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News ed EventiPiaceriBrigidini: specialità toscana irresistibile

Brigidini: specialità toscana irresistibile

Croccanti, friabili e al profumo di anice, sono una specialità toscana, da sempre irresistibile golosità nelle sagre paesane

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Dai panini al lampredotto fiorentini alla cecina livornese, la Toscana la sa lunga in fatto di storici "mangiari di strada". Tanto da vantare anche uno street food dolce, con solide radici nella tradizione popolare. Ancora oggi, non c'è fiera o sagra paesana dove non si incontrino venditori ambulanti che espongono inconfondibili sacchetti trasparenti riempiti di cialde dorate che i turisti potrebbero confondere con le moderne chips. Sono invece friabili e sottili sfogliette all'aroma di anice: i brigidini, uno snack da sgranocchiare mentre si passeggia. O meglio, "un trastullo", come li definì Pellegrino Artusi, romagnolo ma naturalizzato toscano, con l'azzeccatissimo appellativo quasi diventato il loro secondo nome. Nel suo celebre ricettario (1891), l'Artusi accenna che i brigidini si trovavano in tutte le feste di campagna, cotti sul posto con apposite piastre in ferro poste sul fuoco a legna. Colui che invece, più di cinquant'anni dopo, descrisse i brigidini tratteggiando un vibrante affresco letterario con atmosfere, colori e profumi fu lo scrittore fiorentino Vasco Pratolini, tra i maggiori esponenti della narrativa realista del Dopoguerra. Nel romanzo Cronache di poveri amanti (1947) scriveva: "Il brigidino è il deus ex macchina della fiera (di Santa Croce, a Firenze, n.d.r.). Lo si impasta e cuoce sotto i vostri occhi. Lo si mangia tiepido e croccante. È in virtù del suo richiamo che la gente affolla la fiera. Il brigidino è una cosa di nulla, appena un'ostia di più grandi dimensioni, pure ha una consistenza, una fragranza, un sapore che si scioglie in bocca. I carretti ne sono pieni, dapprima, ma via via che l'ora monta e la folla cresce, si formano le code in attesa davanti ai banchi dal fornelletto sul treppiede, ove l'esperto brigidinaio rigira le sue schiacce". E ancora: "Alle cinque la fiera è nel suo colmo. I brigidinai hanno le facce di fuoco dal gran cuocere e gridare (….) Magnificano la merce a squarciagola, persuaso ognuno di essere stato eletto da Santa Brigida in persona a custode del segreto per la confezione del biscotto di cui la santa fu l'inventore". Si narra, infatti, che la ricetta fu creata dalle monache brigidine, ossia devote a Santa Brigida di Svezia (1303-1373), che fondò un convento nei pressi di Lamporecchio, vicino a Pistoia. Le monache confezionavano ostie per l'Eucarestia utilizzando una speciale tenaglia in ferro con estremità a disco che imprimeva sulle ostie simboli religiosi. Con lo stesso strumento, ma con un impasto dolce, le monache brigidine crearono, volutamente o per caso, le profumate cialde che presero il loro nome. La ricetta è rimasta invariata, tramandata dai brigidinai di Lamporecchio, che fino agli anni Sessanta contava un centinaio di ambulanti. La produzione di questa specialità – che da tre anni fa parte dei prodotti tradizionali (Pat) della Toscana – a tutt'oggi è concentrata in questo paesino a pochi minuti dalla casa natale di Leonardo da Vinci, portata avanti da piccole aziende dolciarie, ma anche storiche realtà artigianali.

Trovate la ricettta qui

Paola Mancuso,
marzo 2025

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