Innanzitutto va detto che stiamo parlando di dolcificanti artificiali (poiché per quelli naturali non si pone il problema), ovvero di sostanze nate in laboratorio, caratterizzate da un elevato potere edulcorante (da 30 a 500 volte quello dello zucchero comune), dall'assenza di valore calorico. Inoltre c’è una dose giornaliera massima che varia a seconda dei dolcificanti e che si calcola in base al peso corporeo. In particolare parliamo di: aspartame, acesulfame, saccarina, ciclammati e sucralosio (il più recente). La polemica su un loro ipotetico ruolo di nocumento si trascina da tempo e in uno studio risalente a circa quattro anni fa e pubblicato su Nature i dolcificanti come saccarina, sucralosio e aspartame venivano accusati di stimolare l’organismo e di utilizzare male il glucosio, favorendo dunque il diabete. Ma generalmente gli esperti tranquillizzano l’opinione pubblica e spiegano i motivi per cui i sospetti sono infondati, al di là degli studi (normalmente effettuati in situazioni estreme e soprattutto solo sui topi).
Passati al setaccio
La prima cosa da specificare nel dibattito sui dolcificanti ce la suggerisce Giuseppe Fatati, presidente Fondazione ADI e Italian Obesity Network, che abbiamo intervistato per fare chiarezza in un terreno spesso inquinato dai luoghi comuni e che ha invitato subito alla traqnuillità: “I dolcificanti hanno una normativa molto rigida e sono molto attenzionati”. Vale a dire che qualsiasi edulcorante si trovi in commercio è passato al setaccio della severa EFSA (Autorità Europea per la sicurezza alimentare), che nel raccomandarne le dosi ha utilizzato soglie molto elevate e criteri per nulla edulcorati. Quindi, limitatamente al buon senso, dovremmo essere abbastanza sicuri che qualsiasi dolcificante si possa incontrare negli scaffali è stato vagliato con attenzione e scrupolo dalle autorità competenti. Si aggiunga a questa considerazione il fatto che, come sottolinea ancora Fatati, tutte queste sostanze hanno un forte potere dolcificante e dunque si è portati a consumarne dosi ben al di sotto di quelle raccomandate.
E i bambini?
“In linea di massima e a prescindere dalle controindicazioni – precisa Giuseppe Fatati – non vedo il motivo per cui un bambino dovrebbe assumere dolcificanti e abituarsi a un gusto artificiale. Se ci sono problemi di sovrappeso nel bambino si deve provvedere a monte, agendo sullo stile di vita e sull’esercizio fisico”. Nell’adulto è differente. Certamente il dolcificante è un piccolo valore aggiunto in una dieta ipocalorica abbinata a uno stile di vita attivo e sano. Il dolcificante nell’età adulta ha semmai una valenza psicologica: “In un trattamento ipocalorico è importante anche l’appagamento che può dare il gusto del dolce, recettore primordiale e primo gusto che ha il bambino fin da piccolissimo: per questo un edulcorante che permette di non rinunciare a questa forma di soddisfazione può aiutare ad affrontare i sacrifici che impone un regime dietetico ”.
Importante per gli anziani
Nell’età senile, spesso poco corteggiata dai produttori per timore di associare il prodotto a un’idea di decadenza fisica, il dolcificante ha invece un ruolo importante e negli anziani, spesso meno sensibili ai gusti, può risolvere alcune situazioni o quantomeno aiutarle. Secondo Giuseppe Fatati infatti si dovrebbe puntare maggiormente su questo target di consumatori: “Si pensi ai malati di diabete e a tutti coloro che devono limitarsi per vari motivi nell’assumere zucchero nell’età senile e che avrebbero dagli edulcoranti molti vantaggi”.
La risposta alle polemiche da parte dell’industria dolciaria
I produttori naturalmente lavorano da anni per mettere a punto prodotti sempre più innovativi e sicuri. Il gusto si è fatto via via migliore e soprattutto è aumentata la sensibilità generale nei confronti delle intolleranze e delle allergie. Ne è una testimonianza l’ultimo nato in casa Eridania, leader della dolcificazione in Italia dal 1899, il cui dolcificante si chiama Zero. Si tratta di un edulcorante da tavola a base di sodio ciclamato, sodio saccarinato e sucralosio, privo di aspartame e adatto anche a chi è intollerante al glutine o al lattosio. Insomma quelli di ultima generazione sono considerati i più innocui. Ma anche in questo caso è meglio non proporli ai bimbi e i motivi sono semplicemente di buon senso, senza scomodare studi ed esperti internazionali.
Emanuela Di Pasqua,
aprile 2018
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