Anche le castagne fanno la “novena”, ma le preghiere non c’entrano; i frutti vengono fatti riposare nove giorni in acqua per separare quelli difettosi, che vengono a galla, dagli altri buoni. È una tecnica antica, detta appunto novena, con cui sono trattati anche i marroni di San Zeno, coltivati con metodi tradizionali nella Comunità montana del Monte Baldo, tra il lago di Garda e l’Adige.
In alternativa alla novena molti produttori usano il metodo della “rissara”, lasciando riposare i ricci all’aperto in piccoli mucchi finché non si aprono. Sono entrambe pratiche del tutto naturali, come naturale è la coltivazione dei castagni, senza l’uso di sostanze di sintesi, nel rispetto di un territorio incontaminato.
Le piante, che arrivano fino a 15 metri di altezza, hanno in media tra i 100 e i 500 anni e la produzione è un segno della ripresa della castanicoltura baldense, che nel ’900 aveva rischiato di scomparire. Pur rimanendo di nicchia, il marrone di San Zeno nel 2003 ha ottenuto la Dop, prima castagna in Europa a fregiarsi di un riconoscimento di origine.
Più che meritato data l’eccellenza del prodotto, di gusto dolce, consistenza pastosa e molto nutriente. Secondo il rigido disciplinare, nel riccio non possono esserci più di tre frutti, di forma ellissoidale, con il pericarpo (la buccia) sottile e lucido e il seme tendente al giallo paglierino, rivestito da una pellicola che si stacca con facilità.
Il Consorzio, che riunisce una quarantina di produttori, mette in vendita i marroni in sacchi sigillati e marchiati e ogni anno San Zeno e i comuni vicini li festeggiano con una grande sagra: 3 week end a fine ottobre all’insegna delle castagne ma anche di altre eccellenze della zona, come il formaggio Monte Veronese Dop e il Bardolino del Garda.
Dal minestrone alla birra
A San Zeno li chiamano “peladèi”: sono i marroni pelati e cotti in acqua salata con un rametto di salvia, uno dei modi più semplici per assaporare fino in fondo il gusto dolce di questi frutti particolari. I peladèi sono anche gli ingredienti speciali del piatto più tipico della gastronomia baldense, il minestrone coi marroni, una variazione della classica minestra veneta con i fagioli: qui le castagne si uniscono ai legumi, alle patate e alle altre verdure in un connubio robusto ma squisito.
In alternativa ai peladèi, sulle pendici del Baldo si preparano i “biscoti”, che non c’entrano con i biscotti ma sono le caldarroste cotte nella padella forata, la “barbèra”: con i marroni di San Zeno, zuccherini e pastosi, sono una vera delizia. Fra le altre ricette della tradizione, l’immancabile castagnaccio, che qui si prepara con l’olio extravergine del Garda; il tronchetto di castagne, una variante locale del salame di cioccolato; la marronata; i marroni canditi alla grappa e allo sciroppo, ottimi con i dolci ma anche con i formaggi.
Ultima arrivata la birra Castanea: forte, leggermente ambrata, pare abbia origine addirittura nel Medioevo. Ma con i marroni di San Zeno si preparano anche piatti insoliti e sfiziosi, che i ristoranti del posto propongono in occasione della sagra. Come il brodetto di ceci con canederli ai marroni, le mezzelune ripiene di castagne alla cannella, i ravioli con salsa alla lattuga oppure con crema di zucca ed erba salvia.
di Marina Cella, still life Consorzio di tutela del Marrone di San Zeno Dop, foto di Maurizio Lodi, ricetta di Livia Sala, styling di Laura Cereda