Una grigliata di pesce è una delle poesie dell'estate (se vuoi due dritte perché sia portentosa, guarda qui!). Il pesce buono e salutare - e non si butta via nulla, perché anche il pesce ha il quinto quarto. Ma prima prima di occuparci della cottura, dobbiamo occuparci dell'acquisto. E qui possono iniziare i guai, perché può capitare che l’aspetto fresco e invitante di orate e spigole, tonni e salmoni, pesci spada e alici si debbano a (spesso illecite) operazioni di maquillage.
Il pangasio dell'inquinatissimo Mekong che si finge cernia è purtroppo molto più comune di quanto ci piaccia pensare e, se è vero che pochi anni fa è stato messo a punto dall'universotà di Siena un sistema, Fish Track, proprio per smascherare il pesce truccato, è bene che noi consumatori siamo consapevoli di questi “trucchi” usati per aumentare la vita del pesce fresco e migliorarne l’aspetto ai nostri occhi.
Trucco e parrucco “waterproof”
Come un attore che prima di andare in scena si sottopone a lunghe sedute di trucco per assomigliare al personaggio del copione, anche il pesce è sempre più soggetto a sofisticate sedute di trucco prima di essere esposto sui banchi delle pescherie o nei freezer del reparto surgelati. In alcuni casi si tratta di trattamenti consentiti dalla legge. Come accade per l’acqua ossigenata (perossido di idrogeno) che dona una colorazione più bianca e lucente ai molluschi cefalopodi (come polpi, totani, seppie e calamari). Vietata fino a poco tempo fa, da poco questa pratica è stata nuovamente permessa nei prodotti congelati, venduti sia “sottozero” che decongelati: il ministero della Salute ha consentito di usare una miscela composta da acqua ossigenata (in concentrazione massima dell’8%), acido citrico e citrati di sodio (massimo il 15% ciascuno). Ma non c’è modo l’obbligo per produttori e venditori di dichiararne l’utilizzo, perché la legge non considera l’acqua ossigenata un additivo ma un semplice coadiuvante tecnologico.
Occhio all'etichetta
Si possono invece cercare in etichetta, poiché sono annoverati tra gli additivi, sia l’acido citrico (indicato dalla sigla E330) che i citrati di sodio (E331), sostanze antiossidanti che servono a far sembrare i prodotti ittici più freschi, perché rallentano l’irrancidimento dei grassi e l’imbrunimento del colore. Sulle etichette dev’essere anche segnalato l’eventuale uso di solfiti, a cui si ricorre per evitare l’annerimento della testa dei crostacei, uno degli “inestetismi” meno tollerati dai consumatori. In questo caso è obbligatorio segnalarne l’utilizzo perché queste sostanze sono classificate tra gli allergeni alimentari e, nei soggetti predisposti, possono causare mal di testa o reazioni allergiche. Gli additivi devono essere indicati nelle etichette, dove si riconoscono facilmente perché sono presentati con la lettera “E” seguita da un codice numerico. Non sono sempre dei nemici: spesso sono utili per garantire la sicurezza di quello che mangiamo. E indispensabili se desideriamo mangiare cibi che si conservino molto più a lungo del loro ciclo naturale.
Il filetto gonfiato
Più pesa e più costa. Concetto semplice e anche corretto se la consistenza dei filetti è naturale. Invece è in voga la pratica di “dopare” varie specie ittiche con polifosfati che hanno l’effetto di trattenere l’acqua, aumentando il peso mediamente del 20%, ma anche del 50% in alcune specie come i cefalopodi. La brutta sorpresa per chi magari ha acquistato una sogliola trattata in questo modo pagandola a caro prezzo si avrà al momento della cottura, quando il pesce si sgonfierà.
Altro stratagemma per accrescere il peso, e quindi il costo del pescato, è la glassatura dei pesci congelati. Secondo gli esperti già un 10% è sufficiente a proteggere le carni dalle scottature del freddo, ma alcuni prodotti arrivano ad avere glassature del 60-70% rispetto al volume effettivo del pesce, tutta massa che si paga ma che svanisce al momento del disgelo.
Non dimentichiamo infine che, a monte dei problemi di possibili frodi e maquillage, c'è quello urgente dell'iper-sfruttamento del mare: è davvero molto, molto importante comprare solo le specie sostenibili, di ottimo pesce nostrano troppo spesso ancora dimenticato.
Manuela Soressi
aggiornato da Stella Rita
giugno 2018