Il sale è indispensabile per star bene e, nelle giuste dosi, non fa male a nessuno. Anzi serve per tonificare le pareti dei vasi sanguigni e per regolare la quantità di acqua presente nel corpo umano. Infatti ogni giorno, per funzionare correttamente, il nostro organismo ha bisogno di 5 grammi di sale, ossia l’equivalente di un cucchiaino da caffè. Una quantità largamente coperta da quello contenuto negli alimenti che si mangiano quotidianamente. Infatti, ogni giorno, ne ingeriamo circa 10 g ossia quasi il doppio della quantità necessaria. Un vero allarme da overdose di sale. Ecco i perché l’Oms ha ufficialmente chiesto alle istituzioni e alle società scientifiche di ridurre del 30% il consumo globale di sale entro il 2025. Ma anche i consumatori devono fare la loro parte: essere consapevoli che mangiamo troppo salato, che questo predispone a diversi problemi di salute. E cercare quindi di limitarne le quantità giornaliere. Per riuscirci si possono sfruttare molti “aiutini”.
CAPIRE IL PROBLEMA
Il primo strumento utile è il questionario elaborato dalla Società italiani di nutrizione (Sinu): collegandosi al sito e rispondendo a poche semplici domande, si ottiene in meno di un minuto il proprio profilo di consumatore di sale. Non solo: leggendo le domande già ci si fa un’idea chiara su come il sale arriva in abbondanza nei nostri piatti e come si può fare per limitarlo, a partire da quando siamo al supermercato impegnati a fare la spesa. Un bell’esercizio di consapevolezza, dunque.
ABOLIRE LA SALIERA
Gli italiani comprano sempre meno sale: secondo l’Osservatorio Immagino, in un anno gli acquisti complessive di sale sono diminuiti in volume del 2,1%. Il calo non ha risparmiato neppure il sale dietetico (come quello iodato). Quindi, gli italiani consumano meno sale di un tempo a riprova che non lo portano in tavola e non usarlo nemmeno per cucinare (e men che meno nelle pappe dei neonati) sembra difficile (e all’inizio lo è) ma poi diventa un’abitudine sana. Per abituare il palato ad apprezzare il sapore originale dei cibi e quindi a non usare il sale, basta ridurlo in modo progressivo. Un piccolo sforzo più semplice di quello che si pensi: infatti prendendo l’abitudine di introdurrne meno, il livello nella saliva si abbassa e aumenta la capacità delle papille gustative di distinguere il sapore salato. Così in pochi giorni scatta un adattamento che permette di trovare saporiti piatti che fino a poco prima si sarebbero trovati insipidi. Se proprio non si riesce a mangiare “sciapo”, ecco l’aiutino: condire le pietanze solo con spezie ed erbe aromatiche o con succo di limone e aceto. Oppure sostituirlo con i dadi. Essendo fatti di glutammato monosodico, che contiene circa un terzo del sodio presente nel sale da tavola e viene utilizzato in quantità minori, possono contribuire a ridurre il quantitativo di sodio contenuto in una pietanza del 20 fino al 40%, mantenendone invariato il gusto.
FARE LA SPESA GIUSTA
A rendere troppo salata la cucina italiana non è tanto quel pizzico di sale aggiunto nell’acqua della pasta o nell’insalata fresca, ma è invece il ricorso frequente di alimenti molto ricchi di sodio: il 70% del sale che ingeriamo ogni giorno è infatti fornito dagli alimenti in cui è aggiunto durante la lavorazione. Ma noi non ce ne rendiamo conto. Infatti il sodio è presente in molti alimenti comuni: nei cibi in scatola (carne, tonno, ecc), nei negli insaccati, nei piatti pronti surgelati o in busta (pasta, minestre conservate), nelle conserve e nel pesto, nelle salse (come maionese e ketchup, ma soprattutto nella salsa di soia), nei sottaceti, nei biscotti e nelle fette biscottate, nei cereali per la colazione e nel salmone affumicato. E soprattutto nel pane, che rappresenta la prima fonte alimentare di sale nell’alimentazione italiana, vista la frequenza e la regolarità con cui lo si consuma. Va riconosciuto che i produttori di alimenti stanno lavorando su molti fronti per offrire alimenti con meno sodio: monitorando le etichette nutrizionali di 46.600 alimenti confezionati, l’Osservatorio Immagino ha rilevato che, in un anno, il tenore di sale dei prodotti venduti nei supermercati è diminuito dello 0,7%.
Dunque, la lotta al sale inizia proprio da una spesa attenta: occorre leggere sempre le etichette dei prodotti alimentari e preferire l’acquisto di quelli a ridotto apporto di sale/sodio o addirittura privi. La presenza di sale è indicata da questi ingredienti: cloruro di sodio, bicarbonato di sodio, fosfato monosodico, glutammato monosodico, nitrato e nitrito di sodio. Nelle etichette nutrizionali bisogna cercare la quantità di sodio, ricordando che 1 grammo di sodio equivale a 2,5 grammi di sale. Sempre più ampia è la scelta di prodotti definiti sulle confezioni “a ridotto tenore di sale” o “privi di sale” (in realtà, lo contengono ma in quantità modeste, tra lo 0,02- lo 0,04%): secondo l’Osservatorio Immagino questi prodotti rappresentano lo 0,8% di quelli confezionati venduti nella distribuzione moderna e in un anno hanno visto aumentare le vendite di ben il 7,2%.
Manuela Soressi
marzo 2018