Alla vigilia della ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite nel 1992 facciamo il punto sull’oro blu.
Nonostante gli italiani oggi siano molto più attenti a consumare acqua, secondo il rapporto del WWF “Acqua in bocca: quello che il cibo non dice sull’impronta idrica”, ripreso da Repubblica di oggi, il consumo idrico del nostro Paese è a un livello critico: l’Italia si colloca al vertice dei consumi pro capite, dopo Stati Uniti, Canada e Australia.
Il consumo medio quotidiano di una famiglia si aggira a 165 litri: una goccia nel grande mare dell’impronta idrica italiana in cui viene sommata anche l’acqua virtuale, quella utilizzata per produrre cibo, beni e servizi e per far funzionare le aziende. In questo caso la cifra diventa spaventosa: 132 miliardi di metri cubi l’anno, compresa anche l’acqua nei beni importati (62 miliardi di metri cubi l’anno; siamo il terzo importatore di acqua virtuale del mondo).
Se si pensa che di tutta l’acqua del nostro pianeta solo l’1 per cento, tolta quella non utilizzabile dei ghiacciai, è dolce si capisce come questo bene sia davvero prezioso.
Le curatrici del rapporto, Marta Antonelli e Francesca Greco del King’s College London, sostengono che “il consumo di cibo è responsabile dell’89 per cento dei consumi di acqua e questo ci dovrebbe aiutare perché la dieta mediterranea ha un impatto idrico minore di quella a base di carne”. Peccato che negli ultimi anni i consumi di carne e latticini siano aumentati a tal punto da farci diventare grandi importatori di questi alimenti. Per risolvere in parte il problema Francesca Greco consiglia di puntare sul made in Italy, sui prodotti da pascolo, sul chilometro zero.
Una cucina sicuramente più sana e che aiuta a preservare il bene più prezioso: l’acqua. (Fonte: la Repubblica, WWF)
di Monica Pilotto
21 marzo 2014