Ce lo dicevano già le nonne: “non avanzare la verdura, pensa ai bambini che non hanno da mangiare”. Un monito che tradotto i termini universali significa non comprare troppo, non cucinare più del necessario e, a mali estremi, regalare l’eccesso a chi ne ha più bisogno. Tre passaggi che si traducono in spesa consapevole, gestione della dispensa e foodsharing (donare le eccedenze).
La Fao ha stimato che ogni anno vengono buttati nella spazzatura 1,3 miliardi di tonnellate di cibo: una cifra strabiliante che corrisponde a ben un terzo della produzione di cibo totale e che basterebbe a sfamare quattro volte le persone che soffrono la fame nel mondo (800 mila).
Ma perché da una parte del globo si ha troppo e dall’altra niente?
Come spiega Antonio Caretto (presidente nazionale dell’Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica) sulle pagine di adnkronos.com, il problema nasce dal confronto di due realtà opposte: nei Paesi in via di sviluppo mancano le condizioni climatiche, le infrastrutture e le tecnologie per lo stoccaggio, mentre nei Paesi sviluppati non c’è equilibrio tra domanda e offerta, nel senso che la seconda supera la prima.
Spesso si è spinti a comprare più del necessario perché ingolositi dall’eccesso di proposte, ma anche perché non si ha il tempo e la forma mentis per pianificare la spesa. Chi si approvvigiona una volta alla settimana spesso riempie troppo il carrello perché non riesce a organizzare il menu di sette giorni. Uno sforzo, primo fra tutti, che invece andrebbe fatto, scrivendosi la buona cara “lista della spesa” e cercando poi di non sgarrare.
Una spesa bilanciata è un atteggiamento mentale che, tra l’altro, va anche nella direzione della salute: se infatti ogni anno i decessi per fame arrivano a 36 milioni, allo stesso tempo quelli dovuti a malattie “da eccesso” arrivano a 29 milioni.
Il nostro governo sta procedendo con il Pinpas (Piano nazionale di prevenzione dello spreco alimentare) che prevede la consultazione e la sensibilizzazione di tutti i protagonisti della filiera alimentare in modo da facilitare la distribuzione delle eccedenze a chi si occupa di aiutare le persone in povertà.
Un progetto che può essere portato avanti anche a livello domestico con il foodsharing e un atteggiamento più consapevole. Ecco i suggerimenti stilati da Antonio Caretto per limitare gli sprechi:
1) Spesa: pianificare i pasti e fare una lista degli alimenti necessari.
2) Stagionalità: preferirla permette di avere un prodotto fresco (soprattutto frutta e verdura) e riduce l'impatto dell'inquinamento sull'ambiente (mangiare arance in pieno agosto significa navi e camion che le trasportano…).
3) Frigorifero: scartare le confezioni, riporre i cibi nel ripiano giusto (la verdura in basso, il latte in alto), disporre i prodotti in modo che quelli più deperibili siano davanti a quelli con scadenza più lunga.
4) Freezer: congelare i prodotti ne facilita la conservazione.
5) Dispensa: deve essere pulita, alimenti come farine, pasta e riso vanno conservati in contenitori rigidi. Anche qui, mettere davanti i cibi con scadenza ravvicinata.
6) Etichetta: è la carta d'identità degli alimenti, è fondamentale saperla leggere bene.
7) Cucina: evitare di cucinare in eccesso perché gli avanzi non sempre sono mangiati.
8) Manutenzione: importante quella della cucina e degli elettrodomestici.
9) Ricette: usare gli scarti per inventare nuovi piatti.
10) Condivisione: quando non sia possibile congelare o conservare in modo adeguato i cibi, il consiglio è il foodsharing (in Internet abbondano le piattaforme per la donazione).
Caretto conclude affermando che "la dieta mediterranea è uno stile di vita ed è anche convivialità. Mangiare insieme è un buon modo per limitare gli scarti e stare meglio". Ovvero, aggiungi un posto a tavola.
Cristiana Cassé
27 ottobre 2015