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Coniglio in porchetta, storia di una tradizione marchigiana

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Succulento e verace, è tra i piatti di carne più tipici delle Marche, dove la cucina di terra conserva ricette di autentica tradizione popolare

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La cucina marchigiana dell'entroterra è rimasta profondamente radicata ad una civiltà storicamente rurale, un tempo costituita prevalentemente da mezzadri e contadini. Figura centrale di quella società agricola era la vergara, la massaia che si occupava dell'economia domestica. Elaborava piatti robusti, schietti, "di sostanza", caratterizzati dal sapiente utilizzo di ciò che era disponibile. Così, se i primi erano perlo più zuppe di verdure e legumi (la pasta fatta in casa riservata alle feste), i pochi piatti di carne erano a base dei cosiddetti animali da cortile. Le carni bianche sono infatti molto presenti nella gastronomia marchigiana, dal pollo al coniglio in particolare, interpretato in una gran varietà di ricette tradizionali: il tipico potacchio (a pezzi e cotto in padella con un sughetto di pomodoro), con le olive o con le cipolle (a Offida), fino allo straordinario coniglio porchettato. La preparazione "in porchetta", comune ad altre regioni del Centro Italia, di solito viene riferita al maialino da latte arrostito, farcito con spezie e finocchietto selvatico. Nelle campagne marchigiane di un tempo, il maialino era però il "piatto del padrone" e le vergare si ingegnarono a cucinare nello stesso modo la carne di coniglio, più abbordabile, farcita con un battuto delle sue stesse rigaglie rosolate (fegato, cuore, polmoni), cotiche di maiale sbollentate (o pancetta, se disponibile) e finocchietto. Questa erbetta spontanea dal profumo intenso e quasi piccante che cresceva abbondante in campagna anche ai margini delle strade è la principale responsabile del gusto caratteristico di questa e altre specialità regionali. Con buona pace della norcineria laziale e umbra, nelle Marche il finocchietto profuma anche lumache sia di terra (le "cucciole") sia di mare, oltre a olive sott'olio e biscotti. Se lo scopo originario del finocchietto era di stemperare il gusto un po' selvatico del coniglio, l'utilizzo di lardo, pancetta o altri tagli secondari di maiale presenti in quasi tutte le tante varianti della ricetta serviva a renderlo più morbido, saporito e succoso: la sua carne è infatti tra le più magre e il rischio è di ritrovarsi con un arrosto troppo asciutto e stopposo dopo la cottura al forno.

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