Seguici su Facebook Seguici su Instagram

Montebore, la storia del "formaggio della Gioconda"

Luoghi e PersonaggiLuoghiMade in ItalyMontebore, la storia del "formaggio della Gioconda"

Forma a torta nuziale e sapore unico: è un gioiello raro e ricercato questo formaggio di latte misto dei Colli Tortonesi

Condividi

C’è chi lo ha definito “Il formaggio della Gioconda“.

Al di là della storia, vera o presunta, dei rapporti con Leonardo da Vinci, una cosa è certa: il Montebore è un vero capolavoro dell’arte casearia, come il ritratto della Monna Lisa lo è di quella pittorica. Rarissimo e di origine molto antica (IX sec.), è a base di latte bovino e ovino e colpisce per la forma insolita a strati sovrapposti, simile a una torta nuziale.

Proprio per questo, la tradizione dice che sia stato l’unico formaggio servito alla spettacolare festa di nozze di Gian Galeazzo Sforza e Isabella d’Aragona, al castello di Tortona (1489), di cui si occupò lo stesso Leonardo in veste di cerimoniere e scenografo. E pensare che una simile eccellenza rischiava di scomparire alla fine del ‘900. Si salvò grazie a un Progetto di filiera casearia della Comunità Montana e all’intraprendenza di Roberto Grattone (poi primo produttore), affiancato da Roberto Fava di Slow Food. Venne recuperata l’antica ricetta da un’anziana contadina, Carolina Bracco, e il formaggio fu presentato a Cheese nel 1999, come Presidio Slow Food: il successo fu immediato.

Oggi sono tre i caseifici a produrlo, riuniti nel Consorzio, ma l’unico che segue il disciplinare del Presidio è il caseificio Terre del Giarolo, nato nel 2020. Il Montebore è un formaggio a latte crudo misto: 70% bovino e 30% ovino, con un 5% di capra quando disponibile. La cagliata, rotta con un cucchiaio di legno, è disposta nelle formelle che, rivoltate e salate, sono messe a stagionare sovrapposte, in genere 3 di diametro diverso, a forma di castelletto (pare si ispiri all’antica torre del borgo di Montebore). “I nostri animali sono allevati in prevalenza al pascolo, con un’integrazione invernale”, spiega Matteo Grattone, che guida il caseificio Terre del Giarolo. “Per questo la produzione non è costante, maggiore d’estate (fino a 200-300 forme al giorno), minore d’inverno. Grazie al mix di latti diversi, che rimandano alla ricchezza aromatica dei prati, e alla tecnica del latte-innesto (batteri lattici prodotti con il nostro latte), il formaggio in bocca è una vera esplosione di sapori”. Per cogliere tutte le sfumature di gusto del Montebore, che da latteo e burroso diventa in bocca più pieno con note erbacee, l’ideale è assaggiarlo al naturale. “Noi lo proponiamo di media stagionatura abbinato con miele, mostarda o pesche di Volpedo”, spiega Cristiana, che guida con la mamma il ristorante La Genzianella. “Ma è anche un ottimo ingrediente. Per la fonduta, servita per esempio con timballini di riso nero; per il risotto con pistilli di zafferano locale; oppure per le lasagne, gli sformati, i timballi di riso, le scaloppine, la polenta di mais ottofile tortonese con uova e tartufo, un’altra eccellenza della zona: tra bianco pregiato e nero, è disponibile per 8 mesi (a San Sebastiano Curone si svolge a novembre una Fiera nazionale del bianco di Alba e del nero pregiato). Una nostra specialità infine è il bonet salato, di Montebore e panna, servito come antipasto”.

Di Marina Cella 
Settembre 2022

Abbina il tuo piatto a