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Cioccolato: una storia italiana

Simbolo di qualità e innovazione gastronomica, apprezzato in tutto il mondo. Ecco come si è sviluppata in Italia la cultura del cioccolato, tra innovazioni e storia

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Il cioccolato ha una lunga e affascinante tradizione in Italia, dove è diventato simbolo di qualità, innovazione e passione gastronomica. La storia del cioccolato italiano inizia con l’introduzione del cacao nel XV secolo, portato dalle prime esplorazioni europee nel Nuovo Mondo. Nel corso dei secoli, l’Italia ha saputo adattare e perfezionare le tecniche di lavorazione, dando vita a una varietà di prodotti unici, dalle praline alle tavolette, fino al celebre gianduiotto piemontese. Ma la cultura del cioccolato in Italia non è solo una questione di gusto, ma anche di tradizione. Sono tanti i luioghi che hanno dato il loro contributo all’arte dolciaria, rendendo il cioccolato italiano uno dei più amati e rispettati al mondo. 

Torino e il Piemonte

L’introduzione del cioccolato come bevanda a Torino è legata allo spostamento della capitale del Ducato di Savoia da Chambéry alla città piemontese, avvenuto nel 1563. Le nozze tra Carlo Emauele I di Savoia e Caterina Michela di Spagna nel 1585 permisero alla corte sabauda di conoscere ben presto con la bevanda tanto che il consumo di cacao si era consolidato già a metà del secolo successivo. Una data fondamentale per comprendere la storia del cioccolato è il 1806, quando Napoleone Bonaparte decreta il blocco continentale per impedire il commercio delle navi britanniche tra le Americhe e l’Europa. Il prezzo del cacao si impennò a causa della scarsità di materia prima. Nel 1813 Antonio Bazzarini, letterato di origini istriane, manda alle stampe un pamphlet dal titolo che non lascia dubbi d’interpretazione: Piano di sostituzione al cioccolato e al caffè. Suggeriva di usare nocciole, mandorle, lupini e granoturco utilizzando solo un terzo di cacao per far diventare il pezzo gradito e fragrante, il rende altresì più solido e più somiglievole anche nell’esteriore all’usual più perfetto. Un surrogato in piena regola che venne preparato per la prima volta dal giovane valdese Michele Prochet nel 1852 e battezzato Gianduia nel 1867. Da allora molte realtà, anche artigianali, continuano la tradizione del cioccolato nel capoluogo piemontese. Nel frattempo al Caffè Bicerin era stata messa a punto l’omonima preparazione a base di caffè, cioccolato e crema di latte. Dalla elaborazione del cioccolato gianduia prenderà spunto la crema al cacao più famosa al mondo, la Nutella, nel 1946.

Dove e cosa assaggiare:
Pasticceria Ghigo, Via Po 52. Cioccolata in tazza
Caffè Confetteria Al Bicerin, Piazza della Consolata 5. Cioccolata in tazza
Pfatisch, Via Paolo Sacchi 42. Praline

Repubblica di Venezia

L’antica vocazione turistica di Venezia ha sempre avuto un occhio di riguardo nei confronti degli esotismi, che rendevano la città più affascinante agli occhi dei viaggiatori. Così anche la cioccolata meritò la sua bella segnalazione in una delle prime guide dedicate ai visitatori di allora, scritta dal frate cartografo Vincenzo Maria Coronelli (1650-1718). In Calle delle Acque, che ancora oggi esiste in direzione San Marco dopo la chiesa di San Salvador, si potevano trovare le migliori cioccolate, caffè, acque gelate e rinfrescative. Testimonianza di questo interesse per la cioccolata sono gli aristocratici seduti intorno a un sofà, soggetti de Cioccolato al mattino di Pietro Longhi (1701-1785), e il Cavaliere ne La Locandiera di Carlo Goldoni, che la gustava al Caffè dell’Abbondanza. Nella Venezia del Settecento celebre consumatore era anche Giacomo Casanova al Caffè Florian. Pare che il grande seduttore fosse a sua volta sedotto dalla cioccolata e nei riti di corteggiamento un posto privilegiato avevano gli omaggi di cioccolata, convinto dei suoi poteri afrodisiaci. 

Dove e cosa assaggiare:
Pasticceria Dal Mas, Rio Terà Lista di Spagna 150. Cioccolata in tazza
Caffè Florian, Piazza San Marco 57. Tavolette, cioccolata in tazza

Bologna

La diffusione del cioccolato a Bologna è più recente e si deve in massima parte alla fondazione del Laboratorio di Teresa Majani nel 1796. Tuttavia non mancano indicazioni che il consumo di cioccolato fosse precedente di almeno un secolo. Infatti nei Diari del senato bolognese si evince che nel 1689 i principi Marco e Antonio Ottoboni, nipoti di papa Alessandro VIII, vennero accolti a Malalbergo da un’ambasceria bolognese con sorbetti e bevande di cacao.

Dove e cosa assaggiare:
Roccati, Via Clavature 17. Praline
Majani 1796, Via Brodolini 16. Tavolette 

Firenze e il Granducato di Toscana

La cultura del cioccolato ricevette un’impronta particolare alla corte dei Medici dove la preparazione della bevanda venne raffinata ai gusti del Granducato. Il cacao arrivò in Toscana nel Cinquecento, ma fu nel secondo Seicento quando i fiorentini dimostrarono così grande entusiasmo che fu avviata la nascita di un’industria cioccolatiera toscana proprio da parte del Granduca di Toscana Cosimo III. Appassionato dei piaceri della tavola, pare che a lui si debba la realizzazione del cioccolatte al gelsomino, un sodalizio del gusto la cui ricetta che prevede polvere di cacao, vaniglia, cannella e fiori di gelsomino aggiunti e poi tolti per dieci o dodici giorni di seguito entrò a far parte dei Segreti di Stato. Quell’antico interesse ha fatto nascere in tempi più recenti aziende cioccolatiere e ha ispirato importanti maestri tanto che l’area tra Prato, Pistoia e Pisa, un vero e proprio distretto della cioccolata, è noto con il nome di Chocolate Valley. Da Pontedera a Buti, da Agliana a Monsummano Terme passando per Cantagallo e Quarrata è tutto un fiorire di laboratori che celebrano questa antica tradizione.

Dove e cosa assaggiare:
Caffè Slitti, Monsummano Terme (PT). Tavolette
Pasticceria Mannori, Prato. Cioccolata in tazza
Catinari, Agliana (PT). Tavolette
TortaPistocchi, Via del Ponte di Mezzo 20, Firenze. TortaPistocchi e praline

Perugia

Ben più recente, ma altrettanto importante, è la presenza di Perugia tra le capitali del cioccolato italiano. La sua importanza non si deve alla presenza di aristocrazie né di antiche dominazioni straniere, ma all’intraprendenza di Luisa Spagnoli, compagna e socia in affari di Giovanni Buitoni insieme a Francesco Andreani e Leone Ascoli. Nel 1907 fondano la Perugina, fabbrica di confetti che nel 1915 inizia a produrre anche cioccolato. L’invenzione del Bacio, un ripieno di gianduia con al centro una nocciola e avvolto da uno strato di cioccolato fondente, diventa in pochi anni un fatto di costume e il cartiglio sul quale è riportata una citazione sull’amore un fatto di costume.

Dove e cosa assaggiare:
Augusta Perusia, Via Pinturicchi 2. Cioccolata in tazza e tavolette
Casa del Cioccolato Perugina, Viale San Sisto 207. Museo e praline

Napoli e il Regno delle Due Sicilie

Quando si pensi a Napoli, sono pizza e caffè i pezzi forti. Eppure nel 1771 risultava davvero ingente il consumo di cacao nel Regno di Napoli, triplo rispetto a quello del caffè come evidenziato dall’economista e avvocato Giuseppe Maria Galanti (Bilancio del commercio esterno del Regno). Solo nella seconda metà dell’Ottocento l’industrializzazione del cioccolato sotto forma di cioccolatini e barrette relegò la bevanda in secondo piano rispetto al caffè. Proprio nel gennaio di quell’anno la scrittrice inglese Lady Anne Miller annotò in un dettagliato resoconto che presso la Reggia di Caserta la regina Maria Carolina dopo le danze fu servita la cena di mezzanotte al termine della quale spiccava la cioccolata ghiacciata. Non è certo se fosse sorbetto o gelato, ma pochi anni il medico Filippo Baldini dà alle stampe De’ Sorbetti, e quello al cioccolato (che contiene zucchero, cannella e vaniglia oltre a cacao) viene definito il più eccellente con la capacità di nutrire e rimettere volentieri le perdute forze. La grande tradizione cioccolatiera del Regno delle Due Sicilie si impreziosì a Palermo dal 1803 al 1994 con la Cioccolateria Valenti e continua a Napoli nella storica fabbrica Gay Odin fondata da Isidoro Odin e dalla moglie Onorina Gay nel 1888. A Curti nel Casertano grazie alle praline di Anna Chiavazzo e a Reggio Calabria con Cristina Quattrone la saga continua nelle piccole botteghe.

Dove e cosa assaggiare:
Cioccolato Mario Gallucci, Vicolo Lammatari 38. Pralin
Fabbrica di Cioccolato Silva, Via Camillo Porzio 10. Tavolette

Modica

Discorso a parte merita Modica, che vanta l’unico cioccolato IGP italiano. La tradizione modicana è frutto della dominazione spagnola della Contea di Modica e ha la caratteristica di risultare grezzo e granuloso al palato grazie alla lavorazione del tutto artigianale detta a freddo. Infatti la trasformazione in barrette avviene scaldando la pasta di cacao tra i 35 e i 40 °C mantenendo i cristalli di zucchero pressoché intatti. Ciò ha inoltre una diretta conseguenza sul gusto, che risulta caratteristico del cioccolato di Modica IGP. La trasformazione dei semi di cacao in polvere avviene su un’apposita pietra, metate, e ad essi si possono accompagnare spezie o peperoncino o ancora agrumi o caffè. La percentuale di cacao è fondamentale per definirne il nome: dal fondente che contiene il 75% di cacao all’extrafondente con un tasso fino all’85%, l’extra amaro fino al 95% e il puro con una quantità di cacao superiore al 95%.

Dove assaggiarlo:
Antica Dolceria Bonajuto, Corso Umberto I 159, Modica (RG)
Antica Dolceria Rizza, Via Sacro Cuore 64, Modica (RG)
Sabadì, Corso San Giorgio 103, Modica (RG)

Riccardo Lagorio,
gennaio 2025

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