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Al posto del pane fresco... tutto sui sostituti del pane

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Grissini, cracker fette biscottate... tutto sui prodotti da forno che ormai hanno un posto fisso sulla nostra tavola

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La storia d'amore degli italiani con il pane ha radici molto antiche. E continua tuttora, anche se tanti consumatori si sono orientati su alternative come cracker, piadine, pancarré e grissini. Le vendite di questi prodotti crescono da anni, mentre i consumi di pane continuano a diminuire. Il fatto è che gli "alternativi" hanno tanti vantaggi: sono sfiziosi, sono pronti all'uso e si sgranocchiano ovunque, durano a lungo e quindi è difficile sprecarli. Ma reggono il confronto con il pane?

Tanti prodotti diversi
Una premessa doverosa: quello dei sostituti del pane è un mondo che comprende tanti prodotti molto diversi l'uno dall'altro. Quindi, generalizzare è impossibile e sarebbe anche scorretto. Non solo, per fare un esempio, è difficile confrontare i cracker con la piadina; ma anche all'interno dello stesso prodotto ci sono tante ricette, molto differenti. Il fatto è che, a parte poche eccezioni (come i grissini, le fette biscottate e i cracker) non ci sono standard ufficiali da rispettare e quindi ogni produttore ha la sua ricetta e usa gli ingredienti e gli additivi che vuole tra quelli ammessi dalla legge. Stesso discorso per i nomi. Ogni azienda è libera di chiamarli come vuole: lo si può facilmente vedere al supermercato, dove si trovano prodotti identici dai nomi diversi perché realizzati da aziende differenti. Questa varietà si nota anche quando si osservano i prezzi. Le più costose sono le specialità regionali (come schiacciate e focacce). Più facile, invece, indicare il costo medio per il pane, anche se alcuni prodotti artigianali di alta qualità possono arrivare a somme piùalte.

Grissini e piadine i più tutelati
La legge italiana tutela le denominazioni commerciali solo di alcuni sostituti del pane. I "Grissini", specialità di origine piemontese, per essere chiamati così devono avere la classica forma a bastoncino ed essere ottenuti dalla cottura di una pasta lievitata preparata con farina 0 oppure 00, acqua e lievito, con o senza sale. Vietati tutti gli additivi.

Un altro caso è quello della Piadina Romagnola Igp, che può essere fatta solo rispettando la ricetta depositata (farina, acqua, sale, strutto o olio d'oliva, niente additivi). Ma non tutte le piadine prodotte in Romagna sono Igp e, inoltre, la maggior parte di quelle in commercio in Italia viene da altre zone; in questi casi l'elenco degli ingredienti è più lungo.

La legge stabilisce inoltre con cosa e come devono essere fatti i cracker, le fette biscottate e i crostini (per cui sono invece consentiti aromi e additivi). Ma queste norme si applica no solo a quelli prodotti in Italia, mentre quelli d'importazione (anche fatti in Stati della Ue) seguono le regole dei Paesi d'origine.

Alla base ci sono i cereali
Per la realizzazione di questi prodotti, di solito si usa la farina di grano tenero, ma vengono impiegati anche altri cereali (per esempio, farro, riso o mais). Altro ingrediente molto comune è malto d'orzo, che si ottiene dalla germinazione del cereale. Viene usato sotto forma di estratto, sciroppo o farina maltata, per facilitare la fermentazione e dare l'invitante colore dorato, simile a quello del grano, che i consumatori si aspettano da questi prodotti. Infine, il capitolo lievito. In genere è chimico (come il carbonato acido di sodio, che è anche correttore di acidità), ma può essere di birra o naturale e alcuni produttori ora impiegano anche il lievito madre.

Integrali veri e "falsi"
Sempre più spesso i sostituti del pane vengono proposti anche nella versione integrale. A caratterizzarli è l'uso di farine che conservano tutte le parti del cereale (endo sperma, germe e crusca) e che per questo apportano più nutrienti rispetto a cereali raffinati. Nei prodotti integrali ci sono più vitamine (come la E), minerali, antiossidanti e fibra. Però spesso ci sono anche più lipidi e calorie rispetto ai prodotti "bianchi", perché la farina integrale ha il doppio dei grassi rispetto a quella raffinata (ma sono sempre pochi, il 2%). Inoltre, la maggior presenza di fibra toglie sapore e quindi richiede spesso un'aggiunta di grassi e zuccheri per "arrotondare" il gusto. Attenzione, però, che non tutto quello che sembra integrale lo è davvero: non basta che fette biscottate e pani morbidi siano scuri o riportino sulla confezione la scritta "integrale". Bisogna verificare che negli ingredienti ci sia la "farina di frumento integrale" e non la crusca o il cruschello aggiunti alla farina raffinata.

Attenzione ai grassi
Se per fare il pane comune bastano acqua, farina e sale, per ottenere prodotti così friabili occorrono anche un bel po' di grassi. In passato si usavano oli vegetali (come quello d'oliva) e grassi animali (come lo strutto). Poi la ricerca di alternative più adatte alle esigenze tecnologiche ha spinto a preferire oli più economici (tra cui quello di palma), in alcuni casi sottoposti a un processo di idrogenazione. Ma siccome la loro lavorazione provoca la formazione di grassi dannosi per la salute, questi ingredienti sono praticamente spariti; rimangono solo nei prodotti scadenti e sono indicati come "grassi (o oli) idrogenati", "grassi parzialmente idrogenati" o "grassi trans". Così ora le aziende sono tornate agli oli di qualità usati in origine.

Un confronto con il pane
Se prendiamo come punto di riferimento il pane, a parte il gusto e la comodità, la famiglia grissini & C ha delle indubbie qualità. L'assenza di mollica e il tipo di cottura a cui vengono sottoposti questi prodotti li rendono più facilmente digeribili; inoltre, essendo secchi e friabili, vanno masticati più a lungo e per questo saziano senza appesantire. Ma hanno anche dei punti deboli: grassi e calorie. Il pane comune ha il 2% di grassi, mentre nei sostituti si va dal 13% delle fette biscottate al 29% dei grissini. Idem per le calorie: 100 g di pane comune ne apportano 275 mentre, per esempio, la stessa quantità di pancarré ne ha 290, le fette biscottate 408 e i grissini 440 (vedi box alle pagine precedenti). Va detto che negli ultimi anni questi alimenti sono stati messi a dieta: intervenendo sugli ingredienti e sulle tecniche di produzione, le aziende italiane hanno ridotto del 50% grassi e calorie, tanto che i valori nutrizionali ufficiali calcolati anni fa dal Crea-Alimenti e Nutrizione sono molto diversi da quelli reali indicati ora nelle etichette nutrizionali. Questo approccio ha portato anche al lancio di versioni light, come quelle a ridotto contenuto di grassi saturi (-70%) e di sale (-30%).

Manuela Soressi
marzo 2023

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