Lasciato alle spalle un passato remoto splendido (le tracce si vedono nelle residenze neoclassiche, nei giardini all’italiana, nei parchi e nelle chiese barocche della città) e un passato prossimo terribile (il Ghetto, l’occupazione nazista, gli anni della Guerra Fredda), oggi Varsavia è una città-laboratorio dove architetture ardite e geometrie complesse si fanno strada tra palazzi Art Deco, edifici brutalisti, stabilimenti ex industriali da dove, ai loro tempi d’oro, uscivano birre e vodka, argenti e smalti. E’ una città che sale, Varsavia: non a caso la Varso Tower, uscita dalla matita di Norman Foster, è il grattacielo più alto della città (310 metri) e dell’intera Unione Europea e, accanto alle torri di Zaha Hadid e di Liberskind (non a caso polacco), ha sconvolto lo sky line cittadino. Appariscente ma non troppo, la capitale della Repubblica Polacca si scopre anche nei quartieri ex-operai dove le fabbriche, abbandonate per anni, sono diventate monumenti di archeologia industriale e rinascono a nuova vita come luoghi di socialità allargata. E dove, durante l’Avvento, è tutto un fiorire di mercatini coloratissimi. E, poi, sulla rive droite della Vistola c’è il quartiere Praga (niente a che vedere, però, con la capitale ceca) dove una fabbrica di munizioni è diventata un museo, imperdibile, dedicato alle luminosissime insegne al neon degli anni bui del realismo socialista. Cuore creativo, quello della città, insomma, che diventa incubatrice di start-up, punto di ritrovo di giovani imprenditori, fotografi, designer, stilisti, architetti. Intrigante nei suoi nuovi look, nelle sue nuove mode, nei suoi contrasti.
La Strada Reale, la più famosa in città, per esempio, collega i palazzi dei sovrani e attraversa la Varsavia settecentesca, che, massacrata dalle distruzioni della Seconda Guerra Mondiale, è ritornata ad essere, dopo restauri e ricostruzioni, splendida e splendente come quella immortalata dai pennelli del Bellotto. Il Castello Reale raso al suolo nel 1944 dagli occupanti tedeschi, è stato ricostruito pietra su pietra. Risorta e ricostruita è anche la Città Vecchia distrutta dalle bombe e oggi, come sito UNESCO, diventata uno degli appuntamenti imperdibili per i Varsavia addict. La Strada Reale fa intravvedere la maestosità sfacciata del Palazzo della Cultura e della Scienza (“dono” di Stalin alla nazione sorella) e arriva fino al Parco Łazienki, il più esteso di Varsavia, con un grande lago, un teatro, il Belvedere e la statua di Chopin. E’ qui che ogni domenica si celebra un rito profano ma immancabile: ci si siede sull’erba o sulle panchine e si assiste ad un concerto (gratuito) di pianisti che suonano le arie immortali del grande Fryderyk.
Ma Varsavia è anche altro: è il Museo Polin, il Museo della Storia degli Ebrei Polacchi di Varsavia, immenso e incombente tra le strade e le piazze di Muranow, il quartiere ebraico, ad una manciata di minuti dalla Stare Masto (la Città Vecchia). E’ anche Koneser e Browar Warszawski dove viene raccontato il making of delle bevande culto della Polonia pop (vodka e birra, per intenderci). Nuove mode e contrasti anche a tavola: accanto ai bar mleczny (letteralmente bar del latte) tavole calde a prezzi stracciati dove si servono i rustici piatti della cucina polacca (dai pierogi allo żurek -zuppa acida di farina di segale- fino ai placki ziemniaczane , vale a dire le frittelle di patate), c’è anche la riscoperta elegante e raffinata delle ricette storiche e della cultura gastronomica più tradizionale, quella per intenderci che i (più o meno) giovani chef ripropongono in locali eleganti, dopo training e stage da Bottura, Redzepi, Adrià. Meritandosi stelle e citazioni dai severi ispettori della Guida Michelin. Marcin Przybysz nel suo Epoka (www.epoka.restaurant), per esempio, ripercorre a ritroso la storia polacca a tavola ispirandosi a ricette tratte da un vecchio (e vissuto) libro di cucina che lo chef mostra con orgoglio. Da Syrena Irena (Krakowskie Przedmieście 4/6) i pierogi (i classici ravioli polacchi) diventano un trait d’union fra passato e futuro rivisitati come sono con ripieni inusuali e accostamenti inediti (aglio orsino fermentato e formaggio fresco affumicato, ma anche semi di papavero, uvetta e noci) e con condimenti tradizionali (lardo di maiale croccante, panna acida) o fantasiosi, come i ciccioli di sedano, il burro marrone con polvere di funghi selvatici o le uova di aringa con panna. Stesso copione anche da Muzealna (www.restauracjamuzealna.pl) nel basement del Museo Nazionale dove zuppe, aringhe marinate, kluski (gnocchi) fanno la parte del leone. Oppure da Warszawa Wschodnia (www.mateuszgessler.com.pl) dove Mateusz Gessler (star chef di Varsavia) propone una cucina locale rivisitata con fantasia e moderazione dove figurano aringhe marinate in olio di lino, pierogi di farina di segale e formaggio di capra, coniglio in salsa di senape. Per finire (finire?) con Dyletanci (www.dyletanci.pl) regno di Rafał Hreczaniuk e Maciej Sondij. Rafał, lo chef, è capace di innovare i piatti tradizionali senza stravolgerli. Li migliora, semplicemente: fiori di zucca, finferli e fave; rombo con fagiolini in salsa di zafferano; senrnik (una sorta di cheesecake, preparato con il twaróg, un formaggio fresco simile alla ricotta) con rabarbaro e meringa. Da accompagnare alle etichette nobili e preziose scelte da Maciej, produttore e importatore di vini che per il suo locale si sta letteralmente sbizzarrendo.
Museo Polin: ul. Mordechaja Anielewicza 6, Varsavia; www.polin.pl
Neon Muzeum: ul. Mińska 25, Varsavia; www.neonmuzeum.org
Polish Vodka Museum: plac Konesera 1, Varsavia; www.muzeumpolskiejwodki.pl
Browar Warszawski: ul. Haberbuscha i Schielego 2, Varsavia; www.browarwarszawski.com
Enrico Saravalle,
dicembre 2023