Il festival degli chef arriva a domicilio: a Milano dal 4 al 7 maggio si celebra Taste of Milano, quattro giorni di degustazioni, a prezzi competitivi, dei piatti di alcuni dei migliori ristoranti della città. La novità è che alcune pietanze griffate, in edizione limitata, arriveranno a casa via UberEATS. È la dimostrazione di un trend che prende piede – o bici, o auto, o moto! - e cioé quello dell’arrivo a casa dei piatti raffinati della cucina da ristorante.
A livello mondiale, il “food delivery” è un business da quasi 100 miliardi di euro all’anno, in crescita verticale. Sono tante le app – UberEATS, appunto, ma anche Deliveroo, Foodora e Just Eat - con cui ordinare i piatti preferiti. Da un paio d’anni a questa parte, il business si è rafforzato, appunto, per quanto riguarda il cibo d’alto livello: piatti di lusso fumanti davanti alla porta di casa, oggi anche nel Bel Paese, soprattutto in alcune città del nord come Milano e Torino, è possibile.
Nella capitale lombarda UberEATS, unica città italiana dove per ora è attiva, sono centinaia i ristoranti partner, da poco la zona di copertura, e la consegna è ora fino a mezzanotte. Non solo in casa, non solo in ufficio: la food delivery viene richiesta sempre di più anche in luoghi non convenzionali, dall’hotel alla clinica, ma anche in libreria e con l’arrivo della bella stagione in luoghi all’aria aperta. UberEATS, app usata in 60 Paesi al mondo per ordinare cibo a casa, ha ora una serie di nuove funzionalità: consigli personalizzati, filtri per la selezione dei piatti (tipo “velocità di consegna”, “prezzo” o “gluten free”), personalizzare la consegna (si possono inserire istruzioni molto precise per ricevere la consegna, anche in strada), ordini tracciati e ordini pianificati.
Nella manifestazione milanese in corso in questi giorni i piatti portati da Uber hanno porzioni da assaggio, “taste” appunto, e prezzi competitivi: dai 6 € ai 1 € (per un piatto che, a regime, ne costerebbe magari almeno 25 €). Due chef si cimenteranno in quattro creazioni in edizione limitata: Felice Lo Basso, chef del Townhouse Duomo di Milano e Andrea Provenzani, che nel 2002 ha aperto Il Liberty Milano,dove propone la sua cucina “ragionata prima con la pancia”. Gli abbiamo parlato.
“Sono naturalmente scettico sui piatti d’asporto da ristorante portati a casa. Prima era rilegato al cinese o alla pizza, ma il food delivery ora è cresciuto molto, non solo a livello di movimento, ma anche a livello tecnico” racconta Chef Provenzani. L’aspetto “tecnico” è in effetti fondamentale per un cibo che arriva da fuori e deve mantenere intatta la qualità, e i fattori tecnici importanti sono molteplici. “Il call center, la logistica della prenotazione che arriva a noi, la tempistica con cui il cibo viene portato a destinazione e il packaging, fondamentale per il mantenimento delle diverse temperature”.
Ma quali sono i piatti più adatti alla consegna a domicilio? “Ancora oggi consiglio sempre di scegliere piatti con poche componenti nello steso piatto, soprattutto nel verticale perché il prodotto tende leggermente muoversi “. Il piatto di Fassona piemontese all’olio aromatico di Rovato, presentato in occasione di Taste of Milano, con un battuto di verdure e la sua salsa sotto, e finito con coste alla liquirizia e cipolla dolce fondente come topping, è una delizia che per il mercato del food delivery gourmet è prematuro, perché idealmente i vari componenti vanno serviti in contenitori diversi, con caratteristiche differenti per la conservazione del caldo e del freddo. Ma la prova vale la pena, per sperimentare verso il futuro.
“Nell’evoluzione potrebbe essere preso in considerazione un piatto con componenti da assemblare casa, per gustarne appieno flagranza e temperature. Aver accorciato molto il tempo tra comanda e consegna è un passo gigantesco”. La relazione di fiducia tra chef e UberEATS, o chiunque curi la logistica, è cruciale affinché si vada nella stessa direzione. Andrea Provenzani considera questa esperienza un punto di partenza: con UberEATS ha trovato la giusta connessione per avvicinarsi a quel mondo – il food delivery – di cui era scettico.
E dopo il piatto, potrebbe essere la volta dell’intero chef! Esempi di cuochi che cucinano a casa tua ci sono già, riunita su piattaforme come Coquus, o no, freelance come per esempio Roberto e Miretta dell’Osteria la Pievina, ma è un business ancora poco organizzato. L’italiano Giorgio Riccò ha fondato a Parigi una start-up, Belle Assiette per prenotare uno chef a domicilio: in meno di cinque anni il servizio porta 800 chef nelle case di sei Paesi europei, Francia, Gran Bretagna, Germania, Svizzera, Belgio e Lussemburgo. Non ancora nel nostro: troppi ostacoli, dice il fondatore, in primis la burocrazia. Per il momento godiamoci i piatti gourmet che arrivano direttamente nella sala da pranzo preferita: la nostra!
Carola Traverso Saibante
maggio 2017