Immersa nell’omonima laguna, Grado è situata sulla più grande di circa 30 isole, affacciate sull’Adriatico, a ovest di Trieste. Un luogo “fato de luse, de riflessi d’arcobalen, de colane de perle indiane e de sielo seren”, parola di Biagio Marin, grande poeta dialettale che sull’Isola del Sole (come è chiamata Grado) è nato e vissuto. E, in effetti, perdendosi nei vicoli della città vecchia, gli scorci di azzurro, lo sciabordio delle onde, i richiami dei gabbiani fanno vivere emozioni forti. Ma non è tutto suggestione. Grado è anche un concentrato di storia e di arte.
Dalle basiliche ai percorsi natura
Già ai tempi dell’Impero Romano, l’isola era lo scalo di Aquileia; qui arrivavano navi cariche di merci provenienti dalle province orientali e da qui proseguivano lungo il corso del Natisone verso il porto fluviale di Aquileia. Poi, nel 1200, Grado passò sotto il controllo di Venezia e vi rimase fino alla caduta della Serenissima. Il Campo dei Patriarchi riassume un po’ la lunga e gloriosa storia cittadina: vi si trovano il Duomo dedicato a Sant’Eufemia, il Battistero e la Basilica di Santa Maria delle Grazie, tutti decorati con mosaici preziosissimi. Dell’antica città romana purtroppo resta poco: la fortezza di Grado (il castrum) è scomparsa con i secoli, ma se ne trovano tracce nelle fondamenta delle mura perimetrali. La Grado vecchia si è sviluppata proprio al loro interno e se sul castrum si allineano alcuni dei migliori ristoranti della città, chi va a zonzo senza una meta precisa trova un labirinto di calli, archi romanici, portali gotici, sottoportici e cortili, un po’ come a Venezia.
Trait d’union tra passato e presente è il porto. Fatto costruire dai Provveditori veneziani e ampliato dal governo austriaco nell’800, è ancora oggi un punto vitale della città, con i pescherecci in perenne movimento, l’allegro mercato all’ingrosso (ogni giorno alle 15 è possibile assistere all’asta nella Cooperativa Pescatori) e il punto vendita per il pubblico. C’è anche una Grado “nuova”, ovviamente, quella che ha cominciato a esistere dopo l’affermazione della cittadina come centro termale e balneare: negli anni d’oro della Belle Époque, le Terme Marine erano frequentate dalla migliore aristocrazia viennese. A testimonianza di quegli anni e dei primi esperimenti di art deco, ecco Villa Reale, Villa Erica e le cinque gemelle Ville Bianchi affacciate direttamente sulla spiaggia. È tutto? No, per gli ecoturisti c’è anche una Grado “verde”, che promette un tuffo nella natura da scoprire in barca, navigando da un isolotto all’altro tra i caratteristici “casoni” (le antiche abitazioni dei pescatori), facendo trekking o percorrendo in mountain bike i sentieri che costeggiano le valli da pesca.
Una doverosa tappa ad Aquileia
Da Grado basta percorrere pochi chilometri per tornare indietro di secoli: appena arrivati sulla terraferma si entra nel territorio di Aquileia, che un paio di millenni fa era una delle più grandi città dell’Impero Romano. Bene culturale di eccezionale valore (l’Unesco l’ha inserita nella World Heritage List), è stata testimone di grandi eventi: ha visto passare le legioni di Giulio Cesare, è diventata sede della Flotta Imperiale dell’Alto Adriatico, è stata rasa al suolo da Attila e dai suoi Unni, è diventata capitale religiosa delle regioni orientali.
L’affascinante storia di Aquileia si legge visitando gli scavi che hanno riportato alla luce il porto fluviale e i mercati, dove giungevano le spezie, i profumi e le sete dell’Oriente e dai quali partivano l’ambra, il vetro, il prelibato vino. Tutt’intorno, poi, le domus patrizie decorate con mosaici raffinati e curiosi (da vedere quello degli “avanzi di cibo”), la Via Sacra e il Foro. A questi si aggiungono i reperti del Museo Archeologico, tra i quali spiccano gli straordinari gioielli d’ambra, la galleria di statue e ritratti, la raccolta di vetri multicolori e iridescenti. Dall’età romana alla cristianità, il viaggio nel passato continua nella Basilica Patriarcale, con il monumentale mosaico che decora il pavimento e racconta episodi dell’Antico Testamento.
La cucina di laguna
Quella gradese è una cucina essenziale, fatta di pochi ma gustosi ingredienti (pesce e molluschi, verdure, olio, spezie, aceto), nata dalla fantasia e dalla necessità dei pescatori che rimanevano per mesi isolati in laguna. Le ricette negli anni non sono cambiate e vengono anzi riproposte con tenace convinzione dagli eredi dei vecchi “casoneri”. Il piatto forte è il “boreto” (una preparazione a base di pesce insaporito con sale, aceto e pepe), servito immancabilmente con la polenta. Prevede un solo tipo di pesce, ma mai lo stesso, quindi nel menu dei ristoranti capita spesso di trovare più di un boreto secondo le specie utilizzate. Da non perdere sono anche i “sievoli sotto sal” (cefali conservati come le acciughe), che poi si consumano in “savor”, un prelibato carpione con aceto e cipolle.
a cura di Cristiana Cassè, testi di Enrico Saravalle, foto e realizzazione piatti di Ilva Beretta