente e abbia il tempo di raccogliere tutti gli aromi e i profumi del caffè. Al contrario con un’ebollizione troppo repentina si rischia di bruciare gli aromi del caffè, rendendolo amaro e imbevibile. Un trucco efficace: tenere sempre il coperchio della caffettiera aperto. Così il caffè non si surriscalda. Pochi istanti dopo aver avvertito i primi gorgoglii provenire dalla moka (la cosidetta “fase vulcanica”) si deve spegnere il fuoco. E il caffè è pronto per essere versato nelle tazzine. Se si lascia gorgogliare la moka troppo a lungo il caffè prende un aroma di bruciato. Prima di versare il caffè nelle tazzine è meglio mescolarlo perché così si ottiene una temperatura omoogea tra il primo caffè uscito, che è a circa 70° C di temperatura ed è più acido ed aromatico, e i successivi, che sono via via più caldi e amari. In altre parole, se non si mescola il caffè nella moka, la prima tazzina che si versa è quella dal sapore più dolce e meno bollente.
L’arte della manutenzione della macchinetta
Uso dopo uso, inevitabilmente la moka accusa i segni dell’età. Per un efficace lifting, bisogna resistere alla tentazione di lavarla con detersivi profumati e fortemente aromatici (ancora peggio metterla in lavastoviglie). Per la pulizia quotidiana basterà sciacquare le parti della caffettiera con acqua corrente tiepida del rubinetto. Per evitare formazione di muffa e odori sgradevoli la caffettiera va riassemblata solo quando i pezzi sono tutti perfettamente asciutti. Di tanto in tanto si può effettuare una pulizia approfondita mettendo un po’ di acqua e bicarbonato di sodio nel serbatoio e sistemando la macchinetta sul fuoco del fornello fin quando la soluzione liquida non fuoriesce nella parte superiore. Bisogna ripetere un paio di volte l’operazione solo con acqua per risciacquare eventuali residui: questo metodo basterà per sgrassare detergere e deodorare la caffettiera.
E l'espresso?
Intanto, il vero caffè espresso italiano tradizionale viene candidato a patrimonio immateriale dell'Unesco. A promuovere l'iter è il Consorzio del Caffè Espresso Italiano Tradizionale (CTCEIT), che in questo modo vuole contribuire a tutelare e proteggere la cultura e la tradizione dell’Italia, terzo Paese al mondo (dopo la Germania e Belgio) per i volumi di esportazione di caffè. A sostegno della candidatura il CTCEIT ha previsto un tour nei locali storici delle principali città italiane, per insegnare come si prepara il vero caffè espresso italiano, trasformare ogni barista in un ambasciatore del gusto, favorire il dialogo con i portatori di interesse sul valore culturale e sociale del caffè: tradizione, gestualità, memoria e condivisione.
Le 5 regole del vero espresso
Il Consorzio, insieme al Comitato Italiano del Caffè e all’INEI ha sviluppato il Primo Disciplinare del Caffè Espresso Italiano Tradizionale, per stabilire le buone regole per ottenere il vero espresso italiano nei bar o nelle caffetterie. Le variazioni sul tema possono essere molteplici: lungo, corto, macchiato, schiumato, nociolato, etc., ma le regole base su cui non si transige sono cinque.
- Caffè in grani macinati al momento: dopo 15 minuti dalla macinazione infatti, il caffè perde il 65% dei suoi aromi. Va quindi usato unicamente il caffè in grani che dovrà essere macinato con una grammatura che può variare tra i 7 e i 9 gr., avendo cura di farlo rimanere nel dosatore il minor tempo possibile.
- L’estrazione della bevanda: il tempo di contatto fra acqua e caffè è ciò che influenza l’estrazione delle componenti aromatiche presenti all’interno del chicco. Il tempo di erogazione ideale è tra i 20 e i 27 secondi.
- L’aroma: se sentiamo la necessità di aggiungere molto zucchero significa che il caffè non è stato preparato correttamente o che sono stati trascurati alcuni passaggi di pulizia, oppure che non è stato usato un prodotto di qualità.
- Come deve essere servito: il contenuto in tazzina dovrà essere tra i 13 e i 26 g. ad una temperatura tra i 90°C e i 96°C (ma per questo dobbiamo affidarci al nostro barista di fiducia). Il caffè dovrà essere servito preferibilmente in tazzine di porcellana.
- La crema: il Caffè Espresso Italiano Tradizionale per essere considerato tale si dovrà presentare con una crema uniforme e persistente per almeno 120 secondi dal termine di erogazione della bevanda non rimescolata.
Il caffè come musa ispiratrice
Chi lo dice che solo una donna può essere d'ispirazione per artisti e poeti o musicisti? Il caffè, ad esempio, è stato, ma lo è tutt'ora musa di tanti. Il famoso compositore Johann Sebastian Bach, ad esempio, lo amava talmente tanto al punto da dedicargli la Kaffeekantate, eseguita a Lipsia, in Germania, tra il 1732 e il 1735. Ma poi non manca "il caffè su tela", ovvero una tazzina di caffè spesso raffigurata anche in opere molto famose di celebri pittori come. "La fine della colazione" di Auguste Renoir oppure a "La coppia seduta al Caffè" di Edouard Manet. Insomma, si tratta di una passione ampiamente condivisa tra alcune delle menti più illustri della storia occidentale.
Che fare, infine, se dovesse avanzare del caffè? Le possibilità sono molteplici: possiamo preparare del liquore, impiegarlo per per creare un aroma, oppure unirlo all’impasto per preparare torte e biscotti. Insieme a pepe nero o zucchero di canna è ottimo per marinare le carni, mentre amalgamato con l’olio di oliva si trasforma in un valido scrub per il corpo. Insomma il caffè è un vero e proprio protagonista, su tanti fronti. Dall'arte al cibo al benessere non manca mai. Anzi vi diremo di più, se siete curiosi di vedere la vostra vita futura, esiste l'arte sulla caffeomanzia, quella che interpreta i fondi del caffè.
Un po' di dati
In Italia, nel Settore Caffè (Fonte Comitato Italiano Caffè), operano più di 800 torrefazioni con circa 7.000 addetti, 150.000 pubblici esercizi che somministrano il caffè espresso italiano tradizionale.
I consumi annuali pro capite di caffè nel 2018 sono di 5,9 kg, in aumento (5,3%) rispetto al 2017. Il 95% lo beve abitualmente, da gustare principalmente tra le mura domestiche (92%) o al bar (72%). Il 58% dice di berlo per trovare la carica necessaria ad affrontare la giornata e il 77% di chi beve caffè lo fa tutti i giorni appena sveglio. Il caffè però è anche un momento di relax (53%) e al contempo un piacere (47%) e un rito (37%) da consumare insieme agli altri. (Fonte: Coffee Monitor 2018, Nomisma).
Di Manuela Soressi
Aggiornato da
Mariacristina Coppeto - Elena Strappa