Sono l'ingrediente rituale della pasqua ebraica ma le erbe amare fanno anche parte da sempre della cucina di casa e delle tradizioni regionali
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Antichissima tradizione Sfogliando il dizionario gastronomico, tra le tante voci alla lettera "E" si legge: erbe aromatiche, erbe fini, erbe selvatiche. Mentre di erbe amare non c'è alcuna traccia: il termine appartiene infatti alla cultura ebraica, che le prescrive nella cena rituale della Pasqua (insieme al pane azzimo e all'agnello) per ricordare le sofferenze subite in Egitto con la schiavitù. Nell'uso quotidiano, invece, le verdure dal gusto amarognolo come cicorie e indivia, scarola e catalogna, puntarelle e tarassaco sono protagoniste della nostra cucina di casa e delle tradizioni regionali: in Toscana si preparano i rapini (le foglie delle rape) fritti con le salsicce, in Veneto la frittata di bruscandoli (germogli di luppolo), nel Lazio l'insalata di puntarelle per l'abbacchio. Ma è in Puglia che le erbe amare diventano un vero atout: qui si condiscono le orecchiette con le cime di rapa, si serve la crema di fave con le cicorie lessate, si cuoce il pancotto con patate e rucola, si lessa l'agnello in un brodo di cicorielle selvatiche.
Cibo di fortuna e simbolo di vita Molto diffusa in tutta Italia anche la pratica di mescolare qualche erba amara, sia cotta sia cruda, alle primizie di stagione: un uso che intreccia l'antica abitudine di raccogliere nei campi verdure, germogli ed erbe spontanee con la celebrazione gastronomica del risveglio della natura a primavera. Il risultato, godibilissimo, è quello di aggiungere alle insalate e alle frittate, ai ripieni dei ravioli e delle torte salate di verdura una sfumatura amarognola rara e preziosa. Oggi, con la riscoperta dei sapori più autentici e puri, anche la cucina contemporanea celebra il piacere elegante dell'amaro. E lo declina in tanti piatti che danno nuova attualità a queste erbe "difficili", combinandole con le verdure di stagione, la ricotta, il formaggio,il pane.