Il cibo nell’arte: Andy Warhol trasformò, con la sua visione innovativa, la concezione stessa del fare e del consumare arte come cibo. A Torino una mostra su una delle icone del mondo contemporaneo: l’esibizione, con fotografie storiche provenienti dall’archivio di Fred W. McDarrah, spazia dai primi esplosivi anni ‘50 e ‘60, fino agli anni ‘70 della Grande Mela
Affermatosi nel mondo della pubblicità newyorkese come illustratore, Andy Warhol aveva un rapporto particolare con il cibo, in particolare quello celebrato dalla società consumistica americana: basti pensare alla Coca-Cola, alla Campbell’s Soup, ai Kellogg’s Corn-flakes, alle caramelle Lifesavers - per citare solo alcuni dei brand ritratti nelle sue opere più iconiche, dove Warhol ripetete le immagini un numero infinito di volte, con un linguaggio martellante affine alla pubblicità, allineate ossessivamente come sugli scaffali dei supermercati. E poi ci sono le banane, i funghi, il cioccolato da lui tanto amati.
Andy Warhol, Campbell's Soup Cans, 1962. Museum of Modern Art, New York
Lo strano rapporto con il cibo
Warhol in genere apriva la sua giornata (che spesso iniziava nel primo pomeriggio) con una ciotola di Kellogg's Corn Flakes o, più tardi, tè alla menta e un muffin inglese tostato con marmellata.
Non sorprende che consumasse spesso anche la zuppa Campbell, oggetto di alcuni delle sue opere più famose. In un documentario della BBC Four del 2015, “A Day in the Life of Andy Warhol”, il corrispondente della BBC Stephen Smith spiegava che l'amore di Warhol per le zuppe Cambell's andava oltre l'estetica della lattina: vedeva queste zuppe come "il cibo della vita", diceva Smith, "un pasto intero su cui potevi fare affidamento". E Warhol lo faceva, regolarmente.
Lifesavers from Ads, Andy Warhol, 1985
Nel suo libro del 1975 The Philosophy of Andy Warhol - From A to B & Back Again (La filosofia di Andy Warhol da A a B e viceversa, Andy Warhol descrive la sua ricetta per una “torta”: «Prendi del cioccolato… e prendi due pezzi di pane… metti la tavoletta in mezzo e ne fai un panino. E questa sarebbe una torta». Per gran parte della sua vita, Warhol era noto per mangiare molto poco per rimanere magrissimo (era ossessionato dalla sua figura) e indulgere in dessert decadenti.
Aveva infatti un incredibile debole per tutto ciò che era dolce: «Quando ero bambino… fantasticavo di avere tante caramelle», dichiarò nel suo libro «Man mano che maturavo, quella fantasia si è tradotta in “fare soldi per avere caramelle”, perché quando invecchi, ovviamente, diventi più realistico».
1975 The Philosophy of Andy Warhol - From A to B & Back Again
Un viaggio nell’America della pop art
La mostra di Torino dedicata al re della pop art si snoda in un percorso affascinante che attraversa l’America degli anni ‘50, ‘60 e ’70, alla scoperta di questa icona culturale che fu d’ispirazione a generazioni di artisti, designer, registi, curatori e innovatori culturali di tutto il mondo.
Dopo un tuffo nell’atmosfera anni Cinquanta e Sessanta, il percorso offre una panoramica sui momenti chiave della Pop Art, evidenziando alcune delle fasi principali della vita e della carriera dell’artista attraverso un ordine espositivo cronologico, una selezione unica, appassionante e rivelatrice delle opere d’arte di Warhol con di fotografie storiche provenienti dall’archivio del fotografo Fred W. McDarrah (oggi parte della MUUS Collection, collezione che riunisce le opere fotografiche che segnano punti di svolta nella storia americana). McDarrah immortalò Warhol per oltre trent’anni, rivelando il lato più privato e umano e mettendo in luce le sue molte e diverse pratiche artistiche.
Green Coca Cola Bottles, 1962, Andy warhol, presso Whitney Museum of American Art, New York City
Una macchina leggendaria
Il segreto della creazione dei ritratti serigrafati di celebrità, personaggi dell'alta società e capitani d'industria di Warhol – che oggi si vendono per oltre 100 milioni di dollari ciascuno – era una macchina fotografica di plastica realizzata da poco più di un anno solamente e che costava 19,99 $. Questa fotocamera era la Polaroid Big Shot, che diventò una parte così integrante delle sue opere d'arte che Warhol usava definirla la sua personale “penna e matita”.
Locandina del 1971 della nuova Polaroid Big Shot da $19.95
Oltre alle varie Polaroid (in collaborazione con l’azienda Nital) che Warhol utilizzò per scattare le sue fotografie, il percorso della mostra si arricchisce ulteriormente con le grafiche che l’artista creò per l’azienda Martini & Rossi (in collaborazione con il Museo Casa Martini) e le ricostruzioni di alcuni degli ambienti più iconici e caratteristici in cui viveva e si muoveva Warhol.
Immagini dalla mostra Andy Warhol Super Pop. Throught the lens of Fred W. McDarrah
Concludono il percorso a 360° della mostra gli scatti del fotografo Anton Perich che immortalò la New York di Warhol e l’entourage del Maestro, con artisti come Keith Haring, Basquiat o Robert Mapplerthorpe.
In mostra, accanto alle più famose icone realizzate da Andy Warhol come le serigrafie di Marilyn, di Mao e la celeberrima Campbell’s Soup, ci sono opere inedite dell’avanguardistica serie “Ladies & Gentlemen”, realizzata tra il 1974 e il 1975, ritratti della comunità di Drag Queens di New York - la prima a essere immortalata con una Polaroid Big Shot.
«Mr. Edwin Land ha inventato questa fantastica macchina fotografica chiamata Polaroid, che riprende solo il volto della persona. C'è qualcosa nella fotocamera che fa sembrare la persona giusta. Di solito vengono benissimo. Scatto almeno 200 foto e poi scelgo» Andy Warhol
Andy-Warhol-Stockholm,1968
Photo Lasse Olsson / Pressens bild
Francesca Tagliabue
In apertura: Campbell's Soup Cans, 1962, Andy Warhol, presso Museum of Modern Art, New York, The David Geffen Wing
Andy Warhol Super Pop. Throught the lens of Fred W. McDarrah
Palazzo Barolo, via Corte d'Appello 20/C , Torino
Dal martedì al venerdì 10:00-17:30
sabato e domenica 10:00-18:30
Lunedì – chiuso
Fino al 27 febbraio 2022