Che Milano sia la patria indiscussa della cucina giapponese in Italia non è certo un mistero. È proprio nel capoluogo meneghino, infatti, che sushi e sashimi hanno iniziato a fare capolino circa vent’anni fa, conquistando i palati pressoché di chiunque e trasformando progressivamente il binomio “pesce crudo e riso” da una moda a un’abitudine consolidata.
L’offerta di ristoranti giapponesi oggi è pressoché illimitata, grazie anche (e per alcuni a causa di) ai tantissimi All You Can Eat di matrice cinese che ormai invadono ogni quartiere. La sfida, oggi, consiste quindi nel trovare locali che – accanto a ottimi sushi – offrano anche le specialità più sconosciute della tradizione gastronomica giapponese, altrettanto gustose e particolari: ne abbiamo selezionati cinque, da provare e amare incondizionatamente.
Inaugurata a inizio anno in pieno centro, la Gastronomia Yamamoto proone una serie di stuzzicanti antipasti a base di alghe, oltre al mozuku, piatto tipico dell’isola di Okinawa, e all’hijiki aburaage, alghe croccanti in insalata con carote ed edamame. Proseguendo, impossibile lasciarsi sfuggire il delizioso una don, un letto di riso su cui è adagiata una tenerissima anguilla arrosto, e gli onigiri ripieni e ricoperti da umeboshi fatte in casa, le famose prugne giapponesi. La gastronomia è già sulla bocca di tutti per le sue proposte in pausa pranzo, tra cui spicca il katsu sandu, panino ripieno con cotoletta di maiale fritta, servito con erbe e fiori edibili: a Milano ormai è un must.
Una vera e propria istituzione: dal 1999 il ristorante Osaka, situato in zona Moscova alle porte di Brera, delizia i palati milanesi con un menu 100% nipponico. Il “piatto principe” varia di giorno in giorno, e – accanto ai più noti sushi e sashimi preparati a regola d’arte – troverete anche ramen, gyoza e sukiyaki, oltre a numerose specialità della cucina del Sol Levante. Da segnalare le proposte per il pranzo, particolarmente convenienti abbondanti e di ottima qualità, tra cui spicca il tonkatsu, la tipica e gustosissima cotoletta di maiale impanata.
A due passi da piazza Cinque Giornate, Wellkome è un ristorante con cucina a vista e in stile minimal, che unisce un’atmosfera intima e porzioni abbondanti, gustose e a un servizio puntuale e gentile, in pieno stile nipponico. Provate gli onigiri, in particolare quello con le uova di salmone, e le pietanze calde, come i takoyaki (le deliziose polpettine di polpo, specialità di Osaka); il tonkatsu, la tipica cotoletta giapponese in tante sfiziose varianti o le zuppe con soba o udon. Per finire in bellezza, concedetevi il delizioso mochi “originale”, ripieno di marmellata di fagioli rossi: capirete perché non c’è confronto con quello gelato.
La signora Hiromi Arai gestisce questo ristorante in zona Bocconi ormai da parecchi anni, e ogni giorno propone sia a pranzo che la sera diversi fuori menù, ispirati alla stagione e al suo guizzo personale. Se preferite fare tanti piccoli assaggi, questo è il posto che fa per voi: chiedetele di guidarvi alla scoperta delle specialità del giorno, includendo però sempre l’ottimo yakimeshi, riso saltato con verdure e aromi, e l’indimenticabile tempura, con la sua delicatissima pastella che non copre i sapori di pesce e verdure. In pausa pranzo il locale propone non potete i tanti bento box, ovvero un set di diversi piattini, accompagnati dall’immancabile riso bianco.
In zona Porta Genova, Omacasé – più che un ristorante – è un gioiellino spesso frequentato da avventori giapponesi, a riprova della sua autenticità e altissima qualità. Il classico chirashi qui diventa barachirashi, un sottile strato di riso bianco cotto alla perfezione e sormontato da un mix di pesce crudo tagliato a mo’ di tartare, cime di broccoli, pomodorini e avocado. Ma oltre a questo cavallo di battaglia è da annoverare anche la ganascia di salmone alla griglia; il tonno katsu impanato fritto (prelibatezza nipponica difficilissima da trovare in Italia); squisiti udon e soba; maki davvero sublimi. Non dimenticate però di lasciare un piccolo spazio per i dolci, perché raramente vi capiterà di assaggiarne di così buoni.
Marianna Tognini
dicembre 2018