Un hashtag, un’intera giornata per ricordarla e difenderla (il Carbonara Day, che ricorre il 6 aprile) e tante tantissime dichiarazioni incrociate, ricette, ricostruzioni storiche e vere e proprie guerre di religione: è la pasta alla carbonara, inserita dal New York Times in vetta alla classifica delle 20 paste più amate e blasonate, considerata dal 18 per cento degli italiani (soprattutto uomini) il piatto del cuore e, come tutti i cibi (ma non solo i cibi) più amati catalizzatore di commenti e forum, articoli e smentite, falsificazioni e celebrazioni.
Puristi e non puristi
Ovviamente la pasta alla carbonara nella sua semplicità (e forse proprio per la sua semplicità apparente) presta il fianco alle mistificazioni e trovare qualcuno che la faccia veramente a regola d’arte non è cosa semplice. A offendere i puristi di questa ricetta non sono tanto le varianti sul tema originale, come la carbonara vegetariana o quella di mare, bensì tutte le storture che ne falsano la ricetta e la inquinano, snaturandola.
Ingredienti
Dunque il primo punto riguarda, banalmente, gli ingredienti, che s’hanno da essere quelli e solo quelli: guanciale (e non pancetta), pecorino (eventualmente misto a grana), uova, sale e pepe in grani. Guai a chi osa anche solo ipotizzare la cipolla o l’aglio, guai a chi ci infila a tradimento il cucchiaio di panna e guai anche e persino a chi propone un tipo di pasta che non si adegui. L’ultimo punto non è alla portata di tutti, tanto meno se si tratta di stranieri, ma è fin troppo chiaro ai nostri palati che ogni condimento vuole la sua pasta. Nel caso di sua maestà la Carbonara sono gli spaghettoni, anche se i puristi ammettono anche (storcendo un po’ il naso) qualche tipologia di pasta corta.
Questione di tecnica
E qui veniamo alla tecnica, sulla quale si dilunga persino il New York Times (tanto per farci capire come la carbonara sia ormai internazionale). Le uova devono essere a temperatura ambiente, il guanciale non necessita di olio poiché provvede già autonomamente a rilasciare il grasso (che va utilizzato), la pasta va fatta passare prima nella padella dove giace il guanciale rosolato e solo dopo va unita al misto uova/formaggio. Quest’ultimo è il passaggio fondamentale, riassunto in un ardito equilibrismo e in un movimento repentino. Si unisce infatti alla pasta il composto di tuorli e formaggio, amalgamando velocemente: la padella ancora tiepida e la pasta calda cuociono leggermente le uova rendendole cremose. Ma è cruciale essere velocissimi per evitare che il tuorlo si rapprenda e assuma la consistenza dell’uovo strapazzato.
Un po’ di storia
Sulla storia di questa ricetta ci sono molte versioni. Il primo riferimento alla carbonara (o quantomeno a una sua stretta parente) risale al “Trattato di Cucina Teorico-Pratica” di Ippolito Cavalcanti del 1837, ma come fa notare Davide Enia nel suo “Uomini e pecore” l’embrione della carbonara può essere riconducibile al cacio e ova abruzzese. Qualcuno però ipotizza anche una parentela americana: secondo questa teoria infatti sarebbe nata nel 1944 dall’incontro fra la pasta italiana e gli ingredienti della ‘Razione K’ dei soldati americani (tuorlo d’uovo in polvere e bacon), tesi supportata anche da Marco Guarnaschelli Gotti, autore della “Grande Enciclopedia della Gastronomia”. Last but not least, come raccomandano gli americani dalle colonne del New York Times, la carbonara va gustata velocemente poiché, essendo il risultato di un’alchimia delicata, a temperatura più fredda la magia della perfezione rischia di svanire come in un sortilegio.
Emanuela Di Pasqua,
gennaio 2019