Mai fare di tutte le muffe un fascio. Perché ci sono sì quelle che si formano sui cibi conservati dove non dovrebbero essere presenti (come marmellate e conserve di pomodoro) e quindi vanno evitate. Ma ci sono anche le muffe utili, anzi indispensabili perché senza di loro non ci sarebbero autentiche delizie come il Gorgonzola e il Castelmagno, il Roquefort e il Taleggio, il Brie e il Camembert. Infatti le due famiglie a cui appartengono questi formaggi – quella degli erborinati e quella delle croste fiorite – sono accomunate dalla presenza di muffe, che appartengono al regno dei funghi, e che durante la maturazione del formaggio provocano una serie di trasformazioni importanti in superficie e in profondità, nel gusto, nel colore e nel profumo. Ed è proprio l’arte di selezionare e miscelare le muffe a rendere unico ogni formaggio.
I “super poteri” delle muffe
I formaggi “ammuffiti” sono un fantastico risultato dell’abilità dell’uomo, che ha saputo trasformare un problema in un’opportunità: i batteri e le muffe che fanno andare a male gli alimenti sono stati selezionati e coltivati, per trasformare il latte in deliziosi formaggi. Oggi si usano soprattutto diverse specie di muffe del genere Penicilium, caratterizzate da miceli che finiscono a forma di pennello. Questo processo non solo evita di dover buttare i formaggi ammuffiti, perché contribuisce a migliorarne la conservabilità, ma li rende anche più gradevoli al palato, perché le muffe danno sapori e profumi, oltre a colori diversi alla pasta o alla crosta dei formaggi. E non è finita. Le muffe presenti sulle croste rendono più digeribili le proteine contenute nella pasta dei formaggi. E quindi la loro digeribilità aumenta con l'avanzare della stagionatura. Inoltre le muffe e le sostanze prodotte dal loro metabolismo hanno mostrato un’influenza positiva sulla flora batterica intestinale, oltre a un’attività batteriostatica ed antibiotica.
I blu-verdi: Gorgonzola e Roquefort
Li riconosci dalle tipiche striature blu-verdi (per questo li chiamano erborinati) che si sviluppano all’interno della loro pasta a opera di diverse tipologie di penicillium: il Penicillium roquefortii che dà sapori intensi e screziature bluastre o il Penicillium glaucum che dà formaggi più delicati e dalle venature verdi. Il più noto erborinato italiano è il Gorgonzola Dop, che viene prodotto con latte di mucca a cui vengono aggiunti fermenti lattici e lieviti ma soprattutto colture selezionate di Penicillium roquefortii che producono l’erborinatura. Durante i 60 giorni medi di stagionatura, sono queste colture a sviluppare le muffe, che si formano lungo il percorso dei lunghi aghi d’acciaio con cui vengono regolarmente forate le forme in modo da permettere all’aria di entrare nella pasta del formaggio e determinare la condizioni ottimali e naturali per lo sviluppo del Penicillium. Il pigmento delle sue spore dà la tipica colorazione blu/verde, mentre la crescita del fungo regala al Gorgonzola il suo piacevole sapore caratteristico. Il Penicillum utilizzato nella produzione di formaggio Gorgonzola Dop è gluten free in quanto come substrato di crescita delle muffe oggi si usa amido di riso, un cereale naturalmente privo di glutine. Quindi anche gli intolleranti al glutine possono consumarlo. Quanto al Roquefort Dop non solo è uno dei più celebri formaggi francesi ma è anche il più antico e l’unico a essere prodotto con latte di pecora. L’aggiunta di Penicillium roquefortii al latte delle pecore nere di razza Lacaune gli dà la sua caratteristica erborinatura, che si forma durante i 3-9 mesi di affinamento in grotta.
I bianchi: Camembert e Brie
Questi formaggi sono accomunati dalla presenza di particolari muffe sulla superficie, a cui donano una patina bianca, che in quelli a crosta fiorita è edibile. I più noti sono i tradizionali “piumati” francesi a pasta molle, ossia Brie e Camembert, a cui si rifanno anche molti formaggi industriali in cui il Penicillum candidum o il Penicilllium geotrichum (o la loro miscela) vengono aggiunti al latte o spruzzati sulla superficie delle forme. Il Brie proviene dall’omonima zona, a est di Parigi, dove le città hanno dato il loro nome alle diverse tipologie (ad esempio Brie di Meaux o di Melun, tutti Dop), note già ai tempi dei Galli e amate da Carlo Magno. A farlo ricoprire di uno strato di muffe bianche e rossastre è una flora di nobili muffe, che si formano durante la maturazione, che procede velocemente. Per questo motivo il Brie deve essere consumato in tempi brevi, prima che si alteri. Il Brie de Meaux è considerato il padre del Camembert, che è nato soltanto sul finire del 18esimo secolo. E che in origine aveva la crosta blu: a farla diventare bianco-giallastra è stata l’introduzione del Penicillum candidum, una muffa proveniente dal Pays de Bray che è stata utilizzata per la prima volta nel 1910. Oggi una coltura selezionata (il Penicillum camemberti) viene diluita in acqua e spruzzata sulle forme prima della maturazione, che richiede parecchie settimane ed è molto delicata: è nota, infatti, la difficoltà di scegliere un Camembert perfettamente “a punto”.
I rosati: Fontina e Taleggio
Anche in Italia ci sono formaggi “muffettati” chiari, dalla crosta rosata o aranciata, per effetto di alcuni specifici muffe e lieviti, e precisamente Geotrichum e Mucor. Come la Fontina Dop, la cui crosta rosata si forma durante la stagionatura in grotte naturali in seguito allo sviluppo di una microflora superficiale, che viene progressivamente selezionata dai continui interventi umani. Altro esempio è il Taleggio Dop, la cui crosta rosata e morbida si deve alla microflora che si sviluppata in superficie e che proviene dall’ambiente in cui lo si fa maturare e dal particolare trattamento a cui viene sottoposto durante la stagionatura. Almeno una volta alla settimana le forme vengono rivoltate e “lavate”, strofinando la superficie con una spazzola o con una spugna imbevuta di soluzione salina per togliere le muffe in eccesso e favorire la sviluppo dei microorganismi che fanno stagionare il formaggio, procedendo dalla crosta all’interno della pasta. Ecco perché la crosta è una componente essenziale del Taleggio ed è perfettamente commestibile. Il che ne fa, decisamente, un formaggio a spreco zero!
Manuela Soressi
aggiornato aprile 2023