Una salumeria a Milano, un negozio di pasta a Rimini. Due piccole perle da scoprire, ma soprattutto due storie in rosa che sanno davvero di buono
“Da bambina facevo i compiti nel retrobottega della salumeria milanese di mio padre”, racconta Maria Cristina Mazzone, “mi piaceva aiutarlo e presto ho imparato a tagliare il prosciutto con la Berkel, la storica affettatrice con il volano ”.
La vita poi l'ha portata ad altro regalandole una carriera e un alto grado nel mondo della comunicazione, ma quell'imprimatur profumato e goloso ha continuato a vivere nel suo cuore finché un giorno è sbocciato come un bel fiore. “Ho deciso di mollare tutto e seguire quello che poteva rendermi davvero felice. E' stato circa un anno fa, ne avevo 46”.
La Salumeria Mazzone 1972 è un negozio, un bistrot e un'enoteca nel cuore di Milano. Vi si possono acquistare e assaggiare i pata negra di Joselito, i crudi italiani stagionati 36 mesi, i formaggi firmati Hervé Mons (il più grande affinatore francese), le inestimabili tome inglesi di Neal's Yard Dairy, ma anche i capra de Il Boscasso, splendida realtà dell'Oltrepò Pavese.
E c'è una piccola cucina dove regna la chef Giada Lavatelli, maga dei risotti, dei dolci e di irresistibili insalate russe: lavorava per una società no profit, poi ha mollato tutto pure lei e, come se niente fosse, si è laureata in pasticceria alla scuola Alma (tra le la più prestigiose nel mondo).
E i vini? “La scelta cade soprattutto sui vitigni autoctoni”, spiega Maria Cristina, che aggiunge scherzando “per farla breve, ci sono i vini buoni e quelli non buoni, da noi entrano solo quelli buoni”. E a proporli, ça va sans dire, è una donna: l'enologa e sommelier Lorena Oddone, che ha viaggiato tanto e in Australia di vini ne ha persino firmati.
Una scelta quella di essere tutte donne? “No, ho iniziato il mio sogno in società con il mio compagno, il resto è arrivato così, per destino”. Sarà contento suo padre di vederla sulle sue tracce... “All'inzio mica tanto, aveva paura che facessi una follia, ma poi mi ha regalato la vecchia Merkel e ha detto che era tornata a casa”.
E il concetto traslato di casa è fortissimo anche nella storia di Blerina Muka, albanese di origine, ma ormai italiana di fatto, al punto che parla romagnolo ed è a tutti gli effetti una “sfoglina”, capace di ravioli e tortellini che uno manco se li sogna. Da un mese appena si possono assaggiare nel suo negozio Semola, a Rimini.
Se n'è andata dal suo Paese lasciando un lavoro sicuro, ma anche tutto il resto. In Italia ha avuto mille impieghi diversi, finché, anche in questa storia, il talento e la memoria hanno fatto la differenza. Blerina ha imparato da bambina con la mamma a tirare la pasta per il byrek (una sorta di torta salata a strati) e soprattutto per il baklavà (dolce tipico): “tutte le donne a Capodanno si radunavano e preparavano 120 sfoglie da sovrapporre...”. In Italia, la sfoglia è diversa da quella sorta di pasta fillo della sua infanzia, ma il concetto è decisamente lo stesso.
Nella famiglia del marito Marco, zia Rina e mamma Rosanna hanno capito al volo, hanno insistito, hanno insegnato... et volià. Oggi Blerina vola libera, regalando inarrivabili tortellini della tradizione, ma anche tante bontà creative. Una su tutte? Le passerine (sorta di cappelletti). “Le ho inventate in onore di Fellini, che amava passeggiare proprio qui, nel borgo San Giuliano, per andare all'amato ponte Tiberio. Sono a base di mortadella Igp, ricotta di pecora, crema di pistacchio e timo limoncino”.
Per la materia prima, dalla farina alla carne, fino alle verdure, Blerina sceglie solo prodotti a chilometro zero, in colaborazione con piccole aziende del posto, per un prodotto al 100% romagnolo. “Qui non mi sono mai sentita straniera”, spiega, “la cucina è un grande legame e il mio negozio magico ne è la dimostrazione”.
di Cristiana Cassè
marzo 2020