Dici burrito e subito pensi alla cucina messicana e a quella tex-mex, nata nel sud degli Stati Uniti e diffusa in tutta l’America. Si tratta, a ben guardare, di una preparazione di street food affine alle nostre piadine e ai tanti pani piatti, dalle pite mediorientali ai naan indiani, presenti nelle culture di tutto il mondo e utilizzati come accompagnamento o come vera e propria portata, farciti dagli ingredienti più variegati.
Se la parola burrito ci è familiare, a volte ci confondiamo con altre preparazioni come taco o tortilla. Facciamo allora un po’ di chiarezza.
Tortilla (foto in alto) è il termine generico usato per descrivere una varietà di focacce originarie dell’America centrale. Si tratta, come accennato, di un pane piatto non lievitato, cotto su una piastra o fritto. Le tortilla possono essere a base di farina di mais, più gialle, o di frumento, più chiare. Quelle di grano possono essere ammorbidite con poco strutto o olio e, rispetto a quelle di mais, oltre a essere in genere più grandi risultano più flessibili anche grazie al glutine. A seconda di come sono completate, le tortilla prendono nomi diversi. Partiamo proprio dai burrito: morbidi, farciti e arrotolati in una sorta di grossi involtini cilindrici.
Simili ai burrito le enchilada (foto in alto), che sono in genere ripassate al forno. Le quesadilla sono piegate a triangolo e ripiene di formaggio.
I taco (foto in alto), infine, sono piegati a mezzaluna, fritti assumendo una consistenza rigida e farciti.
Le radici del burrito risalgono a migliaia di anni fa: già nel 10.000 a.C. le popolazioni che vivevano nell’odierno Messico utilizzavano dischi di mais per avvolgere i cibi, precursori dei moderni piatti a base di tortilla. La ricetta del burrito inizia a prendere piede con la rivoluzione messicana nei primi anni del Novecento grazie, sembra, a un venditore ambulate di nome Juan Mendez della provincia di Chihuahua, dove il grano cresce meglio del mais e le tortilla erano il cibo quotidiano di contadini e agricoltori. Mendez ebbe l’idea di servire le sue specialità all’interno di una tortilla per mantenere calde le pietanze e permettere ai passanti di gustarle in modo più agevole. Il grande successo avrebbe spinto Mendez a passare il confine per andare a vendere la sua specialità negli Stati Uniti, a bordo di un asino: si dice così che furono proprio gli asinelli (burritos in spagnolo), graziosi e paffutelli, a ispirare il nome di questo piatto altrettanto rotondo, semplice e benvoluto.
Il burrito fu citato per la prima volta, come tipico cibo messicano, nel 1958 dal quotidiano californiano Los Angeles Times. Lo stesso anno il termine entrò ufficialmente nell’Oxford English Dictionary. I primi burrito erano molto semplici, il ripieno conteneva poca carne (manzo o pollo), qualche peperoncino, cipolle e i refrito, i tradizionali fagioli stufati e poi fritti che sono un caposaldo della cucina povera messicana.
In seguito, i burrito si sono modificati e arricchiti con riso, salse come il guacamole (foto in alto), pomodori, lattuga, formaggio, tagli di carne più nobili, trasformando un piatto in origine povero in una vera prelibatezza. Oggi, nella West Cost il burrito è la tipica colazione dei californiani, che non esitano a inserire all’interno il connubio “eggs&bacon” (uova e pancetta). Queste golosità arrotolate sono diffuse in tutto il mondo, rivisitate anche dal fine dining che ne propone versioni farcite anche con ingredienti di altri paesi, come l’esotico pollo alla thailandese o la kielbasa, la salsiccia affumicata polacca.
I dischi di pane si trovano già pronti e confezionati in tutti i supermercati. Ma se volete preparare le tortilla in casa il procedimento è piuttosto semplice in quanto si tratta di un impasto di farina, acqua, sale e olio. Dal nostro archivio, abbiamo selezionate ricette creative, diverse per ingredienti e colori. Vi proponiamo un impasto integrale, per 4 persone, che si prepara miscelando 110 g di farina integrale con 110 g di farina 00 e una presa di sale e impastando con un filo d’olio e circa 2,5 dl di acqua (la quantità può cambiare a seconda della qualità della farine), finché risulta liscio e omogeneo. Per l’impasto di mais abbiamo scelto di usare farina di mais bianco. Per 4 persone, impastate 225 g di farina di mais bianco precotta (si trova nei negozi di specialità internazionali) con circa 3 dl di acqua (anche in questo caso, la quantità può cambiare a seconda della farina), un filo d’olio e un pizzico di sale. Per farle verdi, diminuite un po’ la quantità di acqua e aggiungete 100 g di spinaci puliti, lessati, strizzati e tritati. Se volete tortilla rosse, sostituite agli spinaci un pezzetto di barbabietola frullata. Per ottenere un bel giallo intenso, aggiungete una bustina di zafferano o una presa di curcuma. Ottenuto l’impasto scelto, avvolgetelo in pellicola e fatelo riposare 15-20 minuti. Poi dividetelo a pezzi, stendetelo a dischi e cuoceteli su una piastra o una padella antiaderente ben calda, velata d’olio, 2-3 minuti per lato.
E veniamo, infine, al nostro burrito. Scelto l’involucro esterno, possiamo attenerci alla tradizione oppure mettere in moto la creatività nelle varie preparazioni. La nostra ricetta classica (nella foto in alto) prevede, come detto, una farcitura composta da carne, nel nostro caso manzo a cubotti, verdure e fagioli neri che sono ridotti in purea grossolana, e si può accompagnare con un guacamole oppure con panna acida, oltre a erbe come coriandolo, menta e prezzemolo.
Potete sbizzarrirvi con molte varianti inserendo pesce, bacon, maiale, giocare con le spezie come nel nostro burrito di manzo con salsa tomato (foto in alto) in cui la carne è profumata con chiodi di garofano e cannella, oppure creare una versione vegetariana inserendo riso e verdure di stagione. Basterà prevedere un tocco piccante, qualche rondella di peperoncino verde jalapeño, una dadolata di cipolla rossa e sarà subito Messico!
Francesca Romana Mezzadri
Ha collaborato Elena Aliotti
Foto di apertura Freepik