Le bottiglie migliori escono dalla cantina e, in cucina, diventano ingredienti pregiati capaci di donare ai piatti profumi, aromi e sapori unici
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Dalla cantina ai fornelli, cucinare con il vino significa utilizzare bianchi, rossi, spumanti e vini liquorosi come ingredienti che, in dosi piccole o più generose, sanno donare ai piatti profumi, aromi e sapori particolari. Tante le tecniche, dalle lunghe marinature alle sfumate veloci. Anche se non sempre sappiamo quale usare e come impiegarlo per sfruttarne al meglio le caratteristiche. Vediamolo insieme, con il nostro vademecum, trucchi e consigli.
Quando si usa Come detto, il vino può rientrare in diversi fasi delle preparazioni. A cominciare dalla marinatura degli alimenti prima della cottura (foto in basso), con la funzione di insaporirli e veicolare le sostanze aromatiche presenti in erbe e spezie.
All’inizio delle cotture, si usa per sfumare, ovvero “spegnere” un soffritto o interrompere una rosolatura (foto in basso) facendo in modo di abbassare il calore (quindi evitando di bruciare gli ingredienti) e al contempo rilasciando i suoi sentori al fondo di cottura di arrosti, scaloppine, filetti di pesce.
Può arricchire o diventare esso stesso il liquido di cottura principale della ricetta, caratterizzando fortemente salse e sughi. In questo caso, può essere lo stesso vino della marinata, filtrato.
Un errore da evitare Per capire quale vino usare in cucina, vi diciamo subito... quale non usare: quello cattivo! Spesso, quando si apre una bottiglia che non ci piace o che presenta difetti, la tentazione è di metterla accanto al piano cottura per “riciclarla” alla prima occasione, per bagnare un risotto o insaporire uno spezzatino. Niente di più sbagliato: lungi dallo smorzarle, la cottura non farà che accentuare le pecche. Il rosso che tende all’aceto diventerà ancora più acido, il sentore di tappo che guasta un bianco invaderà il sauté di vongole, l’eccesso di tannini renderà astringenti le salse, e così via.
I vini giusti Abbiamo capito, dunque, che la prima regola è usare vini di qualità. Questo non significa, per forza, andare in cerca di etichette rinomate e invecchiamenti importanti. Si può tranquillamente lasciare agli chef di alta cucina l’utilizzo di grandi Amaroni, Baroli d’annata, spumanti Riserva millesimati. A casa sarà perfetto un vino di buona fattura selezionato nel reparto enoteca di un supermercato fornito.
Se le quantità sono minime - un bicchiere o poco più - possiamo tranquillamente “rubarlo” dalla bottiglia che porteremo in tavola per accompagnare il menu. A questo proposito, è buona regola abbinare al piatto lo stesso vino impiegato per cucinare soprattutto quando l’alcol caratterizza molto la ricetta, come nel brasato o nel coq au vin francese (foto in basso), il gustoso pollo in casseruola con pancetta, cipolline e funghi. In questo caso, è possibile impiegare una qualità più economica per cucinare, stappando la corrispondente bottiglia di pregio per gli ospiti.
Per quanto riguarda la tipologia, naturalmente dipende dalla ricetta. I vini rossi corposi sono indicati in genere per la cottura di carni rosse e selvaggina, in particolare stufati e brasati, e nel ragù (in basso).
I rossi più giovani e beverini, come i novelli, non disdegnano alcuni piatti a base di pesce, in particolare il polpo e alcune zuppe, e persino qualche dessert, come le pere cotte (foto in basso).
I bianchi secchi sono un classico nei risotti e in molti sughi per la pasta, in arrosti e scaloppine, con pesce e crostacei, nel fondo in cui si fanno aprire i molluschi (in basso) e nelle ricette a base di verdure.
Gli spumanti e gli champagne sono l’ideale per risotti raffinati e ricette eleganti a base di prodotti pregiati come tartufo, astice e aragosta, ma anche per gli aspic salati e dolci in cui una gelatina al vino racchiude ingredienti a piccoli pezzi.
I vini dolci, fermi o frizzanti, si usano in pasticceria nella preparazione di dessert, budini, bavaresi e creme, come lo zabaione (foto in basso).
I passiti liquorosi possono essere impiegati anche in preparazioni salate come vellutate, fondute di formaggi, piatti di carne rossa o maiale e crostacei. Ma anche nella preparazione dei paté, cui doneranno una nota dolce ed elegante di frutta matura.
Come si usano Se le dosi le fa la ricetta, ci sono comunque alcuni accorgimenti da tenere presenti. Il primo è fare evaporare l’alcol che darebbe al piatto note spinte (appunto, alcoliche) poco gradevoli: bastano pochi minuti a fiamma vivace.
Se il vino scelto è particolarmente ricco di profumi e complessità gustativa, queste caratteristiche si possono accentuare ed esaltare facendolo ridurre in un pentolino a parte prima di unirlo alla pietanza in cottura. Se nella fase della riduzione si uniscono altri ingredienti, come miele, zucchero, scalogno o erbe aromatiche, si ottiene una vera e propria salsa capace di impreziosire anche un semplice filetto alla griglia (foto in basso).
Attenzione all’acidità: quella “positiva” peculiare di molti vini (non quella dovuta a un difetto) non si attenua con la cottura, anzi, ma si trasferisce alla preparazione, donando freschezza. Occorre comunque bilanciarla: ciò avviene grazie all’impiego, nella ricetta, di grassi (burro, olio) e amidi (riso, pasta). Grazie a queste accortezze, il vino contribuirà alla sinfonia di sapori dei piatti, rendendoli davvero speciali.