Forse non tutte le mamme sanno che quando i loro bambini mangiano una merendina, un sandwich fatto con il morbido pane tagliato a fette sottili, un cioccolatino o un dolce confezionato, assumono anche una seppur piccola dose di alcol etilico. Non solo: anche la birra analcolica contiene una percentuale di alcol, così come molte bibite “smart”, pensate soprattutto per i più giovani.
Merendine, pane e dolci
L’etanolo si trova in molti prodotti alimentari industriali (una ricerca condotta in Austria un paio d’anni fa ha dimostrato la presenza di alcol in 17 snack per bambini su 19), usato principalmente come antimicrobico. La sua presenza va sempre dichiarata nell’elenco degli ingredienti, ma, appunto, se si acquista del pane in cassetta o una merendina, è difficile andare a cercare l’alcol. Invece l’alcol etilico è molto usato nell’industria alimentare per il suo potere antimicrobico. In particolare in molti prodotti da forno, soprattutto quelli morbidi e “umidi” (le classiche merendine, il pancarrè, il pane da tramezzini, il pandispagna, ma anche panettoni e colombe), che sono più predisposti a sviluppare muffe e batteri. Proprio per evitare che ciò accada, prima del confezionamento su questi alimenti si spruzzano piccole quantità di etilene.
Pasticceria, anche artigianale
Oltre che per la conservazione degli alimenti, l’alcol etilico è molto usato in pasticceria come ingrediente. Ad esempio serve per preparare creme e farciture, come la famosa “bagna”, soluzione di liquore e acqua o succhi di frutta con cui si inzuppano le torte. Si pensi poi all’alchermes, liquore utilizzato nella zuppa inglese o al rum nei babà. Anche alcune merendine, reclamizzate come particolarmente adatte per i bambini, contengono in realtà una “bagna” a base alcolica, così come apportano etanolo i cioccolatini inzuppati con liquori o farciti con creme alcoliche.
Birra, non è mai del tutto analcolica
L’unico modo per ottenere la birra è la fermentazione alcolica di malto, orzo, grano e luppolo. Anche quella definita analcolica, quindi, considerata da molti consumatori del tutto priva di alcol, ne contiene una piccola percentuale, che per legge non deve essere superiore all’1,2%, ma molte non raggiungono lo 0,5%. Però è bene saperlo, perché alcuni genitori la fanno assaggiare ai bambini o agli adolescenti, per soddisfare la loro curiosità e farli sentire grandi.
Bevande “smart”
Bottigliette colorate e accattivanti che strizzano l’occhio a un target di consumatori che va dai 12 ai 18 anni. Sono i cosiddetti “ready to drink” bevande apparentemente innocue perché colorate e dal gusto dolce, ma che in realtà contengono una quantità di alcol compresa tra 4 e 6,5%, di solito rum o gin. Anche in questo caso l’aspetto trae in inganno e i genitori tendono a concederle ai figli, senza considerare che a lungo andare possono contribuire a sviluppare nei giovanissimi l’abitudine al consumo di alcol.
L’etichetta ci informa quasi sempre
Se un prodotto alimentare contiene alcol in percentuale superiore all’1,2% del suo peso va obbligatoriamente indicato nell’elenco degli ingredienti in etichetta. Nel caso del pane in cassetta, dove è usato come antimicrobico, si trova l’indicazione “trattato con alcol etilico in superficie”, mentre in pasticceria va segnalato il suo uso nel cartello con l’elenco degli ingredienti utilizzati. Attenzione, nelle etichette l’alcol può essere indicato anche con altri termini: etanolo, glicerina, acqua di rose o con la formula chimica C2H5OH. Esiste anche un caso nel quale la legge permette di omettere l’indicazione in etichetta della presenza dell’etanolo: se si usa non come ingrediente, ma solo come solvente per aromi.
Manuela Soressi
settembre 2016