A maggio il primo raccolto nel carcere San Michele ad Alessandria, poi la vendita nei circuiti equosolidali. Perché la camomilla "made in jail" è due volte buona
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Si moltiplicano a ritmo serrato le iniziative nelle carceri italiane legate all'agricoltura e alla gastronomia. I progetti, attivati per assicurare ai detenuti il reinserimento sociale una volta scontata la pena, permettono a noi di assaporare prodotti di qualità autentica e a loro di costruirsi dietro le sbarre un possibile futuro professionale. Così, se il panettone della pasticceria Giotto nel carcere di Padova è ormai un must del Natale più buono e il ristorante InGalera del carcere di Bollate vede aumentare le prenotazioni, l'esempio più recente arriva da Alessandria, dove il prossimo mese inizierà la raccolta dei fiori di camomilla piantati dai 300 detenuti della casa circondariale San Michele.
Fiori oltre le sbarre Ma come nasce la camomilla "made in jail"? Tutto è iniziato da Altromercato, il circuito del commercio equo e solidale, che si è trovato all'improvviso senza fornitore di camomilla. All'appello ha risposto la cooperativa sociale Coompany, che si occupa del reinserimento dei carcerati nel mondo del lavoro: ha proposto a Elena Lombardi Vallauri, (ora ex) direttrice della casa circondariale San Michele, di bonificare 18mila metri quadrati lungo le mura della casa di reclusione per creare una eco-fattoria con una piantagione di camomilla su un ettaro di superficie, ma anche 350 alberi da frutto, un orto con frutta e verdura e 20 arnie con oltre un milione di api. Il fiore all'occhiello dell'iniziativa è sicuramente l'ettaro piantato a camomilla che, insieme a un'analoga superficie nelle carceri di Biella e Trento, rappresenta la maggiore coltivazione in Italia.
Nei negozi Altromercato Il primo appuntamento importante per i detenuti-agricoltori è quello del raccolto a maggio, poi gli estratti saranno messi in vendita attraverso i negozi Altromercato e l'azienda Valverbe. Gli obiettivi successivi saranno di raddoppiare la superficie coltivata a camomilla e di recuperare anche antiche varietà di frutti come le mele piemontesi Pum del Medic o le pesche Limunin del Monferrato. Che in passato venivano piantate tra le vigne e oggi lungo i bastioni delle carceri.