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Sale: tutto quello che avreste voluto sapere

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Bianco o colorato, integrale o iodato, alle erbe o affumicato: come scegliere quello giusto e dosarlo correttamente

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Un pizzico di sale: è spesso questo minuscolo dettaglio che può fare la differenza fra un buon piatto, uno così così e uno a volte immangiabile.
La sapidità è, infatti, una caratteristica apprezzabile e in molti casi persino indispensabile: dalle patatine fritte alla pasta frolla, è proprio quel pizzico a dare la spinta giusta al sapore dei cibi che, altrimenti, risulterebbero come "appiattiti".

Tuttavia, spesso il nostro gusto è settato su una salinità marcata, complice l'uso (e spesso l'abuso) di prodotti pronti e alimenti conservati. Così, tendiamo a impiegarne troppo nonostante i ben noti effetti negativi legati a un utilizzo eccessivo.

Quanto usarne?
Diciamo subito che una persona in buona salute non dovrebbe superare 5-6 g al dì. Infatti, il sale è formato in gran parte da cloruro di sodio, intorno all'80-85% (ma ci sono qualità, come quello di Trapani Igp, che raggiungono il 97%), e i nostri 5-6 g quotidiani apportano in media 2-2,4 g di sodio, che corrispondono alla quantità giornaliera consigliata.

Tenendo conto, naturalmente, non solo di quello che aggiungiamo ai cibi ma anche di quello presente in sughi, salse, insaccati, prodotti da forno e compagnia.

Non potendo agire questi ultimi (se non eliminandoli), occorre intervenire sull'utilizzo in cucina e in tavola. Ma non tutti sono pronti a mangiare la pasta sciapa e il pane sciocco.

Così, anche sull'onda di questa esigenza salutare, si stanno diffondendo sali "alternativi": virgolette d'obbligo perché, se da un lato hanno caratteristiche gastronomiche interessanti, dall'altro quelle nutrizionali appaiono modeste, quando non del tutto inesistenti.

127153I sali colorati
Il più celebre è il rosa dell'Himalaya. Che, tanto per cominciare, non è estratto dalle montagne dell'omonima catena ma a qualche centinaio di chilometri di distanza, su alcune alture del Pakistan.

Si tratta di un salgemma, racchiuso nelle rocce in seguito al prosciugamento degli Oceani, avvenuto milioni di anni fa, e deve il colore rosa alla presenza di una piccola percentuale di ferro (al massimo 0,05 mg/g): caratteristica che gli è valsa, un po' frettolosamente, la nomea di integratore di questo minerale e di altri oligoelementi, come zinco e manganese. Tutti contenuti in quantità talmente infinitesimali da risultare ininfluenti: basti pensare che la dose consigliata di ferro al giorno è di circa 10 mg, pari a 200 g di sale rosa!

Diverso il discorso dei sali marini grigi, come i francesi bretone e di Guérande (nella Loira), e rossi, come quello delle Hawaii, la cui colorazione proviene dalla presenza di argille: basta lavarli in poca acqua per vedere il colore sbiadire.

Dalle Hawaii e da Cipro arriva anche il sale nero, originario di zone vulcaniche, nella cui composizione compare una piccola quantità di carboni.

Di alcune di queste qualità sia favoleggia anche che siano iposodiche. A ben guardare, il dato corrisponde a verità poiché in un grammo di sale colorato, oltre al cloruro di sodio e a tracce di altri sali, ci sarà anche una quota di argilla o carbone e, quindi, meno sodio... Ma è palese che si tratta solo di uno specchietto per attirare i consumatori: di fatto, per avere un potere salante pari a un qualunque sale bianco occorre aumentare le quantità di rosso e nero.

Resta che questi condimenti hanno tutti un bell'effetto cromatico, anche perché in genere hanno cristalli piuttosto grossi e decorativi, e quindi possono essere tranquillamente usati come guarnizione finale, aggiunti ai cibi solo un attimo prima di servire, mentre in cottura andrebbero del tutto sprecati.

Fiocchi, fleur de sel, integrali: quando l'origine conta
Oltre che per il colore, ci sono sali famosi per la forma dei cristalli e altri per la zona di origine. Fa parte di entrambe le categorie il sale di Maldon, cittadina nel sudest dell'Inghilterra dove da secoli (sembra sin dal tempo dei romani) si produce per evaporazione dell'acqua di mare con una tecnica che permette di ottenere cristalli piramidali molto belli da vedere.

Una sorta di fiocchi che, al momento dell'assaggio, risultano estremamente piacevoli perché sono croccanti e, quando si frantumano sotto i denti, creano una piccola esplosione di sapidità. Con la stessa tecnica si producono "salt flakes" anche in altre parti del mondo.

Fra i gourmet, raccoglie consensi anche il cosiddetto "fiore di sale", ovvero i cristalli che affiorano per primi sulle superfici delle vasche di evaporazione. Si tratta di sali "integrali" così chiamati perché, a differenza di quelli raffinati, non sono sottoposti a lavaggio e centrifugazione: restano quindi piuttosto umidi ma friabili, anch'essi perfetti da usare "a crudo".

Prodotti integrali arrivano da tante saline nostrane, alcune particolarmente famose come quelle di Mothia, in Sicilia, o di Cervia (Ravenna) con il suo sale "dolce" che non contiene, se non in minimissime tracce, i composti responsabili del gusto amaro (cloruro di magnesio e solfati di magnesio, calcio e potassio) che a volte si avverte nei piatti troppo salati.

I "dietetici"
Il sapore amarognolo caratterizza anche i sali iposodici, veri e propri prodotti dietetici dedicati a chi soffre di ipertensione e da utilizzare sotto consiglio medico (possono avere controindicazioni per chi soffre di diabete, insufficienza cardiaca e renale), in cui il cloruro di sodio è in parte sostituito da quello di potassio.

È addirittura consigliato dall'Organizzazione mondiale della sanità il sale iodato: sale marino o di miniera cui viene aggiunta una certa quantità di iodio che cambia da paese a paese secondo le esigenze specifiche della popolazione: quello commercializzato in Italia contiene per legge 30 mg di iodio per chilo (il fabbisogno è di 150 microgrammi al giorno).

Lo iodio è prezioso per i bambini, per un corretto sviluppo neurofisico, e negli adulti per regolare il metabolismo e prevenire il gozzo. Una buona scelta, dunque, soprattutto per chi è consapevole di avere una dieta povera di questo oligoelemento, per esempio perché non consuma abitualmente pesce. Lo devono evitare solo coloro che soffrono di ipertiroidismo.

Gli aromatizzati
Stabilito che i sali, dietetici a parte, non hanno effetti diretti sulla salute (se non negativi, in caso di usi smodati), la scelta di un tipo piuttosto che un altro è quindi squisitamente gastronomica.

Rispondono a questa esigenza i tanti sali aromatizzati presenti sul mercato. Alcuni sono molto familiari: è il caso della salamoia bolognese, in cui il sale è mescolato ad aglio, salvia e rosmarino, ottima con le carni e le patate. Comuni anche i sali agli agrumi, soprattutto limone o arancia, perfetti con il pesce.

Curiosando fra le specialità più esotiche, tipico è il "sale&pepe" cinese, con pepe di Sichuan aromatico e dall'insolito effetto "anestetizzante" sulle papille.

Molto apprezzato, infine, il sale affumicato: da quello scandinavo, che trae origine dai vichinghi, allo "smoked salt" del nord degli Stati Uniti, che sembra mutuato da un'originale ricetta degli indiani d'America.

Esposti al fumo di legni pregiati e persino di assi di botti, ne assorbono la complessità aromatica e si abbinano, di preferenza, alle preparazioni tradizionali di quelle regioni: dal salmone all'aringa alle carni rosse alla griglia, sempre uniti a fine cottura, per non disperderne i profumi.

Tante, insomma, le qualità fra cui scegliere per arricchire la sezione "sale" della vostra dispensa. Facendovi, magari, cambiare abitudini al momento di usare questo condimento: non solo q.b., "quanto basta", ma anche q.g., ovvero "quello giusto".

Roberta Fontana
luglio 2016

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